25 APRILE/ I FRATELLI CERVI E LA RICETTA DELLA PASTASCIUTTA ANTIFASCISTA

LA STORIA DELLA PASTASCIUTTA ANTIFASCISTA RIPORTA AI FRATELLI CERVI CHE PER PRIMI LA CUCINARONO IN EMILIA ROMAGNA PER FESTEGGIARE LA CADUTA DEL REGIME RICORDA LA RESISTENZA LA LIBERAZIONE DAL FASCISMO LA FINE DELL’OCCUPAZIONE NAZISTA LA FINE DELLA GUERRA UN SEMPLICE PIATTO DI SPAGHETTI AL BURRO E PARMIGIANO E’ LA RICETTA DEL 25 APRILE ORMAI SIMBOLO DEL GIORNO DELLA LIBERAZIONE

La fine della guerra, la caduta di Benito Mussolini, la Resistenza e un piatto di pastasciutta sullo sfondo. Bisogna tornare indietro nel 1943 quando la famiglia Cervi, contadini benestanti di Campegine, in Emilia Romagna ,decisero di festeggiare la sfiducia del Gran Consiglio del Fascismo al suo Duce. Il tempo scandisce due anni prima della fine della guerra. Fu organizzata una grande festa in piazza dove si offrì a tutti pasta con burro e parmigiano. Ancora oggi questo primo piatto chiamato semplicemente Pasta antifascista, si vuole ricordare la storia della Resistenza nel nostro paese.

 

La famiglia Cervi
(La famiglia Cervi)

 

Il piatto simbolo della resistenza nasce quindi due anni prima della Liberazione. Era il 25 luglio 1943 quando la famiglia Cervi, composta da 7 fratelli dichiaratamente antifascisti, offrirono in piazza 380 chili di pastasciutta. Si procurarono la farina, impastarono e condirono semplicemente con burro e parmigiano. Un piatto sostanzioso e della festa, visto anche le condizioni di malnutrizione in cui versava la popolazione affamata dalla guerra. Poco dopo tutta la famiglia Cervi si unì alla resistenza, combattendo attivamente contro il regime. Infatti la storia insegna che la guerra non era finita. Mussolini si riorganizzò nella Repubblica Sociale di Salò e iniziò un duro periodo di guerra civile fino all’epilogo in piazzale Loreto a Milano. Era il 29 aprile 1945 e solo da alcuni giorni l’Italia era stata effettivamente liberata.

Dopo 21 anni, la dittatura fascista pareva essere alla sua fine e tornava la speranza di una ritrovata libertà.

«Ma è sempre Aldo che ci dice di far esplodere la contentezza, intanto si vedrà. E propone: papà, offriamo una pastasciutta a tutto il paese. Bene dico io, almeno la mangia. E subito all’organizzazione. Prendiamo il formaggio dalla latteria, in conto del burro che Alcide Cervi si impegna a consegnare gratuitamente per un certo tempo quanto basta. La farina l’avevamo in casa, altri contadini l’hanno pure data, e sembrava che dicesse mangiami, ora che il fascismo e la tristizia erano andati a ramengo. Facciamo vari quintali di pastasciutta, insieme alle altre famiglie. Le donne si mobilitano nelle case, intorno alle caldaie, c’è un grande assaggiare la cottura, e il bollore suonava come una sinfonia. Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo, ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore.»

 

Procuratasi farina, burro e formaggio, caricarono un carro e arrivati alla piazza di Campegine, venne cucinata e distribuita alla popolazione. La pastasciutta fu preparata in grandi quantità e distribuita a tutti, senza distinzione. Fu un gesto simbolico per festeggiare la fine della dittatura e l’inizio della liberazione. La pastasciutta divenne così un simbolo di Resistenza.

La tradizione di distribuire pastasciutta in occasione della Festa della Liberazione è rimasta ed è ancora viva oggi. Il 25 luglio, presso l’Istituto Alcide Cervi di Gattatico (Reggio Emilia) si svolge una la grande festa: La Storica Pastasciutta Antifascista di Casa Cervi. Si è venuta a creare anche una rete delle pastasciutte antifasciste con una serie di eventi in comuni e città di tutta Italia. La pastasciutta antifascista è un esempio di come il cibo, e un alimento semplice e popolare come la pasta, possa essere momento di comunione e di umanità e condivisione sociale. La pastasciutta antifascista rimane così ricordo e simbolo di un momento importante della storia italiana, messaggio di speranza e umanità per il progresso e per il futuro.

ED ECCO LA RICETTA

Portare a ebollizione abbondante acqua salata in una pentola alta. Aggiungere la pasta e cuocere per il tempo di cottura.

Scolare la pasta e passarla in una padella precedentemente riscaldata. Aggiungere un paio di mestoli di acqua di cottura e girare la pasta in modo che si amalgami. Togliere dal fuoco e aggiungere burro e parmigiano, continuando a girare. Eventualmente mantecare ancora con un po’ di acqua di cottura e servire. Praticamente le Fettuccine di Alfredo a Roma fatti con gli Spaghetti….

 

L’avversione dei fascisti alla pasta e la lezione del futurismo

 

Si fa presto a capire la fortuna di questo semplice piatto, assunto a simbolo della Resistenza e ancora oggi replicato in questo giorno. Infatti la politica autarchica del fascismo era poco incline al consumo di pasta, proprio perché per raggiungere l’autosufficienza sul grano era necessario consumarne poco. Gli italiani nel periodo del fascismo mangiavano prevalentemente polenta al nord e pane al sud, questo non senza conseguenze per la salute pubblica. Senza contare l’avversione dei futuristi, movimento artistico, letterale e culturale nato agli inizi del XX Secolo. Fu proprio l’intellettuale Tommaso Marinetti che nel suo Manifesto della cucina Futurista dedicò un capitolo “Contro la pastasciutta”. I motivi? il consumo di pasta avrebbe portato, secondo il futurista, a rammollezza, pessimismo, nostalgia e quindi avrebbe spinto le persone ad avere una posizione neutrale nei confronti della guerra.

 

 

Ancora oggi, a distanza di 80 anni, la pastasciutta antifascista è simbolo di questa ricorrenza che unisce il paese. Una storia che viene ricordata ogni 25 aprile dall’ANPI, associazione nazionale partigiani italiani, e che ha anche una sua data.

 

 

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