Luigi Ghirri (non) luoghi: questo il titolo della mostra curata da Massimo Minini che si propone come un racconto emozionale. Un percorso che, celebrando l’artista, vuole far scoprire al pubblico il modo in cui Ghirri si rapportava alle cose.
Il progetto espositivo, ideato da Roberta Angalone, ne analizza quindi la ricerca fotografica dal punto di vista delle motivazioni e dei sentimenti attraverso un percorso che ne tocca i punti di interesse e le questioni.
Jesi rende omaggio a Luigi Ghirri, in occasione del trentennale della scomparsa, attraverso una selezione di quaranta fotografie provenienti da collezioni private. L’esposizione, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, sarà allestita nella rinascimentale sede di Palazzo Bisaccioni dal 9 aprile al 31 luglio 2022. (Visite guidate gratuite su prenotazione).

La Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, nella rinascimentale sede di Palazzo Bisaccioni, celebra Luigi Ghirri, maestro della fotografia contemporanea, in occasione del trentennale dalla morte, attraverso una mostra che vuole proporsi come un racconto emozionale, un percorso che disveli al visitatore il modo in cui Ghirri entra in rapporto con le cose, celebrando l’artista e ponendo l’attenzione sulla sua intima necessità di fotografare.
La mostra “Luigi Ghirri (non) luoghi”, a cura di Massimo Minini, si compone di quaranta fotografie provenienti da collezioni private. Obiettivo del progetto espositivo, ideato da Roberta Angalone, è ricordare l’artista analizzandone la ricerca fotografica dal punto di vista delle motivazioni e dei sentimenti attraverso un percorso che ne tocca i punti di interesse e le questioni. Fu grande amico di Gianni celati, con il quale creò un sodalizio culturale che univa fotografia e letteratura.
Reggiano di origine, grazie all’assidua frequentazione del gruppo degli artisti concettuali modenesi, Ghirri si avvicina alla fotografia intorno agli anni ’70, i primi scatti sono realizzati durante le vacanze estive o i fine settimana e tanto basta perché si renda conto che la macchina fotografica sarebbe stato il medium perfetto, un incredibile linguaggio visivo capace di saziare il “desiderio d’infinito che è in ognuno di noi”.
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