La grande mostra sul Surrealismo al Pompidou di Parigi fino al 13 gennaio 2025
La mostra che celebra i 100 anni di Surrealismo è una di quelle che ricorderemo: da Dalí a Carrington, da Magritte a Tanning, fino a De Chirico ed Ernst, il Centre Pompidou rende omaggio agli artisti che hanno indagato l’inconscio come nessun altro.
Il Surrealismo quest’anno ha compiuto cent’anni ma conserva ancora una potenza trascinatrice che la mostra Surréalisme in corso al Centre Pompidou di Parigi, incanala in un percorso espositivo centrifugo. La cui forza si genera dal suo Manifesto, quello originale di André Breton prestato dalla Bibliothèque National de France, posto ad animare una mostra pensata dai curatori Didier Ottinger e Marie Sarré come un labirinto. Vi si accede dalla bocca spalancata di un mostro, stile giardino di Bomarzo, e si procede catapultati direttamente al centro dove, dopo aver letto le intenzioni programmatiche che il movimento voleva darsi, si comincia ad avere contezza di quali siano state le strade intraprese. Intanto quella di non ritorno nei territori dell’inconscio e del mondo onirico, a fronte di un’inevitabile fascinazione per il maître à penser, Freud, che all’inizio del Novecento ne aveva sdoganato la credibilità e dunque la sua imprescindibile rilevanza.
Nelle quattordici sezioni, disposte per cerchi concentrici, consacrate all’Olimpo letterario di riferimento dei surrealisti, Carrol, Sade, Lautrémont, e ai contenuti ricorrenti, il sogno, la foresta, la pietra filosofale, l’eros, la chimera, la notte, si incontrano capolavori come Le Grand Masturbateur di Salvador Dalí, Le chant d’amour di Giorgio De Chirico, Les Valeurs personelles e L’Empire des lumieres di René Magritte, Chien aboyant a la lune di Joan Mirò, accanto ad una intrigante documentazione di disegni, filmati e immagini. Ampio spazio anche alla componente femminile, Leonora Carrington, Ithell Colquhoun, Remedios Varo, Dora Maar (con una selezione fotografica davvero ipnotica), Dorothea Tannig, rappresentanza che raggiunge il definitivo posizionamento nel consesso maschile a fronte dell’autorevolezza e della visibilità capitalizzata di recente in almeno due palcoscenici espositivi, ne La grande Madre di Massimiliano Gioni del 2015, a Palazzo Reale di Milano, e nella Biennale di Venezia del 2022, curata da Cecilia Alemani. Come pure non mancano inclusioni di artisti internazionali, quali Helen Lundeberg, Rufino Tamayo, Tatsuo Ikeda, Wilhelm Freddie, che a differenti latitudini e in asimmetriche cronologie aderirono al gruppo o da esso si dichiararono esplicitamente ispirati.
Dei due riferimenti teorici sui quali Breton intendeva incardinare il movimento, il pensiero freudiano e la teoria marxista, la mostra insiste soprattutto sul primo. Più in ombra appaiono i rapporti tra surrealismo e comunismo, i ruoli politici e lo schieramento del movimento o dei singoli soggetti che pure si consumarono attraverso plateali rotture tra i membri più intrisi di direttive staliniste, Éluard e Aragon. Si sceglie piuttosto la strada di un confronto storico con gli avvenimenti incombenti: la guerra coloniale della Francia in Marocco che segna il debutto politico del movimento, nel 1925, e l’avvento dei totalitarismi. Mettendo in luce ancora una volta la forza visionaria del Surrealismo con il lancio, nel 1933, della rivista Minotaure, un anno prima dell’ascesa di Hitler. A campeggiare è la terrificante figura mitologica, sempre in copertina, materializzazione iconica di ben altri mostri, reali e devastatori di un’Europa alle soglie della guerra. In compagnia dell’angelo del focolare The Fireside Angel, scelto come manifesto della mostra. In realtà una bestia furiosa e sterminatrice dipinta da Max Ernst 1937 dopo la sconfitta dei repubblicani spagnoli nella guerra civile.
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