MOVIE/ ANNA MAGNANI LUPA GENTILE TENERA E FRAGILE SGUARDO STRUGGENTE SIMBOLO DELLA ROMANITA’ ASSIEME A FABRIZI E SORDI

ANNA MAGNANI INDIMENTICABILE E STRUGGENTE ATTRICE RAFFINATA NELLA TENSIONE TRAGICA CHE SI ESPRIME NEI MOVIMENTI DEL SUO CORPO E IN ALCUNI DEI SUOI SGUARDI TOCCANTI

A 50 anni dalla scomparsa il 26 settembre 1973

Volto indimenticabile e struggente nella tensione tragica che esprime con raffinatezza anche nei suoi movimenti del corpo e nello sguardo, certo di una professionista che ha studiato alla Scuola di Recitazione ma se per un attimo si dimentica la sua dimensione sfacciatamente romanesca, il ritratto di una donna tenera, generosa, affettuosa si fa nitido.  “Ieri è venuta una ragazzina, mora, con gli occhi espressivi. Non recita, vive le parti che le vengono affidate: è già un’attrice, la scuola non può insegnarle molto di più di quello che ha già dentro di sé”. Quando Silvio D’Amico giovane professore di Storia del Teatro alla Scuola Eleonora Duse dove Anna Magnani si iscrisse, incontrò la bambina Anna Magnani, rimase turbato da quella visione tanto da raccontarlo in famiglia. Ed è stata sua nuora, la sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico moglie del musicologo Fedele d’Amico che fu poi nella vita grande amica di Anna Magnani e di Roberto Rossellini, a rivelarlo. Ironia della sorte, sua figlia Silvia d’Amico sarà l’ultima compagna del grande regista del Neorealismo, e ancora più incredibile, si incontrarono al capezzale di Nannarella che negli ultimi anni della sua carriera vide l’esordio in televisione proprio grazie ad alcuni film prodotti da Silvia d’Amico. Infatti nel 1970 nasceva la società di produzione Excelsior 151/2 per realizzare un progetto di Alfredo Giannetti con protagonista Anna Magnani: Correva l’anno di grazia 1870…La Sciantosa, 1943 un incontro, l’Automobile, di cui il primo con Marcello Mastroianni. Il 26 settembre si contano 50 anni dalla scomparsa della grande attrice nel 1973.

 

Silvio d’Amico rimase impressionato da quella ragazzina dallo sguardo intenso e dalla sua enorme capacità di vivere il corpo e ne parlò con i suoi familiari. Dopo qualche giorno di recitazione assumeva gli stessi atteggiamenti del personaggio che doveva interpretare. Aveva una grande capacità di assorbire l’ambiente circostante e restituire con la sua grande professionalità il senso della realtà. Certo la sua romanità era esuberante, spavalda, spontanea ma è una caratteristica propria di chi è nato a Roma, lei era ironica, schietta. La sua risata contagiosa, liberatoria, quasi irriverente, canzonatoria. E’ per questo che  simboleggia la città eterna, un pò come Alberto Sordi e Aldo Fabrizi, di cui non fu mai amica, e sul set di Roma Città Aperta litigavano sempre, come ha sottolineato Vito Annicchiarico che interpretò il piccolo Marcello nel film di Rossellini (Roma Città Aperta Vito Annicchiarico racconta il set, Gangemi editore, 2015 Roma). Fu grande amica di Totò invece con il quale lavorarono assieme prima in teatro e poi al cinema nel film  “Risate di gioia”. Anna Magnani va collocata, studiata, compresa, ammirata sul piano della romanità. La sua virulenza era tale da lasciare tutti senza fiato. Il suo carisma divistico era un dono di natura, la sua vocazione artistica innata, densa la sua capacità di entrare col suo corpo nei personaggi che interpretava, lasciando che realtà e finzione si confondessero fino a far risultare vero l’irreale. Insofferente verso ogni tipo di imposizione, nutriva sentimenti talmente profondi e radicati da condizionare la sua stessa esistenza. Non per questo rinunciò mai al suo essere vera e sincera fino in fondo. Nannarella amava, odiava e soffriva in modo totale, nella sua vita quotidiana come nelle sue espressioni artistiche.

 

 

Attrice di teatro prima che di cinema la sua fu una lunga marcia per allontanarsi da un passato biografico che l’aveva fatta soffrire. Figlia di Marina Magnani, originaria di Fano, in provincia di Pesaro e Urbino, non ha mai conosciuto suo padre e fu abbandonata anche dalla madre che si trasferì ad Alessandria d’Egitto per seguire l’uomo di cui si era innamorata, un industriale austriaco ricco e facoltoso. Nannarella, nata a Roma nel quartiere Salario, alle spalle di Villa Albani, il 7 marzo 1908 in una famiglia borghese, fu cresciuta dalla nonna Giovanna Casadio, di Ravenna e dalle zie, Dora, Italia, Olga, Maria, Rina e da zio Romano. A un certo punto della sua vita, fu presa dalla voglia di conoscere le sue origini, capire da dove provenisse quel padre che non aveva mai conosciuto. Iniziò così a fare delle ricerche che la portarono in Calabria. Quello che riuscì a sapere è che suo padre si chiamava Pietro Del Duce, giurista e nobiluomo di nascita. Ma lei non concluse fino in fondo le sue indagini, perché con la solita ironia che la caratterizzava disse che non avrebbe voluto essere a fija del duce. Resta il fatto, che Del Duce, è un cognome molto diffuso a Tropea che ha dato i natali ad un altro bello del cinema: Raf Vallone. Alla mancanza di certezza sopperisce la stampa locale che delle origini calabresi e tropeane di Anna Magnani è praticamente certa. Nutriva passione per la vita e per tutto quello che l’attraversava, per il suo lavoro di attrice, e passione mostrava nelle amicizie anche nella sofferenza e in ogni sua manifestazione.

 

 

Un solo figlio, Luca Magnani, nato dalla relazione con l’attore Massimo Serato, anche lui attore, bellissimo e molto amato dalle donne che quando Mario Soldati gli offrì la possibilità di girare “Piccolo mondo antico”, tratto dalla novella di Antonio Fogazzaro, si allontanò definitivamente da Nannarella e non volle riconoscere il bambino. La storia terribile da accettare si ripeteva. Ed è Luca a dare un’impronta indelebile di sua madre quando dice: “un’attrice per la quale essere se tessa, in tutti i momenti della vita è stato patrimonio irripetibile della sua personalità”. Nannarella diventa interprete del suo stesso personaggio, per mitigare, superare, nascondere la sua vera identità di donna mutevole ma gentile, ironica ma dolce, graffiante ma delicata, fragile. Con Roma Città Aperta nel 1945 diviene volto simbolico della Liberazione dal fascismo. Il colpo di genio di Rossellini fu proprio quello di prendere due attori di avanspettacolo, quindi conosciuti al grande pubblico, come allora erano Nannarella e Fabrizi e fare interpretare loro dei ruoli drammatici.

 

 

 

“Anna Magnani, era una donna tenera e materna”, è la prima cosa che mi dice Vito Annicchiarico mentre un sorriso fa capolino tra le sue labbra ma lo colgo prima di tutto nei suoi occhi che si fanno lucidi. Ogni volta che parla di lei si commuove sempre. “Mi voleva adottare”, svela. “Abbiamo girato tre film insieme, otre a Roma Cittò Aperta anche Abbasso la miseria! Ed Abbasso la Ricchezza, ma mia madre disse no!“ E aggiunge: “Non era per niente una donna popolana come qualcuno dei personaggi che interpretava, era sensibilissima, molto intelligente, un’attrice enorme”.

 

Un punto di vista che è stato ben messo in luce dal suo amico Antonello Trombadori che la conosceva bene e diceva: “il romanesco era per lei un modo di comunicare con il pubblico. Casomai Anna Magnani era un’intellettuale mancata, non era un’attrice popolaresca ma un’attrice che mirava ad essere estremamente funzionale e intellettuale. Non era un’istintiva ma meditata e pensata. L’istinto e l’impulso non vengono in lei abbandonati a se stessi ma sorvegliati e indirizzati”. Federico Fellini nel suo film “Roma” nel 1962 fa di Nannarella l’incarnazione della città nella sua ultima apparizione con una memorabile inquadratura proprio davanti al portone della sua abitazione a via degli Astalli, 19. Nannarella non potè sottrarsi a quella apparizione anche se per pochi minuti quando davanti al portone dice “A Federì va a dormì, va. Nun me fido!… Rispondendo alla sua affermazione che la vuole “simbolo della città, Roma vista come lupa e vestale, aristocratica e stracciona, tetra, buffonesca, potrei continuare fino a domattina”…

 

Se Roma è la Lupa che nutrì Romolo e Remo, Anna Magnani diventa la “Lupa” di Giovanni Verga a teatro in tutto il mondo con Franco Zeffirelli, che fu allievo di Luchino Visconti, l’antifascista che lei ospitò quando era ricercato dai nazisti e che capì per primo che Nannarella aveva un’innata natura artistica. L’avrebbe voluta nel film “Ossessione”, vero manifesto del Neorealismo, che Anna Magnani però non potè interpretare perché aspettava Luca. A fianco di Franco Zeffirelli dopo il debutto a Firenze e poi a Roma fa il tutto esaurito per quattro anni nei teatri di Londra, Berlino, Leningrado. Tutti i giornali parlano di “trionfo”, “grande successo” con assoluta standing ovation da parte del pubblico e il placet della critica e della stampa. Il mondo si inchina di fronte al suo modo di essere, che come afferma lo stesso Zeffirelli “è il suo modo di esistere” per un’attrice che “lavora con mestiere molto preciso e molto competente. Non è mai sciatto o casuale quello che fa, è sempre sostenuto da un forte istinto professionale, è una dimensione reale che non è realistica, però lei riesce ad ottenere quel miracolo raro di professionalizzare la verità”. “La Lupa è un lavoro che io sognavo di realizzare da molti anni, e anche Franco Zeffirelli”, dirà. Ciononostante, è sempre stata “orgogliosissima” del suo inizio nell’avanspettacolo.

anna magnani nel film Roma città aperta

 

Quando le chiesero di dare una descrizione di se, Nannarella disse: “Sono profondamente umana, anche se non si vede sento di avere molta poesia dentro, sono molto leale, molto… Pare che basti”…Con Bellissima del suo amico Visconti, Nannarella raggiunse una bravura e una profondità d’interpretazione che la porterà poi ad essere diretta da altri grandi registi come Pier Paolo Pasolini in Mamma Roma, col quale ebbe però un rapporto tormentato. La sua vita resta leggendaria, come lo sono gli aneddoti e le frasi che le si attribuiscono. Tuttavia, oltre ad essere stata la prima attrice italiana a ricevere l’Oscar con il film diretto da Williams Tennessee “La rosa tatuata”, dove si è confrontata con Burt Lancaster, è stata capace di passare dall’Italia all’America con la stessa leggerezza e autorità con cui passò dall’avanspettacolo al cinema d’autore. Rossellini e Sergio Amidei nel mettere a punto la sceneggiatura di Roma Città Aperta prendono spunto dai fatti avvenuti il 3 marzo 1944 davanti la Caserma di viale Giulio Cesare a Roma, dove Teresa Talotta Gullace fu trucidata dai nazifascisti quando era andata a trovare suo marito Girolamo che era stato rastrellato come troppo spesso avveniva nelle strade di Roma in quel periodo. Teresa è una donna meridionale, piccola, esile, mora. Ha origini calabresi, è di Cittanova, una cittadella in provincia di Reggio Calabria.Il viso di Anna Magnani era proprio tagliato per quel personaggio, e anche il suo corpo, minuto, come quello della martire calabrese. Rossellini lo capì subito, anche se la scelta di scritturare lei e Fabrizi fu dovuta al fatto che erano due attori comici, da rivista, e famosi tra il grande pubblico. Così Rossellini mandò i suoi collaboratori a casa di Girolamo Gullace per chiedere l’autorizzazione a girare un film su quell’episodio, quella mitragliata da cui prende spunto per cucire addosso a Nannarella un personaggio da cui non riuscirà quasi più a distinguersi, quasi come un vestito che le sta a pennello meglio di tutti gli altri abiti che potrebbe indossare.

 

Il suo amore per Roberto Rossellini fu per sempre. Quando all’età di 65 anni Nannarella scomparve fu lui a darle conforto fino alla fine. Voleva al suo fianco solo lui, Luca e Silvia d’Amico. Il primo ad arrivare alla Mater Dei dove si era spenta fu il sindaco di Roma Clelio Darida. Appresa la notizia dalla televisione e dalla radio oltre ai registi, attori e sceneggiatori furono molti i romani a darle l’ultimo saluto. Struggente il racconto di Silvia d’Amico di quelle ultime ore di vita di Nannarella alla clinica Mater Dei con Rossellini che “le parlava per ore, la carezzava”. Era talmente “generoso e provvido che faceva pensare che avrebbe risolto tutto” (Italo Moscati, Rai-Eri, 2003 Roma). Fu vegliata da Rossellini, Eduardo De Filippo, Lele d’Amico e Renato Castellani. Andarono a trovarla Sandro Pertini e Claudio Villa, un immenso applauso d’affetto correva per la città tra rimpianto, lacrime diffuse nelle strade chiuse al traffico e negozi serrati. Una folla immensa, oceanica, mai vista a Roma si accalcava per salutare Anna Magnani. “Ricordo i funerali di Anna Magnani, disse Rossellini, la gente di cinema che non capisce niente aveva ritenuto che il pubblico l’avesse dimenticata e non le affidava più nessuna parte. Anna, negli ultimi anni della sua vita, aveva dovuto ripiegare su ruoli televisivi. Non credo che lei ne soffrisse. In ogni caso, quel giorno è stato dissipato un equivoco. Immaginate una folla immensa, da cento a centocinquantamila persone che hanno invaso le strade della città, paralizzando il traffico per ore, dilagando come una marea fino alla clinica dove Anna era morta, e abbattendo sotto il suo peso i cancelli del giardino per tentare di accedere alla sua stanza. C’erano persone che appena saputo della sua morte erano venute in treno o in macchina dalle parti più remote dell’Italia del sud. E quando la bara è stata caricata sul carro funebre che poi ha cominciato ad avanzare in mezzo a questa marea umana la gente si è messa ad applaudire con tutte le sue forze. I francesi avrebbero senza dubbio osservato il silenzio, un silenzio di morte. Gli italiani esprimevano urlando il loro amore che non intendevano tenere nascosto nei loro cuori. Il pubblico si era identificato con Anna, pura eroina romana ed espressione dell’Italia intera. Avendo dovuto occupare di tutti i particolari del funerale e avendo dovuto lasciare, a causa dell’assembramento, la macchina lontana dalla chiesa in cui si svolgeva la cerimonia funebre, dovetti farmi largo tra quella marea di gente. Un vigile mi vide dall’alto di una di quelle piattaforme per dirigere il traffico. Da lontano mi urlò: Robbè! Robbè!” Poi si precipitò verso di me, mi abbracciò e per poco non mi accecò con il suo casco. Una solidarietà immensa. Un amore quasi spaventoso”.

De Filippo scrisse una poesia indimenticabile per lei: “Confusi con la pioggia sul selciato, sono caduti gli occhi che vedevano, gli occhi di Nannarella che seguivano le camminate lente, sfiduciate, ogni passo perduto della povera gente. Tutti i selci di Roma hanno strillato e le pietre del mondo li hanno uditi”.

 

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