FOOD/ I PIATTI TIPICI CHE VALGONO UN VIAGGIO IN CALABRIA ANCHE FUORI STAGIONE LA STRONCATURA IL MORZELLO LA FILEJA E POI UN CALICE DI LIBRANDI OPPURE IPPOLITO O CERAUDO OPPURE BENVENUTO INSOMMA LE MIGLIORI ETICHETTE CALABRESI…

I PIATTI TIPICI DELLA TRADIZIONE CALABRESE VALGONO UN VIAGGIO ANCHE FUORI STAGIONE PER CONOSCERE I SAPORI CONSERVATI DALLE SAPIENTI MANI DELLE DONNE CONTADINE IN UNA REGIONE DOVE IL MARE LAMBISCE 800 CHILOMETRI DI COSTA E LA MONTAGNA CON L’ASPROMONETE LA SILA LE SERRE CALABRE E IL POLLINO REGALA COSE MAI VISTE, VALE LA PENA ALLORA ADDENTRARSI NEI SAPORI E NEGLI AROMI DI UNA REGIONE BELLA E PER TRATTI ANCORA SELVAGGIA NONOSTANTE LA DETURPAZIONE DELLE SUE COSTE IN MOLTE AREE MA UA COSI’ AMPIA VARIETA’ DI CASTELLI SUL MARE LASCIANO SENZA FIATO, COME QUELLO ARAGONESE DI ISOLA CAPO RUZZUTO LE CASTELLA E QUELLO DI RUFFO A SCILLA, PER NON PARLARE DI QUELLO DI ROSETO CAPO SPULICO CHE SI ERGE SU UNA ROCCIA NEL MARE, O IL CASTELLO MURAT A PIZZO CALABRO, E QUELLO DI TROPEA CHE IN REALTA’ E’ UNA CATTEDRALE, E POI C’E’ QUELLO NORMANNO DI ROCCELLA JONICA CHE SI INNALZA SULLA COSTA E IL CASTELLO NORMANNO SVEVO DI SQUILLACE CHE VIGILA SUL GOLFO. E SCUSATE SE E’ POCO…
(Spiaggia Sant’Andrea Apostolo dello Jonio, ph Pino Branca)
Bella e selvaggia, la Calabria è una regione da scoprire. La punta dello Stivale offre panorami mozzafiato, tradizioni millenarie, mare cristallino e soprattutto un’offerta gastronomica vastissima. Lasciatevi guidare in un itineriario dalla Sila all’Aspromonte, dallo Ionio al Tirreno alla scoperta dei migliori piatti tipici calabresi. E poi degustiamo insieme alcune delle eccellenze vinicole calabresi a base di Gaglioppo, Greco e vitigni autoctoni.

(Spiaggia di Soverato)
Piccola premessa: la cucina della Calabria è assai varia, differente tra le diverse province e fra i due versanti, quello jonico e quello tirrenico. Va ben oltre la ‘nduja, il peperoncino di Soverato o di Diamente. Ecco qualche elemento ricorrente per orientarsi: tanti agrumi  (fra cui cedro e bergamotto), uso smodato ed entusiasta del peperoncino, trittico di peperoni-patate-melanzane dappertutto, predominanza della carne sul pesce facilitata dall’onnipresenza degli insaccati, ma anche dal fatto che la cucina dei monti, privilegiava la carne piuttosto che il pesce. L’economia della montagna è sempre stata maggiormente presente di quella marinara con poche eccezioni almeno fino all’avvento del turismo di massa. Negli anni è cambiata anche l’ospitalità. Il calabrese è sempre stato attento e generosisimo al limite dell’invadenza. Ricordo nella mia infanzia, quando i contandini aprivano la porta di casa ad ospiti e viandanti, spesso sconosciuti, offrendo loro la colazione tipica: pane, pitta, soppressata e un bicchiere di vino rosso. Spesso anche un tozzo di pecorino. Era la colazione della mezza mattina, “smorzavi”, si diceva in dialetto. Significava, ho smorzato il senso di fame che arriva a metà mattinata, tra le 10 e le 11. E se non si accettava di partecipare a questo rito, l’ospite si offendeva seriamente. Così come ho visto offendersi in Grecia, un pescatore che ci aveva invitato a pranzo, nella sua trattoria ed aveva cucinato per noi, in un piccolo villaggio sul mare, sperduto sulle coste dell’Egeo, e noi stupidamente avevamo aperto il portafoglio per pagarlo della sua ospitalità. Del resto i calabresi hanno ancora molto in comune con i greci…Tutto questo però e’ cambiato, sta cambiando, purtroppo. Resta la bellezza mista ai sapori, agli odori indimenticabili di un territorio dove la presenza del mare e la vicinanza delle colline e dei monti crea quel combinato disposto per cui i sensi restano tramortiti all’esplodere degli odori forti pieni di finocchietto selvatico, mirto, ginestra e agrumi. Ed è quello l’aroma più dolce che si porta a casa dopo un viaggio in Calabria…
(Spiaggia di Soverato, ph Pino Branca)
Piccolo elenco dei piatti della tradizione trattati qui:
Fileja
Stroncatura
Covatelli
Cuccia
Timballo di pasta al forno
Involtini di pesce spada
Sardella
Polpette di melanzane
Pipi chini (Peperoni ripieni)

 

e poi….

Ragù calabrese
Frittole
Stoccafisso di Mammola
Pipi e patate
Melanzane ripienePittaGassosa al caffèPitta ‘n chiusa (Pitta ‘mpigliata)Polpette di carne e melanzane

Morsello

 

COMINCIAMO CON LA PITTA CHE E’ UN PANE A FORMA DI CIAMBELLA CHE SI PUO’ RIEMPIRE CON SALUMI O VEGETALI PER UNA COLAZIONE O DA ACCOMPAGNARE AD UN APERITIVO

PITTA

Dalla medesima radice linguistica di pizza, piada, piadina, pinza e pita, arriva la pitta calabra. Questa ciambella di pane tipica è caratterizzata da forma rotonda e schiacciata, buco centrale e scarsa quantità di mollica. La pitta diventa così una sorta di panino vuoto dall’involucro croccante che aspetta solo di essere imbottito. Ad esempio con morzello e sardella, provola, pecorino crotonese dop, salsa ai peperoni, melanzane fritte e tutto l’immaginario bucolico della gastronomia calabrese più autentica.La pitta, come tutte le forme di pane degne di questo nome, ha varianti in tutta la regione. Quella grecanica si chiama lestopitta, letteralmente “pitta veloce” senza lievitazione più simile al pane arabo. La pitta china invece designa una focaccia rustica da farcire con pomodorini, alici, ricotta e erbi i margiu, erbette di campo. La pitta filata infine è una vera e propria torta salata tipica di Conidoni di Briatico. È caratterizzata da sfoglia a ventaglio e aroma di fiori di sambuco.
MELANZANE RIPIENE
Le melanzane ripiene ti mostrano che sei effettivamente in Calabria. Antico piatto contadino della tradizione culinaria regionale difficile definirlo “povero” per la quantità e la qualità di ingredienti ma in realtà lo è. Le melanzane di tagliano ametà nel senso della lunghezza e si mettono abollire in acqua dopo averle liberate della polpa completamente. Poi mentre la polpa si fa a tocchetti e si michia con gli altri ingredienti: pane raffermo bagnato, carne tritata, pecorino, sale, pepe nero, aglio, prezzemolo e uovo), le bucce, ormai delle barchette svuotate vengono passate per qualche minuto in una padella sul fuoco e fatte dorare. Si scoano dall’olio residuo (assolutamente evo), e poi vegono rimepite con l’impasto preparato. Nel frattempo va preparato il sugo col pomodoro. E’ ora di preparare la teglia: sistemare tutte le barchette di melanzane, e passare sopra abbondante sugo. Non le dimenticherete mai piu’… C’è la variante con le verdure per i vegetariani, quella con il tonno per chi non ama la carne e quella solo con il pane raffermo bagnato e gli altri ingredienti… e c’è chi ci mette la mortadella… de gustibus…

POLPETTE DI MELANZANE

 

Dovunque vado mi chiedono la ricetta calabrese dei peperoni e patate. Semplice, basta calibrare le quantità che devono essere uguali esattamente. Ma il segreto è che vanno cotti separatamente, con tanto olio evo, l’aglio e poi, mescolati di nuovo in padella per qualche minuto. L’effetto è … una magnificenza gastronomica…

 

PIPI E PATATE

Un piatto tipico della tradizione contadina, piatto povero a base di melanzane. Ottime come antipasto, le polpette di melanzane si possono creare anche in forma più piccola della grandezza di una castagnola da gustare per l’aperitivo. Semplici da realizzare, basta sostituire alla carne le melanzane precedentemente tagliate a cubetti e fritte e poi impastate con l’uovo, il pane raffrmo, il pecorino grattuggiato, sale, pepe nero e aglio e prezzemolo. Chi le prova non potrà più dimenticarle…

TIMBALLO DI PASTA AL FORNO

 

Il timballo calabrese è il piatto della domenica, fatto al forno, in genere con i rigatoni, e tanti altri ingredienti: le polpettine di carne immerse in un sugo al ragu’ di carne fatto cuocere due ore, le uova sode, il cacio cavallo grattuggiato, il parmigiano, la soppressata, a piacere e il pepe nero. E’ un piatto denso di sapori, facile da realizzare anche se ricco di ingredienti.

 

bianchetti

SARDELLA (SARDEDDA)

 

L’aperitivo crotonese non è tale senza la fetta di pane condita generosamente di sardella. Questa conserva di pesce, chiamata anche rosamarina caviale dei poveri, viene preparata tradizionalmente con i bianchetti, o bianchino, o biancomangiare. Gli sventurati esemplari di sardine appena nati vengono impastati con tanto  peperoncino e finocchio selvatico. Nonostante la storia e l’importanza del prodotto a livello locale, la pesca dei bianchetti è oggi vietata a livello Ue: fa niente, si trova nelle pescherie a primavera. Si possono realizzare delle ottime frittelle. Oppure preparla per l’inverno conservandola in barattoli di vetro con molto peperoncino e olio evo.

CUCCIA

 

zuppa di legumi e cereali con crostini

 

 

Più che un piatto, un viaggio attraverso l’area rurale della provincia di Cosenza. A seconda del borgo di provenienza infatti cuccìa va a designare preparazioni in apparenza molto diverse tra loro. L’unico elemento in comune sembra essere il grano bollito. A Mendicino ad esempio è un piatto vegetariano,  a base di legumi, castagne e cereali. Nei comuni di fascia presilana invece la cuccìa è una zuppa sostanziosa a base di carne di capra o maiale, grano bollito e spezie. La preparazione si svolge nell’arco di tre giorni e avviene nel tradizionale calderone in terracotta chiamato tinìellu. E non è finita qui: a Paola la cuccìa si presenta in versione dolce, sotto forma di cioccolata calda aromatizzata alle spezie. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.

 

trippa in padella col pomodoro

MORSELLO

 

Ci spostiamo a Catanzaro per assaggiare ‘u morzeddhu, il panino imbottito di trippa e frattaglie di bovino. Queste navigano nel sugo al pomodoro piccante tanto che la pitta, ideale per sostenerlo vista la scarsa quantità di mollica, soccombe facilmente al condimento. Il morzello veniva tradizionalmente consumato come spuntino mattutino: verso le dieci infatti molti lavoratori avevano già sulle spalle quattro o cinque ore di lavoro. E’ un po’ come la trippa romana, ma con tanto peperoncino.

 

cotenna di maiale su tagliereFRITTOLE  (FRITTULI)La sagra del maiale da Natale a carnevale circa è l’occasione per assaporare le frittole, il piatto che fieramente dichiarano in Calabria: “Del maiale non si butta via niente”. Per questa preparazione si fa sciogliere una grande quantità di grasso di maiale in un pentolone apposito chiamato caddàra; dopo aver aggiunto un po’ d’acqua, si incorporano svariate parti di scarto dell’animale (muso, guancia, cotenna, lingua, orecchie, rognone) e si fa bollire il tutto per almeno sei ore. La frittola calabrese, l’avrete intuito, è fortemente collegata al rituale di uccisione del maiale, evento collettivo. Non per tutti gli stomaci ma sicuramente da provare. Ha lo stesso sapore delle zampette di maiale…

sugo, ragù

RAGU’ DI CARNE

 

Di ragù ne esistono centinaia di varianti. Quelli calabresi non fanno eccezione, tuttavia c’è almeno una ricetta riportata da dirette fonti locali che vale la pena citare. Gli ingredienti: polpa di maiale, muscolo di manzo, salsicce e pancetta cruda di maiale, polpette di macinato misto e pane secco ammollato nel latte. Il procedimento: rosolare il tutto con vino bianco e alloro, coprire con passata di pomodoro e cuocere a fiamma bassissima per sei ore. Risultato: già vi vediamo a leccare il cucchiaio!

 

nduja‘NDUJAFatevi un giro nel fine dining di Londra, Parigi, New York: se la ‘nduja calabrese continua ad avere un successo contagioso un motivo ci sarà. L’insaccato morbido originario di Spilinga composto da carne di maiale e peperoncino non è semplicemente buonissimo, crea dipendenza. Tutto merito dei sapori genuini che ci sono dentro: preparare la ‘nduja infatti significa prima di tutto qualità, ma anche pazienza e tradizione.La carne, da suini di età non inferiore ai 14 mesi dalla cui alimentazione è escluso il siero di latte, è rigorosamente macinata al coltello. Il vero protagonista è però il peperoncino di varietà tri pizzi a tre punte: esso infatti agisce da conservante naturale per le proprietà antisettiche e antiossidanti. In passato i peperoncini venivano appesi in lunghe collane e lasciati essiccare per tutta l’estate.  Dopo averla insaccata in budello, la ‘nduja viene affumicata per 10 giorni e stagionata per almeno un anno. A questo punto è pronta per essere spalmata: su pane, pasta, pizza, formaggio, direttamente sulla lingua, fate voi.

fileja-peperoni-cruschi

 

FILEJA O SCILATELLE O SCILATE

 

A proposito di abbinamenti con la ‘nduja: la fileja, pasta di grano duro tipica di Vibo Valentia, è la candidata ideale. Il formato lungo e ricurvo che ricorda molto le busiate trapanesi viene ottenuto attorcigliando l’impasto intorno al dinaculu, un sottile bastoncino di legno, o un ferretto come quello da calza.. Questo a sua volta è un’evoluzione della virgula, ricavata dal gambo della pianta selvatica disa. Più artigianale di così non si può: conditela come più vi piace con peperoni cruschi, caciocavallo, ricotta salata, soppressata, ragù, pesce spada, oppure con le cozze, o alla tropeana con le zucchine e le meanzana.  O perché no, anche un bel pesto alla siciliana, o alla genovese. Il risultato sarà comunque da leccarsi i baffi.

 

PASTA CA’ MUDDICA

 

La pasta con la mollica per rimanere in tema pasta con questa ricetta, un classico della cucina del recupero. In questo caso abbiamo a che fare con la mollica di pane, raffermo ovviamente. Il povero sfilatino avanzato viene riportato in vita come base per il sugo, con l’aggiunta di olio, acciughe e pecorino. La sua resurrezione croccante e sfiziosa dà alla pasta una marcia in più.

 

pasta con mollica

 

 

 

pesce spada forno pomodorini

PESCE SPADA ALLA GHIOTTA

Reggio Calabria e Messina si contendono il primato gastronomico di questa ricetta. Per adesso pare vinca la Calabria, visto che ne ha ottenuto l’inserimento nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali redatto dal Mipaaf. Il pesce spada alla ghiotta anticipa con il suo nome quello che possiamo aspettarci da questo piatto: un secondo di pesce saporito, condito da un delizioso intingolo di pomodoro, capperi e olive.

baccalà al forno

 

STOCCAFISSO ALLA MAMMOLESE

Mammola è un paese dell’entroterra noto proprio per il suo stoccafisso e meta turistica ormai molto frequentata. Lo stoccafisso si può fare all’anconetana, alla riese, alla ligure: l’enciclopedia del merluzzo essiccato (senza sale, quello è baccalà!) oggi ci porta a Mammola, provincia di Reggio Calabria. Lo stoccafisso alla mammolese è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale che ha sfamato generazioni di contadini e braccianti, meno i pescatori che potevano permettersi il lusso del pesce fresco. Lo stoccafisso aveva tutti gli attributi della pausa pranzo economica e nutriente: lunga conservazione, basso prezzo, alto valore energetico. Con l’aggiunta dei prodotti freschi dell’orto come pomodori, patate e peperoni è diventato anche una vera delizia.

VRACIOLA (POLPETTE)

 

polpette

 

Polpette fritte di carne e melanzane. C’è davvero bisogno di aggiungere altro? Di certo non ne hanno bisogno le nonne calabresi che friggono, brasano e infornano senza pietà. Voi non preoccupatevi, tanto sarete troppo presi a divorarne una dopo l’altra.

MISH N’UNDIRE

braciole-alla-messinese

 

Le comunità arbëreshë di origine albanese sono una delle grandi ricchezze culturali e linguistiche della Calabria. Ciò vale anche in campo culinario, similmente a quanto accade per i piatti tipici lucani. In questo caso siamo sparsi in più di trenta comuni dell’entroterra fra Crotone e Cosenza con una cucina a prevalenza di carne e prodotti della terra. I mish n’undire fanno ampiamente parte della categoria: succulente braciole di maiale fritte conservate nello strutto. Non lo spezza fame light insomma.

Quella nello strutto è un’antica tecnica di conservazione che permette di utilizzare tutte le parti del maiale. Le braciole sottili, in genere da suino nero alimentato a ghiande, mele e fichi, vengono aromatizzate con aglio e prezzemolo e fritte in olio evo. Una volta raffreddare vengono poste in vasi di coccio e foderate con lo strutto. Così ammorbidite sono ideali per condire la pasta o ravvivate come secondo piatto. Buone sì, da consumare decisamente con moderazione.

PIPI CHINI (PEPERONI RIPIENI)

peperoni ripieni

Se pensate che passando alle verdure la situazione si faccia più leggera, beh, vi sbagliate di grosso. I peperoni ripieni non sono affatto un contorno. Certo, potrebbe benissimo essere un piatto unico, ma niente illusioni: siamo pur sempre in Calabria dove il pasto non è tale senza almeno quattro portate. Anche qui la sostanza varia in base al gusto della nonna di turno. La versione base prevede pangrattato, uova, formaggio e prezzemolo, la premium aggiunge a piacimento macinato di maiale, mortadella, provola, prosciutto e il cielo sa cos’altro. In ogni caso non c’è niente da discutere, la nonna calabrese dirà sempre “e mancia!!”

 

LIQUIRIZIA

 

liquirizia

Sembra che la liquirizia calabrese sia la migliore al mondo. L’oro nero della Calabria si chiama liquirizia e ha sede a Rossano e dintorni. Questa radice balsamica ci sta tutta come digestivo naturale dopo cotanta piccantezza. La Glychirrhiza glabra viene coltivata sulle fasce costiere fin dal Seicento, e a ben vedere. Per chi non lo sapesse infatti la liquirizia è, al pari di molte leguminose, una pianta azoto-fissatrice in grado di migliorare le condizioni di fertilità del terreno. Viene raccolta tutto l’anno e, a seconda del prodotto, può essere essiccata o trattata con acqua per estrarne il succo. La Liquirizia di Calabria DOP viene commercializzata nelle tipologie radice fresca, radice secca ed estratto di radice. Ha sapore dolce, aromatico, intenso e persistente. Da essa si ricavano infiniti tipi di caramelle pure e/o aromatizzate, gelato, biscotti e liquori. Una chicca, anzi bon bon assolutamente da non perdere.

CUZZUPA

Metafora della vita, specialmente quella di coppia, la cuzzupa è il tradizionale dolce di Pasqua che, attraverso le sue caratteristiche estetiche, comunica una serie di informazioni a chi lo riceve in dono. In particolare viene utilizzato dalle suocere che, a seconda del numero di uova intere che decidono di incastonare nell’impasto, mandano messaggi subliminali ai futuri generi. Da qui il detto “Cu’ nova rinnova, cu’ setta s’assetta”, ovvero nove uova rinnovano il fidanzamento, sette annunciano il matrimonio imminente. Insomma, se non avete accesso alla messaggistica istantanea, preparate una cuzzupa.

ZIPPULI (ZEPPOLE)

 

graffe-con-patate

 

Queste ciambelle fritte di pasta lievitata con patate simili alle graffe napoletane sono tipiche del periodo natalizio, in particolare dell’Immacolata. Il nome, tanto per trovarci la quadra, sembrerebbe derivare dal greco collura o corona. Questo perché in passato pastori e viandanti usavano infilare le ciambelle su bastoni e braccia per facilitarne il trasporto.

PITTA ‘NCHIUSA

 

Se il lieto fine prevede sempre un matrimonio, noi chiudiamo il nostro elenco culinario con la pitta ‘mpigliata o pitta ‘nchiusa, cioè chiusa, della provincia di Cosenza. Nata come dolce nuziale nel paesino di San Giovanni in Fiore, questa sfoglia attorcigliata riccamente speziata e ripiena di frutta secca è oggi una presenza fissa sulle tavole natalizie. C’è un posto speciale per lei a  Catanzaro dove prende il nome di pitta ‘nchiusa a forma di rosa schiacciata. Appare sempre quando c’è qualcosa da celebrare: in questo caso, l’enorme tesoro che è la cucina tipica calabrese.

 

gazzosa-caffè

 

Un pò Brasilena, un pò liquore al caffè, in realtà non capita tutti i giorni di trovare le parole “gassosa” e “caffè” nella stessa frase: se è per questo neanche in Calabria, dove la soda in questione viene rigorosamente chiamata con il brand di riferimento (Brasilena, per non fare nomi). Questa bollicina analcolica è una vera e propria istituzione pop, e c’è di più: le province di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, sedi delle tre principali aziende produttrici, fanno a gara nel rivendicare paternità e superiorità della ricetta, invenzione che, pare, risalga ai primi del Novecento. Campanilismi a parte, la gassosa al caffè, fresca, frizzante ed energizzante, è un ottimo ricostituente, soprattutto nelle incandescenti giornate estive.

 

STRONCATURA

 

 

 

La stroncatura (struncatura in dialetto), la pasta, di origine antichissima, era un cibo di recupero e veniva prodotta con le crusche dello scarto della molitura. Si racconta che la farina venisse letteralmente “spazzata” da terra e che poi per ovvi motivi igienici sia stata poi proibita (adesso naturalmente questa procedura è vietata!). Un ventennio fa si poteva trovare anche nelle botteghe locali in una sorta di “contrabbando di pasta”, ma con il tempo, è sparita dal mercato per tornare da qualche decennio negli scaffali dei più quotati negozi alimentari di tutto il mondo, migliorata ed adattata alle corrette norme igieniche. Anticamente diffusa soprattutto nell’area tirrenica di Reggio Calabria, soprattutto nella provincia di Vibo Valenzia /Tropea), è ora apprezzata in tutta la regione e fa parte di quei prodotti enogastronomici che i turisti amano portarsi a casa una volta terminata la villeggiatura.

 

COVATELLI

 

Mettere la farina a fontana in una terrina o direttamente sulla spianatoia infarinata e versare al centro, un pò alla volta l’acqua tiepida. Aggiungere un pizzico di sale. Impastare con le mani fino a che non si formerà un panetto di pasta liscia e compatta e se necessario aggiungere un pò di acqua, nel caso che risulti troppo secca, se si verifica il caso contrario naturalmente aggiungere un pò di farina. Coprire il panetto con un canovaccio e prelevare piccoli pezzi dell’impasto per formare delle liste lunghe come si fa per fare gli gnocchi.  I covatelli infatti altro non sono che gnocchetti senza patate, quindi molto più facili da fare in casa. Prendere quindi questi serpentelli e tagliarli col coltelli di una lunghezza standard i 4-5 cm. A questo punto per creare i covatelli con l’indice fare un piccolo movimento al centro, oppure ci si può aiutare con la forchetta, anche qui come per gli gnocchi. In Calabria è in uso un altro sistema. In tutte le cucine si dispone in genere di una “cernijja”, una specie di cestino di paglia che solitamente viene usato per mettere le verdure al sole ad essiccarsi, come i pomodori o le olive. In questo caso il cestino, che è rigato, deve essere capovolto all’ingiù e ogni pezzettino di pasta deve essere “rigata”.  Sistemar i covatelli sulla spianatoia fino al momento della cottura. Cuocere con abbondante acqua salata per circa 10-15 minuti. Condire con un semplice sugo con i pomodorini pachino, che avremo fatto mettendo in una ciotola preferibilmente di coccio l’olio evo e lo spicchio di aglio assieme a un pizzico di peperoncino. Mettere i pomodorini tagliati a pezzettini, il sale e infine quando il sugo è praticamente pronto una spolverata di pepe nero. Condire i covatelli e aggiungere una spolverata di ricotta salata o se si preferisce di pecorino romano. Impiattare e servire con una foglia di basilico. E buon appetito!
INVOLTINI DI PESCE SPADA

Difficile stabilire se sia un piatto calabrese o siciliano, certo che che sullo stretto è molto amato. Semplice e appetitoso, diffuso soprattutto verso Reggio Calabria, si prepara con 12 fettine di pesce spada, l’olio extra vergine d’olivo calabrese, peperoncino, prezzemolo, aglio, mezza cipolla di Tropea, una costa di sedano. Gli involtini se non si arrostiscono ma si preferisce cuocerli in padella, allora vanno impanati con uovo e pangrattato. Et Voilà…

 

PASSIAMO AL VINO? LA CALABRIA OVVERO “ENOTRIA”, TERRA DI VINO

VI PROPONIAMO ALCUNI VINI DELLE MIGLIORI CANTINE CALABRESI ALCUNI AL TOP DELLE GUIDE DEI VINI COME I TRE BICCHIERI DI GAMBERO ROSSO, ALTRI CON PUNTEGGI ALTI NELLE VARIE CATEGORIE MA TUTTI MOLTO BUONI CHE SIANO LIBRANDI, IPPOLITO, STATTI, LOMBARDO, CERAUDO E ALTRI…IN ALTO I CALICI…

 

Scopriamo le caratteristiche di alcuni tra i migliori vitigni autoctoni calabresi .

Gaglioppo

Il  Gaglioppo è sicuramente tra i  migliori vini calabresi . Si tratta di un vitigno a bacca rossa che dà vita a numerose denominazioni di vini calabresi come Cirò Rosso DOC , Bivongi DOC , Lamezia DOC . Il Gaglioppo particolarmente dà vita a vini  fruttati, speziati, corposi  vocati all’invecchiamento, si riveleranno tuttavia anche interessanti interpretazioni di vini rosati.

Greco di Bianco

Sicuramente tra  migliori vini calabresi  vi è il  Greco di Bianco , un  vino  passito DOC  costituito dall’omonimo vitigno aromatico prodotto nella  provincia di Reggio di Calabria , in particolare nel territorio di Bianco, da cui prende il nome. I vini passiti Greco di Bianco DOC sono considerati un fiore all’occhiello tra i migliori vini da  dessert  italiani.

Magliocco

A pieno titolo tra i  migliori vini calabresi vi è il  Magliocco , un vino rosso diffuso principalmente nella zona di Cosenza , dove viene vinificato spesso con altri vitigni complementari autoctoni e internazionali. Il  Magliocco dà vita a corposi e ricchi di polifenoli, contraddistinti da seducenti profumi di frutti speziati e di macchia mediterranea.

 

La Calabria, conosciuta dagli antichi greci come Enotria ( Terra del Vino ) vanta un paesaggio tanto affascinante quanto eterogeneo. La zona centrale prevalentemente montuosa è caratterizzata da un clima di tipo continentale e da importanti escursioni termiche che permettono di scommettere con successo sulla coltivazione di uve a bacca bianca .

Il versante tirrenico è caratterizzato da un clima mediterraneo e da terreni calcarei di origine vulcanica che permettono la produzione di vini ben strutturati e dal grande potenziale evolutivo. Il versante ionico, sempre dal clima mediterraneo, è invece caratterizzato da terreni con più alta percentuale di argilla che spingono più sulla componente sapida e minerale. Di seguito, le prime 4 cantine premiate con i Tre Bicchieri Gambero Rosso.

 

Vino Peperosso Etichetta Nera Rosso Calabria IGP Spadafora

Vino Malvasia e Sauvignon Bianco IGT Calabria Russo e Longo

Vino Spumante Brut Don Fortunato Bianco Tenuta Iuzzolini

 Spumante Brut Don Fortunato Bianco Tenuta Iuzzolini

 

Zero Rosato IGT Cirò – Brigante 2019

 

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