Nel Lazio c’è un festival dove si assaggiano solo vini prodotti in antiche abbazie e monasteri
Dal 6 all’8 giugno 2025, l’Abbazia di Fossanova ospita la quarta edizione di Vini d’Abbazia: l’evento che riunisce le più importanti abbazie vitivinicole italiane e le 30 cantine che producono i vini.
ANDAR PER ABBAZIE IN CERCA DI VINI SCOPRIRE CHE I MONACI PRODUCONO LE ECCELLENZE DEI TERROIR
Ci sono luoghi in cui il tempo sembra sospeso, dove ogni pietra racconta, ogni panorama emoziona, ogni gesto quotidiano rinnova una tradizione secolare.
Sulla sponda nord del Lago Trasimeno, tra boschi e terrazze di ulivi, sorge il Convento dei Cappuccini, monastero del XVI secolo un tempo abitato dai frati francescani. Qui non si viene solo per degustare un vino o ammirare un paesaggio: si viene per vivere un luogo che ha conservato l’anima del passato, aprendosi con grazia al presente. Dove una viticoltura rispettosa e coraggiosa si intreccia con il silenzio del convento, i profumi dell’orto, l’eco delle voci che nei secoli hanno coltivato queste terre. Un luogo “spirituale” come in Italia ce ne sono stati tanti e che ora vivono una diversa era e si aprono a nuove esperienze coltivando vecchie tradizioni e antichi sapori.
Fossanova è un piccolo borgo dell’Agro Pontino, frazione di Priverno in provincia di Latina e a pochi chilometri dal Parco Nazionale del Circeo, che custodisce una delle abbazie cistercensi più affascinanti d’Europa. È qui, nel chiostro che fu anche dimora di San Tommaso d’Aquino, che dal 6 all’8 giugno 2025 si terrà Vini d’Abbazia, l’unico festival in Italia dove si celebra il vino che viene prodotto o ispirato da abbazie e monasteri. Vini che prendono vita in antichi chiostri, nei refettori, nei diari di comunità religiose che continuano a coltivare la vite come forma di meditazione attiva.

La tradizione enologica monastica affonda le sue radici nel Medioevo, quando i monaci, oltre a copiare manoscritti e pregare, coltivavano vigne. Lo facevano per l’Eucaristia, certo, ma anche per il sostentamento della comunità. I monasteri non furono quindi soltanto rifugi di preghiera e silenzio: furono vere e proprie cellule produttive, centri di trasmissione agricola ed enologica. I religiosi, chiusi dentro regole rigide e orari scanditi da campane, impararono presto a osservare la natura con occhi più attenti di quelli del contadino comune. Nella vigna trovarono una forma di liturgia quotidiana, un esercizio di contemplazione attiva. Non lavoravano la terra per ambizione o commercio, ma per necessità e, più ancora, per obbedienza a un ordine superiore: dare senso al tempo, raccogliere i frutti, trasformare la materia in qualcosa che parlasse al divino sotto la spinta della Regola benedettina “ora et labora”.

Le cantine monastiche, spesso scavate nella roccia e protette da condizioni climatiche ideali, divennero luoghi di sperimentazione avanzata. Qui si conservava il vino, si misuravano i risultati delle potature, si confrontavano annate e condizioni atmosferiche, si selezionavano i ceppi più resistenti. Il vino non era solo destinato all’altare – dove assumeva valore sacrificale nella celebrazione dell’Eucaristia – ma anche al sostentamento della comunità, all’accoglienza dei pellegrini, alla cura degli infermi. Le varietà di vite si adattarono ai microclimi europei grazie alla lungimiranza dei monaci, che crearono un sistema di gestione viticola sorprendentemente simile a quello che oggi chiamiamo “viticoltura sostenibile”. Anche l’estetica del paesaggio ne fu trasformata: filari ordinati, terrazzamenti, canalizzazioni d’acqua. Le abbazie non solo producevano vino, ma insegnavano come farlo, diventando le prime scuole informali di enologia.
Ideato dal giornalista Rocco Tolfa, Vini d’Abbazia nasce come un’intuizione tanto semplice quanto potente: far dialogare la tradizione enologica monastica con il presente. Da lì prende forma una manifestazione che non si limita alla degustazione ma crea un vero racconto multisensoriale del vino come bene culturale. Il progetto è parte integrante de Le Vie del Giubileo, un percorso regionale che intreccia spiritualità e identità locali nell’Anno Santo 2025. Nel corso delle tre giornate si alterneranno masterclass, momenti di riflessione collettiva, incontri con monaci e produttori, dentro e attorno al maestoso complesso cistercense di Fossanova. L’abbazia, costruita tra il 1163 e il 1300 (consacrata nel 1208) sui resti di un antico monastero benedettino, è circondata da un borgo che conserva anche i resti di una villa romana del I secolo a.C. Il chiostro medievale si trasforma nel fulcro dell’evento, animato dai banchi d’assaggio e dalla presenza dei produttori. Intorno, tra il refettorio e gli spazi restaurati del borgo, prendono vita masterclass, incontri e conversazioni sul vino.
La quarta edizione di Vini d’Abbazia
Dal 6 all’8 giugno, oltre 30 cantine provenienti da abbazie italiane e internazionali: dai produttori della rete francese Les Vins d’Abbayes al Monastero di Alaverdi della Georgia, custode di una delle più antiche tradizioni vinicole del mondo. Tra i partecipanti che si danno appuntamento a Fossanova anche l’Abbazia di Novacella, il Monastero di Bose, Badia a Passignano e l’Abbaye de Lérins dalla Francia. Oggi infatti, oltre agli ordini religiosi, sono molti i produttori laici che vinificano su terreni storicamente monastici, recuperando antiche pratiche e identità locali. I visitatori potranno vivere un’esperienza a più livelli: degustare etichette rare ai banchi d’assaggio aperti dalle 16:30 alle 22, ascoltare racconti di produttori, partecipare a dibattiti e confronti. In parallelo, il Villaggio Food & Wine di Slow Food proporrà eccellenze gastronomiche del territorio, dal pane benedettino ai salumi artigianali.
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