LIFESTYLE/ GIANNI BERENGO GARDIN QUANDO LA FOTOGRAFIA RENDE GIOVANI…AUGURI AL MAESTRO CHE COMPIE 94 ANNI E CHE NON HA MAI SMESSO DI GUARDARE IL MONDO DAL MIRINO

GIANNI BERENGO GARDIN E’ UNO DEI MIEI FOTOGRAFI PREFERITI. LO SEGUO DA QUANDO HO INIZIATO AD ANDARE IN GIRO PER L’ITALIA PER MOSTRE FOTOGRAFICHE. E MI SORPRENDE SEMPRE. UNO DEGLI ULTIMI SUOI LAVORI CHE RAPPRESENTA LE GRANDI NAVI DA CROCIERA A VENEZIA MI HA GRAFFIATO IL CUORE. OGGI COMPIE 94 ANNI. A LUI ANCHE IL MERITO DI AVER TESTIMONIATO CON I SUOI SCATTI L’ORRORE DELLE NAVI DA CROCIERA IN LAGUNA…

 

Gianni Berengo Gardin è nato a Santa Margherita nel 1930, vive a Milano dal 1965. Ha collaborato con le principali testate della stampa nazionale e internazionale, ma si è principalmente dedicato alla realizzazione di libri fotografici, con oltre 260 volumi pubblicati. Per il Touring Club Italiano ha realizzato un’ampia serie di volumi sull’Italia e sui Paesi europei. Ha lavorato per l’Olivetti e le maggiori industrie italiane con reportage e monografie aziendali. Il suo archivio contiene circa due milioni di scatti rigorosamente in bianco e nero che spaziano dal reportage umanista alla descrizione ambientale, dall’indagine sociale alla foto industriale, dall’architettura al paesaggio. Ha tenuto oltre 350 mostre personali in Italia e all’estero e le sue immagini fanno parte delle collezioni di importanti musei e fondazioni culturali internazionali, quali il MoMA di New York, la Bibliothèque Nationale de France e la Maison Européenne de la Photographie di Parigi, il Musèe de l’Elysée di Losanna, il Centro de Arte Reina Sofia di Madrid. Tra i numerosi premi ricevuti, il Leica Oskar Barnack nel 1995, nel 2008 il Lucie Award alla carriera, nel 2014 il Premio Kapuscinski per il reportage e nel 2017 il Leica Hall of Fame Award. Tra i diversi libri, con Contrasto ha pubblicato: Gianni Berengo Gardin (2005), Il racconto del riso (2013), Il libro dei libri (2014), Manicomi (2015), Venezia e le grandi navi (2015), Vera fotografia (2016), In festa. Viaggio nella cultura popolare italiana (2017), La più gioconda veduta del mondo (2019), In parole povere (2020), L’occhio come mestiere (2022). Il suo archivio e la sua produzione sono gestiti in esclusiva da Fondazione Forma per la Fotografia.

 

 

Ci sono poeti che hanno bisogno di una penna e un quaderno, un taccuino, un semplice foglio di carta bianca – oggi forse un computer – dove annotare l’emozione, per poter scrivere una poesia. Ci sono poeti che hanno bisogno di una macchina fotografica per trasmettere la poesia in una immagine. Per Gianni Berengo Gardin la fotografia guarda in continuazione a luci ed ombre, riflessi e rimandi tra l’occhio fotografico e la realtà immortalata dalla sua Leica. L’attenzione per i dettagli, i gesti, gli sguardi delle persone, gli oggetti sia piccoli o grandi mostrano sempre la poesia, la bellezza, la forza, la violenza e l’architettura storica. Anche quando la fotografia è di denuncia. Anche quando il suo lavoro – ostinato – svela tratti spigolosi, intraducibili della realtà quotidiana.

 

 

Le fotografie di Gianni Berengo Gardin (classe 1930) sono queste, e da sempre hanno raccontato il nostro tempo e il nostro Paese negli ultimi sessant’anni e hanno accompagnato e a volte costruito una visione dell’Italia nostra. Scatti in bianco e nero in cui c’è il mondo del lavoro con le sue trasformazioni, c’è l’estero ma soprattutto il nostro Paese con tutte le sue contraddizioni, il nord e il sud, le città e i paesini con molti emarginati e pochi privilegiati. Nel realizzarle, è sempre partito proprio da quell’esterno, dal lontano, per poi avvicinarsi al vicino e al particolare, “un buon percorso per conoscere l’uomo”, come ha dichiarato nel suo libro, Come in uno specchio, edito da Contrasto in occasione della mostra fotografica per i suoi 90 anni a Milano.

 

 

 

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