MOVIE/ IL CINEMA PRIMA E DOPO CABIRIA

Il primo vero Colossal. Il cinema si distingue in prima e dopo Cabiria, il più famoso film italiano del cinema muto. Con effetti speciali, spettacolarizzazione e dal punto di vista tecnico l’introduzione dell’uso del carrello e scenografie grandiose, il film delinea un prima o un dopo. Girato a Torino negli stabilimenti sulla Dora Riparia fu il più lungo film italiano prodotto dei suoi tempi (3.364 metri di lunghezza circa per tre ore e dieci minuti di spettacolo) e anche, di gran lunga, il più costoso: un milione di lire a fronte del finanziamento medio per un film dell’epoca di cinquantamila lire. Alcune scene del film vennero girate anche in Sicilia, sulle Alpi e in Tunisia, e contrariamente a quanto si crede, il film fu diretto da Giovanni Pastrone e non da Gabriele D’Annunzio che conferì alla storia una nobiltà altrimenti assente ma si limitò come sceneggiatore a intervenire su alcune parti intervallate da didascalie “letterarie” ed accettò l’incarico solo per ripianare parte dei propri debiti.

 

Pastrone ebbe la lungimiranza, per il successo commerciale del film, di creare un prodotto che riunisse le esigenze di uno spettacolo popolare a quelle della cultura borghese. Partendo da un suo soggetto che narrava le vicende di una fanciulla durante la seconda guerra punica egli ricavò

Fu proprio D’Annunzio a ideare il nome “Cabiria”, “nata dal fuoco”, e a volerlo come titolo della pellicola, in quanto nome della protagonista che il dio Moloch vuole sacrificare. Sebbene però l’intera sceneggiatura sia stata attribuita a D’Annunzio, in realtà il poeta si limitò a inventare i nomi dei personaggi e a comporre le auliche didascalie. La redazione di tali didascalie in una lingua alta «ha una serie di effetti notevoli: muta la struttura testuale, muta la forma dell’enunciazione, muta i singoli enunciati. Si intende promuovere il pubblico a un tipo di esperienza privilegiata, assolutamente inedita rispetto ai suoi standard linguistici e non più fondata su una serie di dati di carattere informativo.  Per quanto riguarda invece gli elementi narrativi utilizzati per la scrittura del film, furono tratti in gran parte dai romanzi come Cartagine in fiamme di Emilio Salgari  e  Salambò di Gustave Flaubert.

Scritto e titolato da Gabriele D’Annunzio, la creatura del 1914 di Giovanni Pastrone dura più di tre ore e costa come venti film del tempo. Ma ha cambiato l’immaginario cinematografico

 

Creare un’esperienza visiva senza precedenti, il capolavoro assoluto, l’opera d’arte totale: questo ha in mente Giovanni Pastrone quando, nel 1914, realizza il suo Cabiria, il primo kolossal che avrebbe dato vita a una forma di cinema che non avrebbe più smesso di affollare le sale cinematografiche costruendo un nuovo immaginario. Cabiria è l’origine di tutto. Cabiria è un’opera che per gli storici del cinema amplia gli orizzonti tecnici e narrativi del cinema muto, ponendo le basi della spettacolarizzazione di una settima arte spesso musicata dal vivo, in sala, con partiture originali e non, eseguite da pianisti e perfino intere orchestre. Pastrone è il primo a usare il carrello, che permette alla macchina da presa di muoversi fluidamente, liberando la narrazione dall’immobilismo della cinepresa statica e aprendo la strada a un racconto visivo più dinamico e coinvolgente. Ma Cabiria è anche scenografie grandiose e un uso massivo di effetti speciali; è una rivoluzione che impone i nuovi standard delle produzioni a venire. Dall’eruzione dell’Etna alle epiche battaglie tra Romani e Cartaginesi, ogni scena della storia si trasforma in un quadro di imponente spettacolarità, contribuendo a creare quell’estetica che diventerà il marchio di fabbrica dei grandi film storici successivi.

L’impatto culturale dell’opera è mostruoso: Cabiria rafforza l’immagine dell’Italia come culla di una straordinaria tradizione artistica e culturale, esaltando episodi epici del passato e alimentando il senso di una identità nazionale. La sua rappresentazione del mondo antico diventa modello per innumerevoli produzioni successive, influenzando il modo in cui la storia verrà raccontata sul grande schermo. E poi c’è lui, Maciste, interpretato da Bartolomeo Pagano, che nasce con Cabiria e che grazie alla sua forza e nobiltà d’animo s’impone come modello conquistando il pubblico e originando una lunga serie di film incentrati sulle sue gesta.

Prima di Cabiria, il cinema è un’arte ancora giovane, legata a produzioni brevi e a una narrazione elementare. Il kolossal di Pastrone cambia tutto, ridefinisce il concetto di spettacolo cinematografico. Dall’altra parte dell’Atlantico, registi come DW Griffith lo studiano e imparano: il suo “fondativo” Intolerance esce due anni dopo. Hollywood nasce così dalla scintilla torinese.

Dietro tutto ciò c’è un uomo, Giovanni Pastrone, nato ad Asti nel 1883, visionario e pioniere del cinema muto. Il suo capolavoro è stato al centro di un recente convegno internazionale organizzato all’Università di Torino e curato dalla storica del cinema e prorettrice Giulia Carluccio e dal docente di cinema e comunicazione audiovisiva Silvio Alovisio, dal titolo Cabiria Atlas. Percorsi transdisciplinari tra immagini e immaginario, intorno e oltre Cabiria. Che ci ricorda anche quanto Cabiria sia un film da rivedere.

 

 

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