L’uso del termine “Enotria” risale a tempi molto antichi, precisamente all’epoca dei greci antichi. Secondo le testimonianze di storici come Dionigi d’Alicarnasso e Strabone, i primi a definire l’Italia “Enotria” furono gli Oenotrii, un popolo di origine greca che si stabilì in Calabria e Basilicata intorno al 1500 a.C., dando vita a intense attività viticole.
Inoltre, sempre gli storici raccontano che la regione abitata dagli Oenotrii era famosa per la sua produzione di vino pregiato, a tal punto che gli stessi greci la chiamavano “Enotria”, ovvero la terra del vino per eccellenza. Nonostante il termine “Enotria” sia caduto in disuso dopo l’epoca romana, il suo significato e il suo legame con il vino sono rimasti intatti. Basti pensare alla grande varietà di vini pregiati prodotti in Italia, dalla Lombardia alla Sicilia, passando per la Toscana, l’Umbria, le Marche, l’Abbruzzo, la Puglia, il Veneto, l’Emilia Romagna e la Sardegna.
Enotria non è semplicemente un nome obsoleto, ma rappresenta l’eredità culturale e storica di un paese che ha fatto del vino uno dei suoi principali vessilli nel mondo. Oggi la Calabria vanta ben nove Doc e finalmente una Docg, da poco istituita che riguarda i vini Cirò. Il territorio porta avanti convintamente l’idea di un vino calabrese nell’anima e nella sostanza, un blend formato dal 90% di Gaglioppo, e la parte rimanente di Greco Nero e di Magliocco. La nascita della prima denominazione Docg del Cirò fa data dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale con il riconoscimento del Cirò Classico Docg. Per vedersi accreditata la prima Denominazione di origine controllata e garantita, la Calabria del vino ha atteso molto tempo. Un traguardo storico, agognato e costruito con determinazione passo dopo passo. Con la pubblicazione del nuovo disciplinare nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, il Cirò Rosso Riserva si avvia ufficialmente a diventare Cirò Classico DOCG. Si apre così una nuova fase di riconoscimento e di valorizzazione per la più antica e significativa denominazione vitivinicola calabrese. In assenza di opposizioni entro 90 giorni, il passaggio a DOCG sarà ufficialmente ratificato. Frutto di un lungo percorso iniziato nel 2019 e guidato dal Consorzio di Tutela Vini DOC Cirò e Melissa, che ha concluso integralmente l’iter burocratico anche a livello di Commissione europea, il passaggio a DOCG rappresenta non solo un riconoscimento della qualità del vino, ma soprattutto una consacrazione del valore territoriale, culturale e storico dell’area produttiva, racchiusa nei comuni di Cirò e Cirò Marina, in provincia di Crotone.
È in questa zona delimitata che si estende dalle colline litoranee alle prime pendici della Sila che il vitigno autoctono Gaglioppo, protagonista indiscusso della denominazione, trova la sua massima espressione.
Il vino Cirò Rosso Riserva possiede tutte le caratteristiche per diventare un punto di riferimento nazionale e internazionale. Con il passaggio a DOCG e la nuova denominazione ‘Cirò Classico’, viene finalmente rafforzato il posizionamento e si può raccontarne l’identità con ancora maggiore forza.
Il Cirò Classico DOCG si presenta di colore rosso rubino con riflessi granati, e si distingue per un profilo olfattivo intenso e complesso, in cui spiccano note di frutta rossa e spezie. Al palato è corposo, armonico e persistente, con un’evoluzione che lo rende sempre più vellutato nel tempo. Un equilibrio sensoriale che nasce dalla perfetta sinergia tra varietà e terroir: il Gaglioppo, infatti, è da secoli profondamente radicato nell’area di Cirò, dove beneficia di suoli sedimentari ricchi di scheletro e minerali, oltre che di un microclima unico, influenzato dal mare Ionio a Est e dalle alture silane a Ovest.
La zona di produzione si estende su circa 9.000 ettari, in un paesaggio variegato che alterna terrazze fluviali, colline regolari e rilievi sabbiosi o conglomeratici. A conferire ulteriore complessità e personalità al vino concorrono le escursioni termiche, la concentrazione delle piogge nei mesi autunnali e la scarsa disponibilità idrica estiva, che contribuiscono alla maturazione equilibrata delle uve.
Con il Cirò Classico DOCG, la Calabria del vino compie un passo decisivo verso il riconoscimento della propria identità vitivinicola, fondata sulla valorizzazione del territorio, dei vitigni autoctoni e del lavoro quotidiano di una comunità coesa e appassionata, rappresentata oggi da oltre 300 viticoltori e 71 cantine. Un risultato che rafforza il prestigio dell’area di produzione e apre nuove prospettive per il futuro della denominazione. Diversi sono i vitigni per anni sottovaluti e non valorizzati. Le nuove generazioni si impegnano in tempi più recenti a creare una maggiore consapevolezza dimostrando più amore per la terra, e tornano a lavorare i campi, oppure a ridare vita a vecchie colture, come i grani antichi, o a recuperare vecchie tradizioni come la tessitura della seta. La Calabria è una regione particolarmente ricca in vitigni autoctoni. In Calabria si coltivano soprattutto vitigni a bacca nera tra i quali il più famoso e largamente diffuso è il Gaglioppo seguito dal Magliocco Canino, dal Nerello Mascalese, dal Nerello Cappuccio e dal Greco Nero. Il Calabrese (Nero d’Avola) rientra anch’esso tra i vitigni più coltivati in regione. I vitigni a bacca nera, rappresentano circa l’80% della produzione complessiva. I vitigni Calabresi a bacca bianca sono il Greco Bianco, Il Trebbino Toscano, il Montonico e la Guernaccia. Tra i vitigni diffusi in Calabria, il Gaglioppo è un vitigno a bacca nera autoctono il cui utilizzo è previsto dai disciplinari per la produzione del Cirò doc e del Melissa doc, nelle varianti rosso classico, rosato e riserva. Il Gaglioppo, insieme al Greco di Bianco e al Mantònico, rappresenta forse l’unico tipo di vitigno calabro rinomato in contesti enologici nazionali ed europei. Il clima calabrese caldo e secco, la particolarità del terreno arido e i vigneti non irrigui rappresentano le condizioni necessarie per la produzione di questo vino, caratterizzato da una maturazione precoce e di elevata resistenza. È un vitigno a bacca rossa, con grappoli di medie dimensioni e di forma conica.
Il colore del vino rosso ottenuto è rubino intenso, che col tempo si evolve in un ricco bouquet, mentre quello del rosato è rosa brillante e presenta un bouquet floreale e fruttato. Il Gaglioppo produce vini robusti e strutturati con note di frutta rossa e spezie. Le origini del Gaglioppo sono remote. Secondo la tradizione, il vitigno è stato introdotto in Calabria dagli antichi Greci, che lo coltivavano sulla costa ionica. Il nome Gaglioppo deriva dal dialetto calabrese “gaglioppo”, che significa “pugno chiuso”. La denominazione fa riferimento alla forma dei grappoli, che sono compatti e tondeggianti. Questo è il vitigno più emblematico della Calabria ed è utilizzato principalmente nella produzione del vino rosso Cirò. Il Gaglioppo si pensava fosse di origine greca, ma recenti studi hanno analizzato il DNA del vino, che invece è di origine italiana. Si ritiene che sia un discendente del vino calabrese Mantonico di Bianco. In precedenza si sosteneva che fosse stato introdotto nell’Italia meridionale più o meno nello stesso periodo del vitigno Aglianico.
Uno studio italiano ha pubblicato nel 2008 la tipizzazione del DNA, che ha mostrato una stretta relazione genetica tra il Sangiovese da un lato e altri dieci vitigni italiani dall’altro, incluso il Gaglioppo. È quindi probabile che il Gaglioppo sia un incrocio di Sangiovese e un altro vitigno, finora non identificato.
Altro vitigno diffuso nella regione è il Magliocco che può essere Dolce oppure Canino. Numerose le cantine che lo producono in purezza. Il rosso rubino evoca sentori fruttati e floreali. Vinificato in purezza o con altre uve. Il Magliocco dolce è uno dei principali vitigni autoctoni indicati nel disciplinare di produzione dei vini. Assieme al Gaglioppo si abbina molto bene alla ‘nduja, salume morbido e piccante, tipico della zona, e ad altri insaccati come la soppressata, la carne salata e la salsiccia piccante. Il Greco Bianco e il Greco Nero sono coltivati nei terroir lungo la regione. Tra i vitigni a bacca bianca riemergenti sono presenti il Pecorello, che offre al palato mineralità e sapidità e il Mantonico le cui origini, antichissime, risalgono ai sacerdoti di Locri Epizefiri, da cui il nome μάντις ( mantis- indovino). meno consciuti altri vitigni autoctoni come la Guarnaccia bianca e la Guarnaccia nera che regalano sentori e profumi spesso inaspettati non sempre compresi.
La Calabria tuttavia resta una terra inesplorata e spesso sottovalutata dal punto di vista enologico. In parte per la difficoltà delle aziende a fare rete, in parte per l’incapacità di affidarsi agli esperti di marketing che possano valorizzare e pubblicizzare efficacemente i tesori enoici di una civiltà del bere diffusa in tutta la regione, con alcune zone di influenza tipiche e storiche. Tra queste, naturalmente tutta l’area del Ciro’, che rappresenta una DOC riservata ad alcuni vini la cui produzione è consentita nelle provincia di Crotone. La zona di produzione comprende l’intero territorio e ora la Docg.
La denominazione più conosciuta è proprio il Cirò, prodotto nella provincia di Crotone, forse la più antica inerente la coltivazione dell’uva. Si narra che all’interno della coppa dei vincitori delle Olimpiadi venisse versato un nettare, antenato del Gaglioppo, come ricompensa a chi fosse tornato in patria trionfante. Tra i celebri ghiotti della sacra bevanda emerge Milone di Crotone, figura avvolta nel mistero, passata alla storia sportiva per aver vinto un cospicuo numero di Olimpiadi. Il Gaglioppo di colore granato trasparente, regala al palato sentori speziati, liquirizia, cuoio. In bocca è tannico, necessita di affinamento: è adatto alle carni, ai formaggi, a primi piatti succulenti.
Chi ha creduto nei vini della regione di origine all’inizio è stato Nicodemo Librandi, scomparso di recente, ma a cui la Calabria deve tanto, per essersi strenuamente profuso affinchè i vini calabresi fossero annoverati tra le eccellenze enologiche del Belpaese. E ci è riuscito perchè i vini calabresi ormai da qualche anno, sono presenti nelle top dei migliori vini anche nelle classifiche delle riviste specializzate e partecipano ad appuntamenti riservati ai produttori e ai buyer di tutto il mondo come Opera Wine e Vinitaly. Ma tra le eccellenze spiccano anche altre cantine pregiate come Ippolito, Arcuri, Calabretta, Benvenuti, Statti che rappresentano ormai una Calabria del vino che stentava a farsi largo. Un’altra area a forte vocazione enoica si trova a Torre Melissa, caratterizzata dalla presenza di numerosi vitigni adibiti alla produzione dei vini Cirò e Melissa.
Nella zona del cosentino, invece, in particolare a Saracena, è presente la produzione di un Moscato il cui procedimento di lavorazione è assolutamente da non perdere: vino dolce, delizia dei papi è frutto di uve Malvasia, Guarnaccia con l’aggiunta del Moscatello. Le aziende più note che ne offrono un’interpretazione assolutamente personale e ghiotta sono Cantine Viola, Feudo dei Sanseverino, Masseria Falvo 1727. Denso, dal colore brillante ai wine-lovers arrivano sentori di albicocca appassita, fico secco, noci. In bocca è persistente e inebriante. Sposa perfettamente i formaggi erborinati. Non si possono abbandonare questi territori se non si è degustato un calice di Greco Bianco di Bianco, diffuso nella zona di Reggio Calabria, da non confondere con il Greco Bianco diffuso nel resto della regione. L’azienda agricola Baccellieri, la Tenuta Dioscuri, Ceratti ne offrono altrettante versioni con sentori differenti.
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