TRAVEL/ KALABRIA COAST TO COAST DAL MAR TIRRENO ALLO JONIO IN 55 KM TRA BORGHI SENTIERI E NATURA

Non sai cosa fare per il Ponte del 2 Giugno? Ecco un’idea. Un trekking dal mar Tirreno allo Jonio buona cucina e vini autoctoni. I piu’ pigri invece, possono agevolmente percorrerla in auto, certamente non per sentieri, ma raggiungendo magari Tropea, passare per il bivio Angtola, percorrere le Serre Calabre e passare sul versante jonico fino a giungere al Golfo di Squillace.

 

(Santuario Monte Stella, Stilo Reggio Calabria)

 

Un riconoscimento internazionale per il turismo calabrese. Un turismo partito dal basso, grazie all’associazione Kalabria Trekking di Pizzo, e arrivato sulle colonne del Time già lo scorso anno, che ha inserito la Calabria, come unica meta italiana, tra le 50 “straordinarie destinazioni” da esplorare nel mondo nel 2022.

Il numero speciale “The World’s Greatest Places Of 2022” è una sorta di guida che segnala ai lettori le mete da non perdere. Per la Calabria si tratta di un percorso, il “Kalabria Coast to Coast”, che nasce proprio a Pizzo e mette in rete due province e 55 chilometri per spingersi fino a Soverato, la perla dello Jonio, praticamente dal versante tirrenico a quello jonico, passando per i paesi piu’ vicini alle Serre Calabre.

 

 

«La Calabria – scriveva il Time – è una delle destinazioni italiane più sottovalutate, sottosviluppata e ingiustamente perseguitata da una cattiva reputazione. (Easy Jet è stata costretta a scusarsi dopo che una pubblicità del 2020 l’ha sfacciatamente promossa come la terra della mafia). La regione, che si estende sulla punta dello stivale italiano, ospita spiagge e panorami montuosi mozzafiato, antichi borghi collinari e una cucina unica e speziata. L’anno scorso un gruppo di guide escursionistiche intraprendenti e appassionate ha lavorato a maglia il paesaggio in un trekking di tre giorni, partendo dal paradiso balneare di Soverato, sulla costa jonica e finendo a circa 34 miglia a ovest, nella città fortezza di Pizzo del XIV secolo il mar Tirreno». A Pizzo c’è infatti il castello di Gioacchino Murat, si produce il gelato più buono del mondo, il tartufo di Pizzo, esportato da sempre anche in America ed è a due passi da Tropea, la perla del Tirreno, questa volta, che ha dato i natali a Raf Vallone, scusate se è poco… e forse anche al papà di Anna Magnani, Pietro Del Duce, di questo è certa la stampa locale, ma non c’è nessuna conferma al riguardo, perchè pare che Nannarella, quando indagò sulle sue origini paterne, scelse di non proseguire nella ricerca, appena venne a sapere che si trattava di tal “Del Duce”… Perchè certo, non poteva essere a fija der duce… diceva lei stessa col sarcasmo che la distingueva.

 

Time evidenziava che «il trekking è ben segnalato e autoguidato, ma gli escursionisti, che dovrebbero essere ragionevolmente in forma, che hanno pagato la quota di iscrizione di 5 euro possono accedere ad aiuto, consigli e incoraggiamento tramite un account aziendale Whatsapp gestito dagli organizzatori. Il sito web include un elenco di hotel e B&B locali in cui soggiornare lungo il percorso. I partecipanti ricevono un attestato di completamento una volta giunti al Castello Murat di Pizzo. Il modo migliore per festeggiare? Assaporando l’iconico gelato al tartufo di Pizzo, un’altra specialità calabrese».  Il Cammino parte da Soverato e giunge a Pizzo, creando un ideale ponte tra il mar Ionio e il mar Tirreno, incentivando l’ecoturismo, promuovendo e valorizzando i comuni che attraversa nonché le piccole economie locali, in un’ottica di valorizzazione del territorio dell’entroterra delle Serre calabre catanzaresi e vibonesi.

 

Dei 55 chilometri di cammino, ben 35, già mappati e tracciati con Gps, nonché consolidati e fortemente partecipati, costituiscono il Kalabria Coast to Coast, evento cardine dell’associazione che si svolge in un’unica giornata nel mese di settembre ormai da 5 anni e che vede la presenza di 300 appassionati del camminare lento e del turismo sostenibile, provenienti da ogni parte d’Europa.

I comuni ricadenti nell’area de “Il cammino Kalabria coast to coast” sono undici: Soverato, Satriano, Gagliato, Petrizzi, Chiaravalle Centrale, San Vito sullo Ionio, Polia, Capistrano, Monterosso, Maierato, Pizzo.

 

 

 

Il Cammino Kalabria Coast to Coast, è un percorso naturalistico da assaporare a passo lento tra distese di ulivi secolari, filari di vite, campi di grano e fichi d’ india, boschi di castagni e faggi secolari, pittoresche pietre granitiche modellate dal tempo e la magnifica oasi naturalistica del lago Angitola. Ma è soprattutto un viaggio emozionale e sensoriale all’ interno di una Calabria lontana dalle consuete rotte turistiche, alla scoperta di quegli antichi sapori e valori che sono le radici di questa meravigliosa Terra, ricca di storia e cultura millenaria e dove il tempo sembra essersi fermato.

 

Certo aver ideato il cammino che da Soverato, sul mar Jonio va nel Tirreno e quindi a Pizzo aumenta il fascino di una regione che per la verità questo percorso conosce assai bene, perchè i giovanotti sono soliti da queste parti immergersi nelle acque cristalline di Soverato e dintorni, per poi inoltrarsi attraverso i monti delle Serre Calabre fino al Bivio Angitola per andare a Pizzo a prendere il tartufo, il famoso gelato esportato in tutto il mondo, magari prima di cenare in uno dei ristorantini giù al porticciolo di Pizzo dove ammirare uno dei tramonti sul mare più struggenti del litorale. Da Tropea il calar del sole si può ammirare con lo sfondo dello Stromboli ma che il Time si sia accorto di tutto questo, certo, fa la differenza. Ma il Time si è accorto pure che la Calabria è una meta “trascurata”, e “ingiustamente perseguitata da una cattiva reputazione”, mentre invece ha panorami mozzafiato, antichi borghi collinari e cucina e tradizione enoica eccellenti.

“Il tortuoso sentiero Kalabria Coast to Coast – dichiara il Time – porta gli escursionisti attraverso uliveti, pascoli di montagna, foreste profonde e piccoli villaggi, con soste in città famose per il loro vino, la ricotta affumicata e una salsiccia spalmabile piccante conosciuta localmente come ‘nduja».

 

La Calabria vanta ben 800 km di costa che si snoda tra il mar Tirreno e il mar Jonio ed ogni area, oltre a presentare importanti siti archeologici, chiese bizantine, santuari come la Certosa di Serra San Bruno o il santuario di Monte Stella, rileva in ogni area marina caratteristiche storiche antropologiche legate alle dominazioni subite nei secoli, non a caso verso Crotone si parla di Costa dei Saraceni, in ricordo delle invasioni turche. In altre parti, è il colore del mare che definisce il tipo di riviera, come la Costa Viola nel territorio di Vibo Valentia, vicino Tropea e Pizzo Calabro.

 

 

ED ECCO ALCUNI TRA I PIATTI TIPICI DELLA CUCINA CALABRESE

Dalla Sila all’Aspromonte, dallo Jonio al Tirreno i migliori piatti tipici calabresi testimoniano una tradizione povera ma ricca di proprietà benefiche, come il bergamotto nella provincia di Reggio Calabria, usato per le confetture, ma anche per i profumi e nelle insalate. Che dire poi della cipolla di Tropea i del caciocavallo silano, dei butirri ripieni di burro, eccellenza dei borghi della Sila, o della mousse della cipolla di Tropea da spalmare sugli arrosti e sui formaggi? Questa, è la Calabria che non ti aspetti, quella del gusto, dei sapori, delle eccellenze dei prodotti originali che rappresentano un territorio e che vengono esportati in tutto il mondo. I vini prodotti da vitigni autoctoni sono un “must” in una regione che ha sempre coltivato  gaglioppo, uve grecaniche e che vanta diverse aree geografiche vocate alla viticoltura.

 

 

 

 

Piccola premessa della cucina calabrese, “non solo ‘nduja”, lo testimoniano lo smodato entusiasmo per il peperoncino, a Diamante gioiello turistico sul mar Tirreno ogni anno si tiene perfimo il festival del peperoncino, “pipi e patate” (peperoni e patate, ndr), il morzello (una specie di trippa molto condita) e gli altri piatti tipici da provare, come le scilatelle, e la pasta col le alici e il pane “ammojjato” (la mollica del pane sbriciolata).  

 

(Scilatelle al sugo con pomodorini pachino)

 

Per iniziare, però il percorso sensoriale nella cucina calabrese, una bibita, e che bibita! la Gassosa la caffè… Al mio promo approccio in terra Calabra all’età di 13 anni scoprì questa gustosa bibita, fresca e iconica, che somiglia alla Brasilena, fatta con la gassosa e il caffè, una vera istituzione tra le province di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, una invenzione che, pare, risalire ai primi del Novecento. La gazzosa al caffè, fresca, frizzante ed energizzante, è un ottimo ricostituente, soprattutto nelle incandescenti giornate estive.

 

 

(Morzello)

 

IL MORZELLO

 

Nasce a Catanzaro ed è un piatto povero, si potrebbe dire che appartiene allo street food, perchè nella città che gli ha dato i natali si mangia spesso in un panino con molto condimento. Si realizza usando trippa e frattaglie bovine, concentrato di pomodoro, peperoncino piccante, sale, alloro e origano e si consuma assieme alla pitta, tipico pane catanzarese a forma di ciambella schiacciata e con poca mollica.Nonostante le sue umili origini, questo ghiotto intingoloha conquistato il palato di un popolo intero, inclusa la nobiltà, fino a divenire uno dei piatti più rappresentativi della cucina catanzarese, ricevendo anche l’assegnazione del marchio De.C.O. (Denominazione Comunale d’Origine). Sarebbero stati i saraceni ad introdurci nel magico mondo del Morzello niente di meno che nel IX-X secolo. A sostegno di questa ipotesi c’è il fatto che nella cucina dei paesi arabi e mediorientali, esiste una pietanza simile al Morzello. Si tratta di una specie di focaccia, schiacciata e dalla preparazione simile per impasto, alla pitta che, ricoperta da gustose pietanze speziate e molto condite, costituisce quasi un piatto quotidiano. Inoltre bisogna sottolineare che le frattaglie usate per preparare il Morzello devono essere bovine, con esclusione della carne suina.Il Morzello nasce come piatto povero, costituito da quelle frattaglie disdegnate dai ricchi. Tuttavia l’estro gastronomico catanzarese decretò il suo successo indiscusso, tanto che, dapprima di nascosto e in seguito “dalla porta principale” il gustoso piatto si fece strada sulle tavole dei ricchi, trovando posto anche nella loro dieta.

 

ECCO LA RICETTA PER 4-6 PERSONE CON 1 KG DI MORZELLO

INGREDIENTI:

 

200 gr di trippa di vitello (rumine, abomaso e reticolo) – 400gr. di omaso (il
cosiddetto “centupezzi”);
200 gr di carne mista di vitello tra polmone, milza e cuore (facoltativo)
200gr di pancia di vitello
grasso animale (quello che si ottiene dalla bollitura e che fungerà da condimento)
100 gr. di concentrato di pomodoro
alloro, origano, peperoncini piccanti calabresi
sale fino

 

 

PREPARAZIONE:

La trippa, che dev’essere pulita con molta attenzione con acqua tiepida, dovrà essere unita al “centupezzi” (o centopelli) e alle altre interiora (cuore, polmone e milza) qualora si decida di utilizzarle. Far bollire il tutto per 15 minuti, togliere dall’acqua e tagliare in piccoli pezzi. Estrarre dall’acqua anche il grasso animale ottenuto dalla bollitura.

Porre tutti gli ingredienti ed il grasso animale in una pentola abbastanza grande da fare in modo che essi occupino circa un quarto della sua altezza, quindi, aggiungere  contemporaneamente del vino rosso e soffriggere il tutto con molta cura. Poi aggiungere il concentrato di pomodoro e dell’acqua, fino a raggiungere quasi il bordo della pentola. Per finire, aggiungere una ricca quantità di peperoncini piccanti  calabresi, alcune foglie di alloro e un mazzetto di origano.  Avviare la cottura a fuoco molto lento, senza coprire interamente la pentola, per almeno 2 ore, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno e aggiungendo dell’acqua qualora fosse necessario.  Il MORZELLO sarà pronto quando il condimento riaffiorerà in superficie.  Servire ben caldo nella pitta (caratteristico e tradizionale pane catanzarese a forma  di ciambella) o direttamente nel piatto, con la pitta a parte.

 

(Street Food, il Morzello)

 

La PITTA si sposa bene con il MORZELLO, non è altro che un pane schiacciato e con poca mollica, formato a forma di ciambella piuttosto grande, quasi una pizza doppia da riempire appunto col MORZELLO, oppure con prosciutto e fichi, con la mortadella, o con altri tipi di verdure. Anticamente, ogni famiglia produceva il pane per almeno quindici giorni e i piccoli borghi rurali appesi sulle colline avevano tutti messo a disposizione dei forni a legna dove a rotazione le famiglie realizzavano oltre al pane, anche le pitte, tanto gustose per i figli, spesso scambiandosi e prestandosi l’un l’altra il cosiddetto “lavatu”, vale a dire il lievito già pronto da impastare con la farina.

Dalla medesima radice linguistica di pizza, piada, piadina, pinza e pita arriva la pitta calabra. Questa ciambella di pane tipica è caratterizzata da forma rotonda e schiacciata, buco centrale e scarsa quantità di mollica. La pitta diventa così una sorta di panino vuoto dall’involucro croccante che aspetta solo di essere imbottito. Ad esempio con MORZELLO oppure provola, pecorino crotonese Dop, salsa ai peperoni, melanzane fritte e tutto l’immaginario bucolico della gastronomia calabrese più autentica.

La pitta, come tutte le forme di pane degne di questo nome, ha varianti in tutta la regione. Quella grecanica si chiama lestopitta, letteralmente “pitta veloce” senza lievitazione più simile al pane arabo. La pitta china invece designa una focaccia rustica da farcire con pomodorini, alici, ricotta e erbi i margiu, erbette di campo. La pitta filata infine è una vera e propria torta salata tipica di Conidoni di Briatico. È caratterizzata da sfoglia a ventaglio e aroma di fiori di sambuco.

 

(Pitta tagliata per essere farcita)

 

ECCO LA RICETTA DELLA PITTA

 

INGREDIENTI:

500 gr farina 0
350 gr acqua tiepida (in cui sciogliere il lievito + mezzo cucchiaino di zucchero)
12 gr lievito (mezzo cubetto circa)
30 gr olio extra vergine di oliva
1 pizzico di sale

 

PREPARAZIONE:

 

Sciogliere il lievito nell’acqua tiepida, versarlo sulla farina disposta a fontana e mescolare, aggiungere il sale e l’olio, mescolare ancora e impastare per circa 10 minuti, fino a quando non si ottiene una pasta omogenea, liscia ed elastica.

Riporre l’impasto in una terrina oliata, coprirla con un panno e fare lievitare per 4-5 ore. Trascorso questo tempo, riprendere l’impasto, e dargli la forma di una ciambella, poi bisognerà coprirla con un panno e farla lievitare ancora per circa 2 ore.

A questo punto, adagiare la ciambella su una teglia foderata con carta da forno e infornare, in forno pre-riscaldato a 200 gradi per 20 minuti, o fino a quando la superficie della pitta non sarà ben dorata. Una volta ben cotta, lasciarla raffreddare, poi tagliarla orizzontalmente e farcirla con il MORZELLO. La pitta, dura per 3-4 giorni ancora morbida, e puo’ essere usata come il pane o al posto del pane.

 

sugo, ragù

Se la ‘nduja calabrese continua ad avere un successo  contagioso ed è presente tra le eccellenze gastronomiche negli aeroporti internazionali di Londra New York un motivo ci sarà, pure. L’insaccato morbido originario di Spilinga composto da carne di maiale e peperoncino non è semplicemente buonissimo, crea dipendenza. Tutto merito dei sapori genuini che ci sono dentro: preparare la ‘nduja infatti significa prima di tutto qualità, ma anche pazienza e tradizione.

La carne, da suini di età non inferiore ai 14 mesi dalla cui alimentazione è escluso il siero di latte, è rigorosamente macinata al coltello. Il vero protagonista è però il peperoncino di varietà tri pizzi a tre punte: esso infatti agisce da conservante naturale per le proprietà antisettiche e antiossidanti. In passato i peperoncini venivano appesi in lunghe collane e lasciati essiccare per tutta l’estate. Alla cosiddetta “ora del maiale” tra i mesi di dicembre e gennaio venivano staccati, macinati e impastati con il grasso suino. Dopo averla insaccata in budello, la ‘nduja viene affumicata per 10 giorni e stagionata per almeno un anno. A questo punto è pronta per essere spalmata: su pane, pasta, pizza, formaggio, oppure si può aggiungere al sugo di pomodoro, o aad altri tipi di condimenti se si vuole dare un sapore forte al cibo.

 

(nduja)

 

A proposito di abbinamenti con la ‘nduja: la fileja, pasta di grano duro tipica calabrese, chiamata anche scilate, o scilatelle è la candidata ideale. Il formato lungo e ricurvo che ricorda molto le busiate trapanesi viene ottenuto attorcigliando l’impasto intorno al dinaculu, un sottile bastoncino di legno, o un ferretto tipo quelli da claza aperto alle due estremità. Il sugo con la ‘nduja è ottimo anche per gli gnocchi, da leccarsi i baffi…Ma se si decide di preparare dei crostini con la ‘nduja, suggeriamo di passare un po’ di burro sulla fetta di pane, precedentemente messa in forno per qualche minuto, il risultato è … incredibilmente gustoso per le nostre papille…

 

(Crostino con ‘nduja)

 

Un altro classico della cucina calabrese è la pasta con la mollica. Anche in questo caso, le scilatelle vanno benissimo. Si tratta di un piatto tipico della cucina del recupero. In questo caso abbiamo a che fare con la mollica di pane, raffermo ovviamente. Il povero sfilatino avanzato viene riportato in vita come base per il sugo, con l’aggiunta di olio, acciughe e pecorino. La sua resurrezione croccante e sfiziosa dà alla pasta una marcia in più.

 

 

 

 

 

 

 

 

pasta con mollica

(Pasta ammojjata)

 

Se Scilla e Cariddi facevano a gara a far naufragare le navi sullo Stretto, Reggio Calabria e Messina si contendono il primato gastronomico di questa ricetta. Per adesso pare vinca la Calabria, visto che ne ha ottenuto l’inserimento nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali redatto dal Mipaaf. Il pesce spada alla ghiotta ha delizioso intingolo di pomodoro, capperi e olive. E’ una ricetta semplice e appetitosa, veloce da fare e saporita.

pesce spada forno pomodorini

(Pesce spada)

 

 

 

ECCO LA RICETTA: PESCE SPADA ALLA GHIOTTA

 

INGREDIENTI:

500 gr di pesce spada

alloro

olio evo

capperi

peperoncino

10 pomodorini pachino

timo

1 spicchio di aglio

50 gr di olive

 

 

PREPARAZIONE

Mettere in una terrina meglio se di coccio, l’olio evo, 1 spicchio di aglio e il pesce spada tagliato e pezzi piuttosto grandi. Fare cuocere da entrambe le parti qualche minuto, aggiungere i pomodorini pachino tagliuzzati, l’alloro e il timo, i capperi e le olive e coprire con un coperchio. Fare cuocere per circa 10 minuti.

 

BACCALA’ ALLA MAMMOLESE

 

(Baccalà alla mammolese)

 

Non tutti sanno che in Calabria c’è un paese, MAMMOLA, famosissimo per la cucina dello stoccafisso e del baccalà. Lo stoccafisso alla mammolese è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale che ha sfamato generazioni di contadini e braccianti, meno di pescatori che potevano permettersi il lusso del pesce fresco. Lo stoccafisso aveva tutti gli attributi della pausa pranzo economica e nutriente: lunga conservazione, basso prezzo, alto valore energetico. Con l’aggiunta dei prodotti freschi dell’orto come pomodori, patate e peperoni è diventato anche una vera delizia. Sono molti i turisti che si arrampicano nel piccolo paese in provincia di Reggio Calabria per provare questa delizia per le papille gustative.

 

ECCO LA RICETTA:

 

INGREDIENTI:

500 gr di Baccalà o Stoccafisso

olio evo

sale fino

peperoncino

100 gr di olive nere o verdi

300 gr di patate

300 gr di pelati

una manciata di capperi

due foglie di alloro

origano

 

 

PREPARAZIONE

Mettere in una terrina l’olio evo, l’aglio il peperoncino, aggiungere il Baccalà o lo Stoccafisso, la ricetta è la stessa e fare cuocere da entrambe le parti. Aggiungere il pomodoro e coprire con un coperchio. Fare cuocere per circa mezz’ora. Lo stoccafisso deve cuocere almeno un’oretta di più. Aggiungere quindi le patate tagliate a tocchetti, i capperi e le olive. Continuare la cottura, aggiungere l’alloro e l’origano e servire con un’ottimo calice di vino rosso.

 

 

POLPETTE DI MELANZANE

Si mangiano una dietro l’altro, sono saporite e appetitose, dolci e salate, un must della cucina tradizionale calabrese, a base di melanzane.

 

 

INGREDIENTI:

-4 melanzane, meglio quelle bianche-150 gr di parmigiano-pane raffermo bagnato circa 200 gr2 cucchiai di pane grattugiato-prezzemolo-sale q.b.-pepe nero-2 uova-uno spicchio di aglioolio evoqualche fogliolina di basilicoPREPARAZIONEScavare la coppa delle melanzane e tagliare a dadini la polpa. Fare bollire l’acqua e versare le melanzane a dadini facendo cuocere per circa 10-15 minuti. Scolare. Mettere in una terrina le melanzane cosi’ tagliate e asciugate private della loro acqua, aggiungere il pane il parmigiano il pane grattugiato il prezzemolo tagliato sottilissimo, il sale il pepe nero e le uova e il basilico tagliato a pezzettini. Se non dà fastidio si può aggiungere anche mezzo spicchio di aglio tagliato finissimo. Girare tutto l’impasto e creare delle losanghe piuttosto rotonde come fossero delle crocchette di riso. Si può anche dare la forma delle polpette di carne quindi rotonde. Vanno quindi fritte nell’olio e in Calabria si frigge con l’olio extravergine di oliva! Nella tradizione usa anche mettere il pecorino invece del parmigiano che dà un sapore più carico inoltre spesso viene usata la melanzana scura.Ottime come antipasto, le polpette di melanzane si possono creare anche in forma più piccola della grandezza di una castagnola da gustare per l’aperitivo.E buon appetito!

 

E PER DESSERT IL TARTUFO DI PIZZO

 

Il primo gelato in Europa ad aver ottenuto il marchio IGP, grazie alla qualità della sua produzione artigianale, che al giorno d’oggi si rivela sempre una carta vincente. A questo prodotto tipico della pasticceria calabrese si sono ispirati tantissimi gelati industriali, che nulla hanno a che vedere con quello originale.

 

(Il tartufo di Pizzo)

 

Il gelato esiste già dall’Ottocento, quando ancora si preparava con le stecche di ghiaccio portate giù dalla montagna. Nel corso del tempo, in Italia è stata la Sicilia a emergere e distinguersi nella produzione di gelati in stampi di acciaio, finchè non è stata presto raggiunta anche dalla Calabria, in particolare dai pasticceri di Pizzo Calabro, come la famiglia Belvedere.

Pizzo Calabro, in provincia di Vibo Valentia, è sempre stato un paese dal carattere fortemente commerciale, un po’ per indole, un po’ per posizione geografica; di certo il suo punto di forza è la piazza, dove storicamente si riunivano viveurs e pasticceri dal resto della Calabria, così come anche da Napoli o dalla Sicilia. Insomma, era un luogo di dolci scambi e di condivisioni dei saperi, e ancora oggi nessun’altra piazza calabrese la eguaglia in quanto a forma, bellezza e vivacità.

 

 

 

 

 

 

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