ART/ ANDY WARHOL, AL CASTELLO DI RIVOLI LE OPERE DELLA MATURITA’

Al Castello di Rivoli-Torino, fino al 22 aprile si rende omaggio ad Andy Warhol, l’artista che con la sua pop art rivoluzionò il modo di vedere le immagini attraverso rielaborazioni multiple di fotografie, ritratti, opere d’arte. Dopo Warhol anche l’immaginario di chi vede cambia, come mutano i colori che si fanno più intensi, quasi violenti e l’arte si oggettivizza come un qualsiasi oggetto attraverso le stesse regole della pubblicità, che diviene così il mezzo per rendere popolare, quindi pop, tutto quanto viene disegnato, fotografato, dipinto.
                                                             
                                                                         Andy Warhol. Due capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti

 

 

Nessun artista riassume l’idea di Pop art quanto Andy Warhol. L’interesse per l’immaginario dei consumi, la mimesi del linguaggio pubblicitario, l’adozione di uno stile freddo, seriale e in apparenza anonimo: ecco i punti su cui poggia la sua ricerca, maturata a inizio anni Sessanta e sviluppata sino alla metà degli Ottanta. Sarebbe però riduttivo identificarlo solo con il fenomeno pop: Warhol ha rappresentato molto di più, tanto da diventare una figura chiave dell’intero Novecento

Due capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti a cura di Fabio Belloni sono presentati per la prima volta al Castello di Rivoli le opere dell’artista sinora conservate a Villa Cerruti di Rivoli, dimora edificata dall’imprenditore torinese per ospitare la propria formidabile raccolta. Si tratta, nella fattispecie, di lavori della maturità. Hélène Rochas è uno dei quattro dipinti che nel 1975 l’artista dedica all’ex modella francese e già direttrice dell’omonima azienda di profumeria, nota per l’intraprendenza quanto per la sofisticata eleganza. Come tutte quelle del periodo, l’opera nasce dopo una sessione di ritratti con la Polaroid. Scelto lo scatto, Warhol ha incaricato i propri assistenti di serigrafarlo su una tela già dipinta con ampie pennellate di colore acrilico, in tal caso dalla dominante verde. Madame Rochas spicca per la malìa della posa: diventa una figura senza età. Il passaggio dalla foto alla serigrafia ha annullato ogni valore chiaroscurale, mentre il rapporto figura-sfondo cede la propria definizione per giocare con l’ambigua compenetrazione tra piani. L’opera appartiene ai cosiddetti Celebrity Portraits, dipinti su commissione iniziati nel 1972 quando l’artista tornò alla pittura dopo anni di sperimentazioni filmiche. Di quei ritratti che ricapitolano le figure dello star system internazionale Warhol eseguiva svariate versioni: la prima, più costosa, per il committente, le altre a beneficio del mercato.

 

Realizzato nel 1982, The Poet and His Muse appartiene invece al ciclo dedicato a Giorgio de Chirico e moltiplica quattro volte sulla stessa tela un suo lavoro del 1959 con manichini paludati all’antica. Warhol ammirava da sempre il maestro della metafisica: lo aveva anche incontrato in più occasioni durante i suoi soggiorni italiani, a Roma e Venezia. Eppure fu solo in quell’anno – dopo aver visitato la grande retrospettiva ordinata da William Rubin al MoMA – che decise di omaggiarlo. Non si trattava solo dell’ennesima citazione in un periodo segnato da continui tributi ai classici, soprattutto italiani (Botticelli, Leonardo, Raffaello). In lui infatti Warhol riconosceva un vero precursore: “De Chirico ha ripetuto le stesse immagini per tutta la vita. Credo che l’abbia fatto non soltanto perché i collezionisti e i mercanti d’arte glielo chiedevano, ma perché gli andava di farlo e considerava la ripetizione un mezzo per esprimersi. Probabilmente è questo che abbiamo in comune… La differenza? Quello che lui ripeteva regolarmente anno dopo anno, io lo ripeto nello stesso giorno nello stesso dipinto”.

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