
Che fine hanno fatto le grandi coppe gelato?
Spaghetti alla salsa di fragole, tripudi di creme, fantasiosi “pasticci” e finte uova al tegamino. In realtà le coppe gelato non sono passate totalmente di moda.
Se siete diventati grandi almeno qualche decennio fa, le coppe gelato dovrebbero essere anche tra i vostri bei ricordi. Quelli delle vacanze in qualche posto di villeggiatura, con le gelaterie aperte fino a tardi per passarci anche l’intera serata. Il gelato, lì, si serviva non solo in cono da passeggio, ma in coppe dalle forme fantasiose e dal contenuto ancor di più. Certo, oggi i locali di qualità puntano sulla bontà di creme che a volte proprio è un peccato condire e “imbellettare” con altro, tanto son buone da sole. Ma anche tra i bravi gelatieri c’è qualche nostalgico (come noi) che, specie d’estate, rimette mano a ricette orgogliosamente d’altri tempi. Quello di seguito è un piccolo itinerario tra passato e presente di coppe vintage, mangia e bevi, gelati trompe-l’œil e dessert all’americana.

Non parliamo di sfavillanti orchestrazioni anni ’90 tutte ombrellini, codette e glasse colorate, ma di un antesignano più nobile. La pesca Melba è la madre di tutte le coppe gelato e può vantare natali firmati. Da uno dei più grandi: il francese Auguste Escoffier, “cuoco dei Re e Re dei cuochi”.

Fu lui, ammaliato dalla voce della leggendaria Nellie Melba, a ideare ai primi del Novecento un dessert che fosse alla sua altezza. Pensando al maestoso cigno che appare nel primo atto del Lohengrin di Wagner aggiunse delle pesche a un letto di gelato servito in una coppa d’argento, incastonata tra le ali di un cigno di ghiaccio. La gelateria Maradeiboschi di Torino, oggi, la prende un poco meno sul serio, con una versione più pop ma ugualmente golosa: una coppa colma di gelato alla vaniglia, pesche sciroppate, lamponi farciti di crema pasticcera e mandorle tostate a lamelle.
Nostalgia di casa e disinibito food design, si combinano in un successo internazionale. Questo primo che in realtà è un dessert, da allora, si vede un po’ ovunque, con poche deroghe rispetto alla ricetta originale. In Veneto, nelle sedi della Gelateria Vaniglia, di spaghetti gelato ne esistono però ben quattro: classici, arcobaleno (con panna montata e crema di nocciole), all’amarena, nonché guarniti con cioccolato e banana.

E poi ci sono le Uova al Tegamino
Sulle origini delle uova al tegamino “in salsa dolce”, ahinoi, non ci sono fonti certe. Anche loro appartengono al periodo delle gelaterie con tavoli all’aperto (rigorosamente in plastica) e schiere di recipienti in tutte le fogge, utili a preparare un lungo menu di composizioni. In questo caso il contenitore è protagonista quanto il contenuto: una vera e propria cocotte di ceramica, del tutto simile a quella dell’uovo al tegame. E con tanto di piccole maniglie.

Mentre in Puglia il Bar Fiamma di Margherita di Savoia è al lavoro dal 1919, è parecchi decenni dopo che ha preso a servire le sue “ingannevoli” coppette, senza più fermarsi: gelato al fior di latte, pesche sciroppate e — se sul “tuorlo” vi piace il “pepe” — una grattugiata di cioccolato fondente.
Paciugo ligure
Un po’ onomatopeico, in ogni caso molto evocativo il nome di questa tipicità della Liguria. In tanti, in vacanza sul litorale, l’avranno assaggiata. Forse, però, non l’originale. La composizione di gelato alla crema, gelato di lampone, panna, lamponi freschi e sciroppo di granatina venne infatti servita per la prima volta nel 1941 dalla signora Lina Repetto al suo Caffè Excelsior di Portofino.

A chi le chiedeva il nome, rispondeva senza remore: “Ho fatto un paciugo!”, ovvero un pasticcio. Questa preparazione estemporanea sarebbe diventata il gelato più servito tra i tavolini del Tigullio, mentre allo storico caffè, la gioiosa combinazione rosata oggi si serve anche in una veste più elegante.