SOLDI&FINANZA/ PER LA SVIZZERA GLI USA VANNO VERSO RECESSIONE E INFLAZIONE

NON BISOGNA ESSERE ESPERTI IN FINANZA PER CAPIRE CHE I DAZI USA COLPIRANNO SOPRATTUTTO I CONSUMATORI AMERICANI CHE SARANNO COSTRETTI A CONFRONTARSI CON UN AUMENTO DELL’INFLAZIONE GIA’ MOLTO SOSTENUTO E UNA PERDITA DEL POTERE D’ACQUISTO DEL DOLLARO CHE PORTANO AD UNA RECESSIONE E PERDITA DI POSTI DI LAVORO PERCHE’ POI TRUMP ABBIA VOLUTO SFIDARE QUESTE CERTEZZE RIMANE INCOMPRENSIBILE IGNORANZA O FOLLIA SI DOMANDAVANO ALCUNI ESPERTI DELLA MATERIA PROPENDO PER LA SECONDA IPOTESI DI SEGUITO UN SERVIZIO DI SVIZZERA.IT

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Dazi americani, per la stampa svizzera gli Stati Uniti vanno verso l’inflazione e la recessione

Trump e le reazioni della borsa.
 La borsa di Francoforte ha reagito male alla notizia dei pesanti dazi. KEYSTONE/DPA/Arne Dedert

La stampa elvetica, pur non capendo esattamente perché la Svizzera sia stata così duramente colpita dai dazi statunitensi, ammonisce Trump: l’effetto principale di dazi a lungo termine potrebbe essere un aumento dell’inflazione negli Stati Uniti e una possibile recessione economica.

“Oggi è il giorno della liberazione, il 2 aprile sarà per sempre ricordato come il giorno in cui l’industria americana rinasce, il giorno in cui il destino dell’America è stato ripreso, e il giorno in cui abbiamo iniziato a rendere l’America ricca di nuovo”. Lo ha detto il presidente statunitense Donald Trump annunciando i dazi nel giardino delle rose della Casa Bianca.

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Contro l’Unione Europea dazi del 20%. Ma Trump ha dazi per tutti, nemici ed alleati: tra i “nemici”, la Cina è stata colpita da un dazio del 34%, ma non va molto meglio al tradizionale alleato di Taiwan, con il 32%. Sulla stessa linea la Svizzera (31%). Vediamo come hanno reagito le principali testate elvetiche.

 

La Svizzera colpita duramente

“La Svizzera sarà colpita duramente, scrive la Neue Zürcher Zeitung (NZZ). Le sue esportazioni verso gli Stati Uniti saranno colpite da tariffe aggiuntive del 31%”. Una stangata che secondo il giornale “non si poteva subito prevedere”. In precedenza, Trump e la sua squadra di governo non avevano quasi mai criticato pubblicamente Berna, rammenta la NZZ., “Lelevato surplus nel commercio bilaterale di beni con l’America ha però reso la Svizzera un bersaglio per dei dazi punitivi”.

La strategia di Trump, continua la NZZ, “mira a ridurre il deficit commerciale, incentivare il ritorno delle fabbriche negli Stati Uniti e aumentare le entrate fiscali”. Non è però tutto oro per gli Stati Uniti. Il quotidiano liberale zurighese ammonisce che se i dazi elevati rimarranno in vigore per un periodo di tempo più lungo “l’effetto principale potrebbe essere un aumento dell’inflazione negli Stati Uniti e una possibile recessione economica, con aumenti dei prezzi dei beni di consumo e delle automobili, che influenzerebbero rapidamente gli americani”.

L’altro quotidiano zurighese, il Tages-Anzeiger, procede con una serie di domande: “Come hanno calcolato gli Stati Uniti la quota di slealtà? Trump sta imponendo nuove dazi oltre a quelli esistenti? Perché Trump sostiene che la Svizzera sta imponendo tariffe del 61% sui prodotti statunitensi, anche se quasi tutti entrano in Svizzera senza dazi?”

Le risposte a queste e altre domande, sottolinea il Tages-Anzeiger, “hanno gravi conseguenze per miliardi di persone, ma sono ancora poco chiare e incomplete”.

Per quanto riguarda la Confederazione, il foglio zurighese scrive che “la Svizzera ufficiale non sa su quali basi si sia basato Trump, quali eccezioni si applichino e perché venga trattata così duramente”.

Secondo il quotidiano Trump “vuole provocare il maggior caos possibile. Considera un segno di forza essere in grado di sconvolgere tutti gli altri. Ritiene che questo creerà opportunità per negoziare condizioni migliori per gli Stati Uniti”.

Questa politica però non convince gli stessi americani, sottolinea ancora il Tages-Anzeiger: “La maggioranza degli americani non si fida della sua politica economica, la fiducia dei consumatori è scarsa e i prezzi delle azioni sono in calo. Si profila lo spettro di una crisi economica con prezzi in aumento che difficilmente può essere affrontata con la politica monetaria”.

Donald Trump, conclude l’articolo, “si è imbarcato in un esperimento di portata difficilmente valutabile. Se fallirà, potrebbe portare il mondo dritto verso una catastrofe”.

 

 

I dazi di Trump sono destinati a fallire

L’editoriale dell’Aargauer Zeitung inizia con una frecciatina: “Proprio l’America, l’emblema del mondo libero e pioniere della globalizzazione, vuole tornare al protezionismo. Tornare all’epoca precedente la Seconda guerra mondiale”.

Per l’editorialista una cosa però è chiara: “Quasi certamente i dazi di Trump non sopravviveranno nemmeno al suo mandato. Negli Stati Uniti non c’è niente di più impopolare di un’inflazione elevata, per non parlare di una recessione. Se i dazi di Trump porteranno l’economia in questa situazione, l’umore si rivolterà rapidamente contro il presidente”.

Se l’inflazione aumenterà – scrive l’Aargauer Zeitung – “l’indice di gradimento di Trump scenderà, e lui è imbattibile in una disciplina: Invertire le decisioni”.

Per questi motivi, il quotidiano argoviese invita il Governo svizzero alla calma: “Entrare nella guerra commerciale e dichiarare forti contro-dazi sui prodotti statunitensi non porterebbe a grandi risultati. La diplomazia svizzera deve adottare un approccio più intelligente. Si spera che il libro di Trump “The Art of the Deal” sia già stato letto nei dipartimenti di Berna. È utile anche imparare a trattare con i narcisisti”.

Un’analisi un po’ diversa ce la offre la Basler Zeitung (BAZ). Il quotidiano renano spiega con una formula matematica come Trump sia giunto ai vari dazi imposti ai diversi Paesi. “L’amministrazione Trump – si legge nel contributo della BAZ – ha utilizzato una sorta di “formula magica” per calcolare quanto saranno più costose le future esportazioni per ciascun Paese”.

Quello che sembra complicato è in realtà un calcolo semplice. “L’amministrazione Trump – spiega l’articolista – ha semplicemente diviso il deficit commerciale per il volume delle esportazioni del rispettivo Paese”.

Questo cosa significa per la Svizzera? Il risultato è il seguente: nel 2024 gli Stati Uniti – chiarisce la BAZ – hanno esportato in Svizzera beni per un valore di 25 miliardi di dollari. Dalla Svizzera hanno importato beni per 63,4 miliardi di dollari. Il risultato è un deficit commerciale di circa 38,6 miliardi di dollari. Se questi valori vengono utilizzati nella formula di Trump, la cifra arrotondata è 61. L’amministrazione Trump ha gentilmente concesso a tutti i Paesi uno “sconto” del 50%, che si traduce in tariffe del 31% per la Svizzera”.

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Il calcolo degli Stati Uniti, spiega ancora il foglio renano, “si basa sul presupposto che i deficit commerciali siano sempre il risultato del protezionismo dei partner commerciali”. In altre parole, se un Paese esporta negli Stati Uniti più di quanto importa da lì, ciò può essere dovuto solo a restrizioni commerciali ingiuste.” Gli economisti – fa notare infine la BAZ – ritengono che questa ipotesi sia assurda e per questo la formula è stata fortemente criticata.

Il quotidiano di Ginevra Le Temps metta in guardia sui futuri scenari internazionali: “Questa offensiva a tutto campo metterà in discussione il sistema commerciale internazionale. Rischia di provocare ritorsioni da parte dei partner americani e aumenterà l’incertezza per le imprese e gli investitori, promettendo grandi turbolenze sui mercati”.

Qual è l’obiettivo di Trump? si chiede il giornalista: “Tassando le importazioni, Trump vuole costringere le aziende straniere a produrre negli Stati Uniti e a creare posti di lavoro. Intende inoltre generare entrate – 600 miliardi di dollari all’anno – per finanziare i tagli alle imposte sul reddito promessi agli americani”.

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Stati Uniti (18,6%)
52,7
Germania (14,7%)
41,6
Slovenia (9,3%)
26,4
Italia (7,2%)
20,4
Cina (5,7%)
16,2
Francia (4,8%)
13,5
Regno Unito (2.9%)
8,3
Giappone (2,9%)
8,1
Spagna (2,4%)
6,8
Austria (2,4%)
6,7%

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