ART/ 70 OPERE TARGATE POP ART APRE A PISTOIA LA RASSEGNA “ITALIANA”

In principio era Andy Warhol con le sue lattine di Coca Cola rosse e le immagini di Marilyn Monroe coloratissime e duplicate. Poi la Pop art si è estesa in tutto il globo e anche il Belpaese ha i suoi rappresentanti. Ora una mostra di settanta opere ci svela a Pistoia questo mondo che già nel 1964 fu rappresentato alla Biennale di Umberto Eco e Ugo Gregoretti con una “scandalosa” edizione.

 

 

 

È il 1964, un anno cruciale tra Milano, Venezia e Pistoia. L’anno della svolta, di quella “Triennale Pop” curata da Eco e Gregotti, della “scandalosa” Biennale Arte che porta in Italia il pop americano – Rauschenberg, Johns, Dine e Oldenburg –, e della formazione della Scuola di Pistoia. Quella che scorta la Pop Art in Italia negli anni Sessanta è una vera “onda alta, altissima, che investe tutti e da cui tutti sentono il dovere di passare”, racconta Walter Guadagnini, direttore di Camera e curatore della grande mostra che a Pistoia porta tutti i grandi del tempo sessant’anni dopo.

La via di Pistoia per la Pop Art. È prima di tutto una straordinaria occasione per rivalutare nomi ingiustamente finiti nel dimenticatoio, come Antonio Titone, a Palermo, o Ettore Innocente, a Roma, il grande percorso nell’Italia della Pop Art che invade Palazzo Buontalenti. È l’Italia sperimentale di Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Mimmo Rotella, Mario Ceroli, Pino Pascali. L’Italia che esportava l’arte nel mondo, quella di Fabio Mauri, Jannis Kounellis, Renato Mambor, Titina Maselli, Giosetta Fioroni, Laura Grisi. L’Italia, coraggiosa e folle, di Roberto Barni, Umberto Buscioni, Adolfo Natalini e Gianni Ruffi. A portare nel borgo toscano capolavori che spaziano dalla Testa di lupa capitolina che sbava di Angeli ai Cocomeri di Gilardi fino al grande polittico “domenicale” di Barni è la neonata Fondazione Pistoia Musei, che nelle parole del suo presidente Antonio Marrese vuole puntare su “percorsi scientifici che contestualmente aprano il patrimonio artistico davvero a tutti”, anche con l’aiuto di grandi realtà come Intesa Sanpaolo.

Laura Grisi, Model Car Racing, 1967, plexiglas, neon, scatola di alluminio, cm 80 x 170 x 13. Courtesy Laura Grisi Estate, Roma, e P420, Bologna. Ph: Carlo Favero
Laura Grisi, Model Car Racing, 1967

Si parte da Venezia, con la Biennale, e da Roma, che con la sua Scuola di Piazza del Popolo è centro propulsore italiano: iniziatori e trascinatori sono qui Schifano, Festa, Angeli, Rotella, Ceroli, Pascali, Mauri, Kounellis, Maselli, Grisi e Fioroni, epico il suo Particolare della nascita di Venere, con il sostegno di galleristi e intellettuali come Moravia e Parise. Le opere hanno un vero spirito sperimentale, spiritoso, eminentemente politico: dai rebus di Mambor si toccano il Kennedy di Rotella e il McNamara di Lombardo, senza dimenticare la Marilyn di Crippa, icona dell’intero percorso. E poi via verso nord, con tappe a Pistoia – delizioso il Mare a dondolo di Ruffi – e Torino, dove sono attivi un primo Pistoletto, Mondino – con la sua “settimana enigmistica” su Capogrossi – e ancora Nespolo e Comba. Ci si sposta poi Milano, dove, grazie a Baj, alla Galleria Milano e allo Studio Marconi si affermano versioni del Pop in salsa francese e inglese, fino a Palermo, che con le due mostre Revort segna la chiusura di una stagione d’oro. In cauda, ovvio e non ovvio, i fiori di Warhol: la conclusione perfetta di un percorso che sdogana e smente tutti i luoghi comuni sulla Pop Art. A cominciare da un’Italia che davvero ne fu protagonista.

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