ART/ BOTERO UNA MOSTRA A ROMA A UN ANNO DALLA SCOMPARSA A PALAZZO BONAPARTE

 

Botero

Fernando Botero. Ballerina alla sbarra, 2001 Olio su  tela, 164×116 cm. Collezione privata – Foto di Gianfranco Fortuna per Arthemisia

 

 

La grande mostra è la prima grande esposizione a un anno dalla morte del maestro colombiano, ritenuto oggigiorno uno dei pittori più importanti del XX secolo e il cui principale risultato fu la creazione di uno stile unico e originale, con cui riuscì a esaltare i volumi come mai visto prima nella storia dell’arte.
Con oltre 120 opere, la mostra esplora la produzione intensa, prolifica ed eccezionale che distinse Botero nella sua sperimentazione con le diverse tecniche di cui si fece maestro nel corso della sua carriera, inclusa la pittura ad olio, la scultura, i pastelli, il disegno a matita, i carboncini e le sanguigne, a dimostrazione della profondità e della versatilità del suo lavoro.
Botero, un classico del XX secolo, rimase sempre legato alla tradizione dei grandi maestri, e l’Italia, sua seconda patria, svolse un ruolo cruciale nel suo sviluppo artistico. Fu qui che, all’inizio degli anni ’50, mentre studiava le immense forme e gli straordinari colori della pittura del Quattrocento, comprese il proprio interesse quasi innato per i volumi, e cominciò la sua trasformazione stilistica.
Nonostante il suo animo cosmopolita, Botero non scordò mai le sue origini colombiane: trasformò i propri ricordi della Colombia e della sua infanzia nei temi principali delle sue opere. Affermava di essere “il più colombiano dei colombiani” e seppe integrare l’essenza della sua terra natia nella tradizione rinascimentale italiana.
Benché per il grande maestro l’arte dovesse produrre piacere, si allontanò brevemente da tale premessa per affrontare alcuni temi di denuncia in due serie: una dedicata alla violenza in Colombia e l’altra alle torture perpetrate ad Abu Ghraib, in Iraq.
Spese fino all’ultimo dei suoi giorni, come disse lui stesso, “ad apprendere la complessa tecnica della pittura“; quando, nel 2020, gli chiesero: “Cosa le piacerebbe fare?“, con grande umiltà rispose: “Imparare a dipingere. L’aspetto meraviglioso della pittura è che nessuno può decidere di saper dipingere. La pittura, ogni singolo giorno, ti porta a percorrere nuove strade e a non smettere mai di fare pratica“.
Fernando Botero morì il 15 settembre 2023 realizzando il suo sogno di continuare a lavorare fino all’ultimo, lasciando un’eredità monumentale che continua a ispirare il mondo dell’arte.

 

Prima sezione – Versioni

 

Botero, profondamente innamorato della pittura e portato per l’arte come pochi altri, si è guadagnato un posto nel pantheon delle eccellenze studiando le opere dei grandi maestri classici e confrontandosi con esse. Inizialmente lo ha fatto presso il Museo del Prado di Madrid, durante l’apprendistato, dove è stato copista delle opere di Velázquez e Goya, poi studiando i grandi maestri del Rinascimento italiano in Toscana. Nel tempo, poi, ha sviluppato un interesse per le creazioni di Dürer, Van Eyck, Rubens, Ingres e Manet. L’ammirazione per i maestri della pittura ha lasciato un segno indelebile in tutte le sue opere: era ben consapevole che la grandezza, nell’arte, ha sempre origine da una conoscenza profonda della tradizione. Inarrestabile, Botero è stato un classico moderno, convinto che “la ricchezza di un artista consiste nel connubio delle influenze che ne hanno segnato la vita e il lavoro“.
Fin dal primissimo viaggio in Europa nel 1952, egli ha realizzato numerosi omaggi a sommi esponenti della storia dell’arte universale, che influenzarono e arricchirono la sua vita artistica.
Omaggi che si si sono tradotti in una serie di Versioni, in cui si è appropriato di temi creati da altri per trasformarli, con il proprio stile, in opere originali completamente diverse. E così, benché il tema di partenza fossero le opere di Leonardo, Velázquez o Piero della Francesca, il linguaggio è rimasto chiaramente quello di Botero. Sono versioni meravigliose perché danno vita a opere diverse, che sono proprio dello stile “Botero”.
Alcune delle sue versioni più celebri tratte da opere dei grandi maestri sono esposte in questa sezione. La Menina (“La damigella d’onore”), che cita Diego Velázquez (1599-1660), El Diptico (“Il dittico”), ispirato a Piero della Francesca (ca. 1416-1492), El Matrimonio Arnolfini, (“Il matrimonio Arnolfini”), che riprende Jan van Eyck (ca. 1390-1441), oppure Mademoiselle Rivière, ispirato a Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1867), La Fornarina, citazione di Raffaello, o El retrato de los Burgueses, che riprende Rubens.
L’arte“, insisteva Botero, “è la possibilità di ricreare la stessa opera in modo differente“.

Seconda sezione – La scultura
La mia estrema passione per la forma mi ha portato alla necessità di trasformare i soggetti della mia pittura in veri e propri volumi tridimensionali e tattili“, diceva Botero, che chiedeva sempre alle persone di toccare le sue  sculture.
Non a caso Bernard Berenson, il leggendario storico dell’arte americano e uno dei massimi esperti del Rinascimento italiano, ha parlato di “valori tattili nella pittura”. Le sue lezioni, che il ventenne Botero seguiva a Firenze, si sarebbero rivelate decisive per la sua carriera.
Ha iniziato a scolpire a metà degli anni Settanta con opere di piccolo formato. Il suo primo modello fu la sua stessa mano. Ogni estate andava a Pietrasanta, in Toscana, una città con una straordinaria tradizione scultorea e dove c’erano sette fonderie.

Terza sezione – Disegni
Per il maestro il disegno era la base di tutto: era convinto che senza saper disegnare era quasi impossibile creare qualcosa che facesse la differenza. Affermava che “non si può pensare a nessun grande artista senza pensare alla sua capacità di disegnare“.
In quasi tutti i bozzetti o gli schizzi preparatori, Botero ha rivendicato l’importanza del disegno come preparazione e come opera a tutti gli effetti.

Quarta sezione – La natura morta
Alla fine del XX secolo non erano molti gli artisti che si cimentavano ancora sul tema delle nature morte, genere che invece ha esercitato un grande fascino su Botero, che quindi lo ha fatto diventare uno dei suoi temi ricorrenti. Una cosa è certa: grazie all’uso inaspettato che vi ha fatto del colore, ci ha fatto capire perché affermasse che fossero proprio i colori a dominare nelle sue composizioni equilibrate. Quando ha iniziato ad interessarsi alle nature morte come genere distintivo e specifico, le sue creazioni mostravano un chiaro riferimento alla tradizione pittorica olandese, e la manifestazione di uno stile che rifletteva l’esuberanza delle sue origini latinoamericane, tanto nel colore quanto nell’esaltazione completa dei volumi.
Con le nature morte l’artista rivendica qualcosa di fondamentale: più che il tema in sé, ciò che conta è soprattutto lo stile.
Il tema è talmente poco importante che praticamente scompare. Quello che conta e che va messo in risalto in una natura morta è lo stile specifico e individuale dell’artista“. “È la capacità creativa di fare qualcosa di distintivo, che vive dentro a una persona e si plasma nel quadro in funzione di una grande emozione”. 

Quinta sezione – I pastelli
Fernando Botero ha trascorso la sua vita sperimentando tutte le tecniche pittoriche. Il pastello era una di queste. Di fronte ai problemi della pittura, che non ha mai imparato, ha mantenuto la sua necessità di dipingere in modo permanente, sempre con la stessa convinzione: “L’arte deve evidenziare gli aspetti positivi della vita, nobilitare e non sminuire l’uomo“.

Sesta sezione – La religione. Oltre le convenzioni
Botero, che affermava di essere “a volte credente, a volte agnostico”, crebbe a Medellín, una città in cui l’arte era rappresentata dalle icone religiose presenti nelle chiese e nelle cattedrali e dove il clero deteneva molto potere, tanto che, per citare le sue parole, “il vescovo pareva il Papa”. Tutti questi ricordi sono rimasti impressi nella sua mente e hanno contribuito a plasmare le sue opere, come nella Nuestra Señora de Colombia (“Nostra Signora della Colombia”) o nei ritratti dei vescovi che passeggiano in boschi pieni di natura esuberante.
Come è avvenuto per le altre tematiche, il maestro colombiano si è confrontato con la religione nel corso di tutta la sua carriera traendo ispirazione dalla tradizione dell’arte sacra del Quattrocento italiano e dai grandi maestri. Partendo da essa ha realizzato le sue opere nella più completa libertà, sfidando la tradizione e le convenzioni, come si può ammirare nel celebre ritratto del “Vescovo al bagno”.

Settima sezione – Il circo
Il circo è un tema universale ed estremamente plastico. Nulla di quello che uno fa risulta eccessivo perché è sempre tutto possibile: un uomo può avere due teste, oppure può avere il volto verde o essere completamente vestito di rosso dalla testa ai piedi. Il circo è tutto questo: un meraviglioso mondo a sé.
Botero iniziò a confrontarsi con questo tema nel 2006, durante una delle visite annuali a Zihuatanejo, in Messico. Lì egli scoprì un circo che, per quanto modesto, vantava un autentico sapore latino-americano. Durante la visita rimase colpito non solo dai personaggi, che mostravano una contenuta tristezza, ma soprattutto dall’immensa poesia e dalla plasticità delle sue forme e dei suoi colori. Senza contare che l’esperienza gli ricordava gli spettacoli circensi a cui aveva assistito a Medellín in gioventù. Anche se nelle opere appaiono nel pieno dell’azione, gli attori del circo
riflettono la serenità e la staticità proprie dei personaggi boteriani e trasmettono una sensazione paradossale, che oscilla tra il dinamismo e la staticità. I trapezisti, i pagliacci e i contorsionisti sono i protagonisti di questa serie di opere che si caratterizza per i colori, la malinconia e l’incanto poetico.

Ottava sezione – La Corrida
Tanto il circo quanto la tauromachia sono temi che, per il loro formato, il loro movimento, la loro espressività, offrono grandi libertà e possibilità plastiche perché permettono di giocare in modo sorprendente con la composizione, il colore e la luce.
Botero cominciò a realizzare raffigurazioni ad acquerello dei tori a quindici anni, copiando i manifesti delle corride, che vedeva in Plazas de Toros de la Macarena, dove suo zio l’aveva iscritto alla scuola di banderilla. Ben presto si rese conto che la professione di torero non faceva per lui ma in quell’universo colmo di colore, movimento ed emozioni scoprì la sua vocazione come pittore.
Le corride dei tori, una delle passioni della sua vita, sono state una tematica importante nel suo lavoro pittorico, che è ritornata in modo inteso agli inizi degli anni ’80 e che ha coinciso con uno dei periodi più prolifici della sua carriera di artista. Il tema è stato ripreso ripetutamente in dipinti ad olio, disegni, acquerelli, carboncini, pastelli, sanguigne e un’infinità di bozzetti, in un’incontenibile ondata di energia e creatività. La corrida e le sue numerose variazioni sono state al centro di importanti esposizioni nel corso di tutta la sua carriera: una delle più importanti, per esempio, è stata la mostra tenutasi in occasione dell’Esposizione degli Indipendenti al Grand Palais di Parigi
nel novembre del 1992.

Nona sezione – La violenza
L’arte non ha il potere di produrre cambiamenti sociali o politici. Ha però il potere di perpetuare nel tempo la memoria di un episodio. Il mondo ricorda il bombardamento di Guernica durante la Guerra Civile spagnola perché Picasso lo ha dipinto. Lo stesso è accaduto con Goya e le esecuzioni del 2 maggio. L’arte serve da testimonianza che perdura nel tempo e nella memoria collettiva.

Decima sezione – Acquerelli
Botero si è cimentato con gli acquerelli nella raffigurazione della tauromachia, una sua grande passione. Questa tecnica era molto popolare in Colombia e l’artista non ha smesso mai di utilizzarla: l’ultima serie, realizzata nel 2019, è costituita proprio da una raccolta di acquerelli. In questa occasione, a differenza di quanto fatto in passato, ha realizzato tutte le opere in grande formato e su tela (piuttosto che su carta, com’era abituato). Trattati come veri e propri affreschi, con un tratto fermo e risoluto e una palette prodigiosamente sottile, questi acquerelli danno vita a un risultato di una finezza sublime. La serie affronta tutte le tematiche che hanno catturato l’interesse di Botero durante la sua vita, enfatizzando la sua prodigiosa gestione dei volumi; non solo rappresenta una reinvenzione della tecnica ad acquerello, ma costituisce una meravigliosa sintesi di tutta la sua carriera.
La mostra include anche una delle sue ultime opere, realizzata nel 2023: uno straordinario acquerello di grande formato intitolato Odalisca, un omaggio a Matisse.

Undicesima sezione – America Latina: le sue radici colombiane
“Il problema è che l’arte e l’artista devono assicurarsi che le proprie radici continuino ad affondare nella propria terra e nella propria vita: e la mia vita è sempre stata in Colombia, la mia terra è sempre stata la Colombia.
Lì la natura esuberante, l’amore, la musica, la politica, le classi del potere danno forma alla storia del paese. Nel dipingere cerco tutto questo tra i miei ricordi e lo reinvento nel mio studio, donandogli nuova vita, nuovi colori, forme esagerate.
Tutto ciò che plasmo nei miei dipinti riflette un mondo conosciuto durante la mia gioventù. È una specie di nostalgia, di ossessione, che è diventato il tema centrale del mio lavoro. […] Ho vissuto per cinque anni a New York e molto a lungo anche in Europa, ma nulla è riuscito a cambiare la mia prospettiva, la mia natura e il mio spirito latino-americano. La comunione con il mio Paese è totale”
Fernando Botero

 

 

 

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