BERLINO CELEBRA I 35 ANNI DALLA CADUTA DEL MURO CON GRANDI MOSTRE EVENTI E VISITE GUIDATE RIEVOCANDO QUELLA STORICA NOTTE DEL 9 NOVEMBRE 1989 QUANDO DOPO 44 ANNI LA GERMANIA SI RIUNIFICAVA E I TEDESCHI RIDIVENTAVANO UN SOLO POPOLO E UNA SOLA NAZIONE UNA OCCASION PER VISITARE IL CHECKPOINT CHARLIE POSTO DI CONFINE OGGI SEDE DEL MUSEO DOVE SONO DOCUMENTATI I PIANI DI FUGA PIU’ INGEGNOSI E L’EST SIDE GALLERY LA PARTE PIU’ PITTORESCA DEL MURO DIPINTA DAGLI STREET ARTISTS DI TUTTO IL MONDO A COMINCIARE A KEITH HARING UN VIAGGIO PER CHI ANCORA NON HA POTUTO VISITARLA DENSO DI STORIA E UN’OCCASIONE PER CONOSCERE UNA METROPOLI MODERNA RICCA DI EVENTI E DI SUGGESTIONI
)((ph, tutte simonetta ramogida)
”NO WALL 1989”
Sono passati trentacinque anni dalla caduta del Muro di Berlino. Die Mauer è diventato il monumento involontario di quella separatezza tra le due Germanie, che portò così tanta sofferenza nei berlinesi, spezzato le vite di quanti non tolleravano il loro quotidiano ad est, e caddero nel tentativo di oltrepassare quel limite invalicabile sotto il fuoco esploso dal fucile di un altro berlinese. Che stava però di là da quella cortina di ferro. Berliner Mauer ebbe ovviamente un forte impatto emotivo, sociale e culturale, non solo sui cittadini di Berlino o della Germania, ma anche nel resto del mondo. Die Mauer separò, apparentemente per sempre, famiglie e amicizie, lasciando entrambe le parti della città, dopo l’incredulità iniziale, nello sconforto e nella disperazione. Il Muro divenne così una delle rappresentazioni fisiche della Cortina di ferro della Guerra Fredda con la separazione in due blocchi dell’Europa.
Nel 1989 all’indomani della caduta del Muro tutti i berlinesi si riversarono sotto la Porta del Brandeburgo e le manifestazioni davanti al Muro si susseguirono per giorni e giorni. Anch’io presi un aereo e volai a Berlino. Un Muro è una parola afona, non detta che però significa sempre ‘‘alt’’ e definisce un di qua e un di là. Ma che succede se su un Muro che è esso stesso un simbolo su cui proliferano altri segni? Col Muro esplode il graffitismo che si era già affermato in America tra la fine degli anni settanta e gli ottanta dove artisti metropolitani come Keith Haring avevano saputo esprimere, primi in assoluto, il proprio segno che rimane per sempre e che ancora oggi è riconoscibile e definito come arte: il suo bambino raggiante e radioattivo (the radiant child).
lI fenomeno dei graffiti nasce alle fine degli anni settanta a New York ed è legato alla metropoli e al disagio che le grandi città creano. Già allora, molti artisti non conosciuti avevano scelto i grandi spazi lasciati vuoti dal degrado urbano o dalle strutture abbandonate per esprimere una loro idea di plasticità e decoro. I graffiti, cominciano a diffondersi in quartieri come il Bronx ed Harlem come semplici scritte sui muri delle periferie dei sobborghi più degradati dei neri o degli ispano-americani nella grande mela. Sono proprio i muri di New York per primi ad essere interessati dal movimento artistico underground: decorati con un linguaggio grafico fatto di immagini e di parole, conquistano subito i turisti europei. In molte capitali del vecchio continente, prima fra tutte Parigi i graffiti arrivano con lo slang della musica rap e hip-hop e diventano sinonimo di libertà espressiva e trasgressione, accompagnano la contestazione dei finti valori della società opulenta dei consumi. In Italia è Francesca Alinovi, docente del Dams a Bologna a portare un gruppo di artisti che chiamavano ”i ragazzi dei treni”, dove però i treni sono le metropolitane. Tra loro si mescolano anche Keith Haring, la cui arte esploderà qualche anno dopo: nel 1984 dipinge infatti a Milano il negozio dello stilista
Fiorucci, negli anni settanta questo ragazzo delicato di cui rimarrà impresso per sempre nella storia il suo segno, diceva di fare semiologia. Un altro ragazzo che porterà il graffitismo in auge è Michel Basquiat (1982). Il Dams in quegli anni ha contato molto nel mondo della semiologia. Il clima degli anni ottanta amava soprattutto i colori scintillanti. Tutto il gruppo di artisti di quegli anni proveniva direttamente o indirettamente dalla Factory di Andy Warhol, o certamente a lui si ispirava. Oggi i nipotini di quell’onda magica che attraversava le banlieu delle metropoli e stabiliva che il segno stesso era arte coniando un nuovo linguaggio che sfuggiva alle regole, vengono chiamati a decorare le facciate dei palazzi delle periferie metropolitane alla ricerca di una bellezza che l’urbanizzazione ha cancellato.
La storia del Muro di Berlino è singolare, perchè furono proprio gli artisti underground a disegnare The Wall, e non è neppure un caso il titolo che i Pink Floyd hanno voluto dare al loro album, in cui il Muro fa da sfondo al video girato dal gruppo rock. Die Murer rappresenta ad un certo punto della storia non più solo la Cortina di Ferro che i due blocchi della Guerra Fredda avevano costruito perchè la ‘separatezza’ fosse evidente. Diventa, loro malgrado una tendenza culturale, il miraggio della libertà, l’arte dei graffiti che si espande in tutte le grandi metropoli, e viene definita ‘arte di frontiera’, arte di strada, non è neanche un caso che i graffiti vengono disegnati nella parte occidentale del Muro, con una combinazione simbolica di surrealismo, mista ad espressionismo, a cubismo fino alla transavanguardia. Ma la cosa importante è che i critici d’arte sono ormai costretti a riconoscere nei graffiti quella corrente sotterranea dell’underground. Proprio Keith Haring organizzatore di mostre allo Studio 54 della grande Mela, dissemina di graffiti la superficie e le cavità sotterranee delle subway newyorkesi. Haring è solo il primo degli artisti a dipingere Die Mauer. Altri lo seguiranno. Questo significa che l’arte d’avanguardia ha dissotterrato l’ascia di guerra ed è diventata arte di frontiera, di confine, proprio perchè’ nasce in alcuni sobborghi di New York come South Bronx e Lower Est Side, e da qui si diffonde in Europa, nel resto del mondo.
E’ un pregiudizio credere che i graffiti siano arte selvaggia, naif, arte incolta. In Italia è al Dams di Bologna che si studiano i segni di questa corrente sotterranea che vede nell’esplosione del colore il suo tratto distintivo. Oggi il graffitismo si presenta come un fenomeno traversale e complesso, che non ha niente in comune con la deturpazione vandalica dei monumenti, ma si rifà all’arte povera nel senso di arte nata nei ghetti delle grandi metropoli, al neoeclettismo, e si contamina con i ‘segni’ del nostro tempo che vengono poi raffigurati nella pubblicità, nella moda. Se si guarda alle raffigurazioni sul Muro, si possono tradurre i ‘segni’, e realizzare che tutto quanto è stato graffitato dagli artisti ha a che fare con la realtà di quel momento, in quello o in altri luoghi del mondo.
‘’Il Muro è la dimostrazione più eclatante del fallimento del comunismo’’, sottolineò Jhon Fitzgerald Kennedy nella sua memorabile visita a Berlino. ‘’Sono orgoglioso di dire: IO SONO UN BERLINESE’’, aggiunse tra gli applausi di tutta la popolazione accorsa ad ascoltarlo. A distanza di tempo in occasione del quarantesimo anniversario della DDR, fu chiesto a Gorbaciov di abbattere Die Mauer. Dalla Polonia il sindacalismo di Solidarsnov arruolava le fila e a un mese dalla caduta del Muro, l’Ungheria aveva già aperto le frontiere. Tutto ciò aveva preparato la ‘rottura’ del Muro.
Benvenuti nel paese senza Die Mauer, dove una città importante come Berlino grazie alla sua riunificazione risorge e vive un grande momento di rinascita storica ed esplosione artistica, architettonica, attraverso la ricostruzione della città dove vengono peraltro abbattuti molti dei palazzi storici, ma cupi e grigi che ancora portavano i segni della seconda guerra mondiale soprattutto nei fori lasciati dalle mitragliatrici sui prospetti delle case, quasi sempre ad altezza d’uomo, e dove adesso finalmente la costruzione di palazzi più moderni diventa il segno inequivocabile di una nuova nascita.
Nel 1986 il Mauermuseum decise di rivolgersi a uno dei più grandi artisti e writer del momento per realizzare un graffito su una porzione di muro lunga circa 300 metri. L’artista era il grande Keith Haring (1958 – 1990), che accettò la proposta e si recò a Berlino proprio in quell’anno, il 1986. Keith Haring, all’epoca, era già un artista famoso, e il suo arrivo a Berlino fu anche un po’ un evento mediatico: i lavori furono quindi ampiamente documentati. Gli assistenti dell’artista ricoprirono la porzione di muro da dipingere con una tinta gialla, e il giorno dopo Keith Haring completò l’opera, impiegandoci appena sei ore. L’intento di Keith Haring non poteva che essere uno: distruggere il muro dipigendolo, come poi dichiarò.
La sua opera rappresentò anche una sfida di carattere pratico. Perché per lavorare nel migliore dei modi, Keith Haring dovette anche oltrepassare il confine. Le guardie della Berlino Ovest, mentre lavorava, tramite megafoni lo avvisavano dei rischi che correva se avesse provato a scavalcare il confine: avrebbe potuto essere arrestato. Le guardie dell’est, dal canto loro, vollero verificare che il dipinto di Keith Haring non oltraggiasse la DDR: solo quando capirono il messaggio dell’opera, l’artista fu libero di continuare senza impedimenti il suo lavoro.
Il grande murale di Keith Haring infatti aveva l’obiettivo di veicolare un messaggio di unione e concordia tra i popoli della Germania Est e della Germania Ovest. Sulla grande base gialla, Keith Haring dipinse una lunga catena di figure umane congiunte attraverso l’unione delle mani e dei piedi. Queste figure furono realizzate con il rosso e il nero, così che il murale, una volta finito, non aveva che tre colori, quelli della bandiera tedesca: giallo, rosso e nero. E le figure sono quelle tondeggianti e sinuose, costituite solo da una linea chiusa, tipiche dello stile di Keith Haring. Così come tipiche sono le piccole linee che evidenziano i movimenti, i gesti, le espressioni dei personaggi. Un messaggio, dunque, privo di qualsiasi tipo di provocazione: solo l’auspicio di poter vedere un giorno i due popoli riuniti. Tanto che il messaggio non era rivolto a nessuna delle due zone di Berlino in particolare, secondo gli intenti di Keith Haring: il messaggio doveva essere universale. E per vedere i due popoli riuniti, l’artista e il mondo intero dovettero aspettare solamente tre anni. Quasi esatti, perché il dipinto di Keith Haring è datato 23 ottobre 1986. Si trattò di un’opera che fece discutere, anche se il dipinto fu poi coperto con della vernice grigia ma rimangono però le immagini a documentare l’importanza di un messaggio che, al contrario dell’opera, durerà in eterno.
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