PHOTO/ DIANE ARBUS PER LES RENCONTRE D’ARLES: UNA “CONSTELLATION” DI 455 IMMAGINI A 100 ANNI DALLA NASCITA

Quattrocentocinquantacinque immagini di Diane Arbus. Le foto esposte nella meravigliosa mostra Constellation, curata da Matthieu Humery, allestita nel Luma di Arles, in Francia, in occasione del centenario della sua nascita e presentata in collaborazione con la nuova edizione del Festival di Fotografia Les Rencontres d’Arles.

E’ stata definita la fotografa dei mostri, dei freaks, degli emarginati, guardando le sue immagini viene in mente Lisetta Carmi, che come lei, ha dato luce alle immagine e quindi alle storie anche di travestiti e omosessuali. Ma Diane Arbus sembra rovesciare il senso della bellezza e della bruttezza, illuminando di luce proprio quei volti e quelle storie che forse non interesserebbero a nessuno, se non alla sensibilità estrema di un’artista. La grandezza della fotografa statunitense è universalmente riconosciuta e questa mostra ne è un’ulteriore pregevole attestazione. Un’esposizione straordinaria, che rimane nella pelle, per il corposo numero delle foto esposte e per la bellezza dell’allestimento.

Diane Arbus conosciuta come la “fotografa dei freaks”, dei diversi, degli emarginati, tuttavia, in questa mostra, c’è sì, la solita Diane Arbus, ma anche il resto del suo multiforme universo. Però, piuttosto che sugli emarginati e diversi, c’è la volontà, da parte di Diane Arbus, di posare il suo sguardo sulle altre realtà, spesso volutamente ignorate, ma ugualmente parte integrante della società, per abbattere il conformismo imperante, fotografando quei soggetti “dall’aspetto strano”. E non con la curiosità dell’antropologo, bensì con il desiderio di avere una maggiore e più ampia conoscenza: conoscere oltre l’alta società, con le sue stranezze e manie, anche quello che c’è fuori dai palazzi borghesi. Quei palazzi che, a lungo, sono stati l’unica realtà a lei familiare. Perché Diane Arbus nasce a New York, nel 1923, in una ricca famiglia ebrea, di origine russa. Famiglia che, tra i suoi componenti, annovera Howard Nemerov (fratello maggiore di Diane), uno tra i maggiori poeti americani e vincitore del premio Pulitzer), e Renée Nemerov (sorella minore di Diane), pittrice e scultrice (moglie del romanziere-artista Roy Sparkia). Quindi, Diane Nemerov fin quando nel 1941, all’età di diciotto anni, sposa Allan Arbus, commesso dei grandi magazzini Russek’s che David Nemerov aveva trasformato da emporio di pellicce in Grandi Magazzini sulla Quinta Avenue, che offrivano “profumi francesi e lingerie di seta”.

È proprio con Allan che Diane compie i suoi primi passi nella fotografia, inizialmente dedicandosi a quella commerciale e di moda (furono loro i primi a realizzare la pubblicità dei Grandi Magazzini), fondando studio di fotografiaDiane & Allan Arbus, pubblicando i loro lavori su Harper’sGlamour e Vogue. Mettendo in pratica i preziosi consigli della sua insegnante Lisette Model, e applicando i canoni del fotogiornalismo ai suoi scatti (gioca un innegabile ruolo l’influenza di Wegee), rovescia definitivamente il concetto di bello e brutto. Con un uso quasi spietato del flash, conferisce agli scatti una maggiore teatralità e un’atmosfera surreale, rivoluzionando così la fotografia documentaria, spazzando via quella patina di glamour che allora aleggiava sulla fotografia.

 

L’allestimento delle quattrocentocinquantacinque fotografie crea un grande installazione immersiva, nonostante sia un po’ disorientante, per la presenza di uno specchio che ricopre tutta la parete di fondo, che amplifica e distorce la percezione dello spazio. Senza un percorso prestabilito, senza un preciso ordine, né cronologico, né tematico, fissate su delle strutture minimali, simili a delle impalcature, a diverse altezze e con differenti formati, lo sguardo del visitatore è continuamente sollecitato a cambiare direzione, posandosi qua e là, come quello della fotografa stessa, vagando, attraversando, girando.

 

Foto che, partendo dalla prima Autoritratto incinta datata 1945 (della prima figlia Doon, scrittrice; mentre la seconda, Amy, nata del 1954, ha ripercorso le orme della madre diventando anch’essa una fotografa), ricoprono tutta la parabola artistica di Diane Arbus, fino alla tragica fine, inflitta dalla stessa Arbus, che si suicida nel 1971, all’età di 48 anni.

Risale, infatti, al biennio 1969-71 il più cospicuo blocco di foto, tra cui la corposa serie Untitled, poco oltre le cento foto, che per lo più ritraggono nani, persone con sindrome di Down, con disturbi psichiatrici e disabilità dello sviluppo, riprese durante picnic, balli, Halloween, in spiaggia.

Dopo la morte di Diane Arbus, il suo allievo Neil Selkirk, l’unico autorizzato a stampare i negativi della fotografa, cominciò a stampare per l’Arbus Estate, conservando, di ciascuno, una sola prova di stampa.

È proprio questo corpo di prove di stampa che LUMA ha acquisito nel 2011, riunite in questa mostra. È interessante anche rammentare che, nel 1972, per la prima volta la Biennale di Venezia includeva un lavoro fotografico, selezionando proprio quello della Arbus. E non dimentichiamo che, nel 2007, il Metropolitan Museum of Art ha acquisito il suo archivio completo, tra cui 7.500 stampe a contatto.

Attiva quasi esclusivamente a New York City e nello Stato di New York, oltre a diverse località degli Stati Uniti, ha realizzato delle foto in Italia (1952), a Londra (1969) e Berlino (1971).

Oltre alle foto ormai icone, come le già citate gemelle, o Child with toy and grenade in Central ParkA young in curlers at home on West 20th StreetA naked man being a woman, oppure quelle che immortalano personaggi della borghesia nelle loro impostate pose con le loro stravaganze, numerose sono quelle che ci raccontano delle sue frequentazioni e amicizie, come Mae West, Marcello Mastroianni, Doris Fulton, Nanni Loy, Marcel Duchamp con la moglie, Erik Bruhn e Rudolf Nureyev, Susan Sontang col figlio David, James Brown nel famoso Apollo Theater, James Rosenquist, Frank Stella, Roy Lichtenstein, Robert Evans con i figli, M.me Martin Luther King nel suo giardino, Kate Millett, e tanti altri. Ma anche tanta gente comune, ripresa nel parco, allo stadio, nei campi nudisti, nelle loro case, nei loro giardini. Perché questo è stata la Arbus: oscillare dall’alto al basso e viceversa, senza pre-giudizio e senza filtri.

 

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