L’ombra dei dazi, agisce già come i dazi. O quasi… Così come l’effetto annuncio in Borsa produce già le sue conseguenze sui titoli prima ancora che l’evento abbia corso. Vinitaly 2025 presentato oggi a Roma alla sua 57esima edizione ha per così dire sorvolato sul problemi dei dazi sul vino che Trump ha annunciato di voler adottare, senza approfondire il tema in termini di costi, sacrifici e crisi per le piccole aziende vitivinicole. Probabilmente lasciando la discussione di questo tema allo scenario piu’ importante, quello di Veronafiere tra pochi giorni, quando aprira’ i battenti la kermesse che vede protagonisti tutti gli operatori e buyers del settore, produttori e wine-lovers. Gli Usa con 1,9 miliardi di euro rappresentano il primo paese importatore di vino italiano, un dato che lo scorso anno è cresciuto del 10,2% sul 2023. Ma i dazi sono una specie di ombra, o meglio di fantasma che aleggia, da quando Trump si è insediato, sulle nostre economie, in Europa, e sul mondo del vino in particolare perchè gli Usa rappresentano il nostro più importante canale di sbocco. L’export in sostanza si gioca in buona parte negli Usa. Ma è stato Paolo Castelletti, direttore generale dell’Unione italiana Vini, che con i numeri ha a che fare, a sottolineare, a margine della presentazione della 57ma edizione del Vinitaly, che: “I dazi sono già applicati anche se non esistono perché le esportazioni sono bloccate, gli importatori gli americani hanno bloccato l’importazione dei nostri vini temendo di dover farsi carico loro del dazio perché non c’è una norma che quantomeno adesso escluda dai dazi i prodotti che sono in transito”. E il rischio potrebbe ulteriormente aggravarsi: “Quindi nel momento in cui fossero sottoposti a dazi anche i prodotti in transito, a quel punto il dazio ricadrebbe sull’importatore, questo vorrebbe dire sostanzialmente fallire”, ha spiegato Castelletti.
