LIFESTYLE/ IL COLORE IN CASA

AD 19 gennaio 2021

Il senso del colore di Nicolò Castellini Baldissera

A Milano Nicolò Castellini Baldissera si è creato, dipingendolo come una tela vergine, un rifugio a tinte accese. Circondato da oggetti che raccontano viaggi, passioni e curiosità di una vita intera.

La voce esce solo a tratti da WhatsApp, ma è chiara, cristallina, piena, con un lieve strascicamento delle nasali che evoca il lungo soggiorno a Londra. Mentre cerchiamo di superare le difficoltà dei rispettivi collegamenti a Tangeri e a Roma, la foto profilo rimanda l’immagine di Nicolò Castellini Baldissera sorridente con un paio di cesoie in mano; indossa un’efficace evoluzione del banyan settecentesco, la lunga veste da camera ispirata all’Oriente che i gentiluomini portavano per attendere alle occupazioni casalinghe e ripararsi dal freddo intenso delle case. Mozart, Alexander Pope, Händel sono tutti ritratti in banyan di seta a fiori; la vestaglia casalinga di Castellini è invece di broccato rosso e giallo, con i risvolti di velluto in tinta. Quando gli facciamo notare che l’abbinamento con un attrezzo da giardinaggio ci pare un filo eccentrico ride: «Guido (Taroni, fotografo dei suoi libri e delle foto pubblicate in queste pagine, nda) mi ha colto mentre stavo tagliando qualche ramo dai glicini del giardino. La indosso sempre: le mattine qui, in inverno, sono molto meno calde di quanto si creda». Parlare con Nicolò Castellini Baldissera, anche a distanza come stiamo facendo adesso, lui nel suo buen retiro marocchino di terrazze pensili e angoli incantati, Casa Tosca, dove sta affrontando i momenti più rigidi dei lockdown anti-pandemici occupandosi nel frattempo dell’attività di design artigianale che ha lanciato qualche anno fa, significa modulare le parole e le riflessioni sulla ricchissima scala cromatica che popola l’immaginario di questo decoratore e progettista cinquantenne che, come Goethe, non ritiene i colori realtà primarie da cui scaturisce la luce bianca, ma un fenomeno complesso che scaturisce da questa interazione, e che non necessariamente trova il proprio compimento nel bianco. Anzi. «Ho amato i colori fin dall’infanzia. Mi piacciono le tinte intense, luminose: da sole possono creare ambienti, far risaltare gli oggetti, i dettagli, come il bianco non potrebbe mai. Nelle mie case i colori cambiano spesso. Per esempio, a Tangeri due camere per gli ospiti hanno già cambiato aspetto due volte in sei anni».

Letto con testiera ad arco Castellini Baldissera rivestita di tessuto Osborne amp Little. Copriletto suzani in seta e...

Letto con testiera ad arco Castellini Baldissera rivestita di tessuto Osborne & Little. Copriletto suzani in seta e velluto. Foto Guido Taroni.

I suoi sono colori saturi, vibranti, accostati senza timori in apparente contrasto, sicuri di sé; soprattutto, sono scelti senza schemi, senza piani e senza alcuna sudditanza alle tendenze del momento. L’attuale moda del grigio alle pareti, quella anni Settanta e Ottanta del bianco, di cui parliamo a lungo, riprendendo il tema fra un collegamento e l’altro, lo fanno sorridere, come tutte le altre mode. Le sue case, come quelle per i suoi clienti («che sono relativamente pochi, ed è una gran fortuna, perché questo mi ha permesso di seguirli e di conoscerli davvero, nell’evoluzione del loro modo di vivere»), sono il riflesso di un’esistenza curiosa, trascorsa a contatto con molte culture, e di quell’amore per i manufatti tessili, in particolare per i suzani centro-asiatici, che affondano le radici nella storia della sua famiglia. Nicolò Castellini si è specializzato in storia dell’arte perché se si fosse occupato di finanza, architettura, musica o anche tessile avrebbe dovuto inevitabilmente subire modi, tempi e paragoni dettati dai numerosi mostri sacri che popolano la sua antica ed estesissima famiglia e che comprendono Piero Portaluppi e Giacomo Puccini. È l’unico del clan Castellini Baldissera ad aver scelto di non vivere in quella sorta di enclave di corso Magenta, nel cuore della Milano sforzesca, che comprende la Casa degli Atellani e il palazzo della Fondazione Portaluppi accanto ai cugini Maranghi e al padre Piero, di cui pure ha raccolto il testimone e con cui scambia mobili e trouvailles conservati in un misterioso quanto affascinante deposito in Brianza. Di quel nucleo di case quattro-cinquecentesche, cortili colonnati, fascinoso giardino, chiunque, in ogni parte del mondo, conosce almeno un aspetto: le origini quattrocentesche, i numerosi passaggi di proprietà, la grande ristrutturazione che negli anni Venti del Novecento ne fece Portaluppi, riscoprendo gli affreschi originari e mescolando abilmente vero e falso, nuovo e antico; e ancora la vigna di Leonardo, grande operazione di marketing vinicolo su impronta filologica del cugino Piero Maranghi, celebrato editore di musica classica oltre, appunto, alla casa di suo padre, Piero Castellini, architetto e fondatore della C&C Milano con quei meravigliosi tessuti di lino e velluto.

di CampC Milano. Foto Guido Taroni

di C&C Milano. Foto Guido Taroni

La sala. Tavolini Rex e Regina di casa Tosca, divano in velluto Fenice

«Chi conosce Nicolò sa che il suo senso del colore e la maestria con cui li abbina sono il riflesso del suo essere, della sua poliedricità, della sua anima e del suo cuore», interviene Gigliola Castellini Curiel, «cugina preferita», figlia di un altro dei mostri sacri del clan, la stilista Raffaella Curiel, stilista a sua volta. Nella storia dei Castellini Baldissera e nelle loro abitazioni si legge l’evoluzione della nobiltà lombarda da terriera a tessile e un profondo radicamento sul territorio. Nella storia di Nicolò la voglia di fare tesoro di tutto questo, senza lasciarsene condizionare. Lo dimostra la sua nuova linea di mobili, realizzati da artigiani del Bergamasco e ispirati ai motivi di Portaluppi – i cromatismi a contrasto, le losanghe, la moltiplicazione delle sezioni cilindriche –, e il suo appartamento milanese, a nord-ovest di Brera, decorato in pochi mesi prima dello scoppio della pandemia e senza intervenire sulla struttura. Un palazzo «senza particolare fascino», un appartamento di 280 metri quadrati trovato spoglio e, ça va sans dire, dipinto di bianco, sul quale Nicolò ha lavorato come su una tela vergine: l’ingresso è in rosa conchiglia, decorato da Pictalab con un motivo arboreo ispirato al Palácio de Seteais di Sintra; nella sala, due tavolini dipinti in lilla e giallo prodotti da Casa Tosca creano un contrasto cromatico inaspettato ma fascinoso con il divano in velluto blu petrolio di C&C Milano. Un cabinet trompe-l’oeil di Fornasetti è apposto sullo sfondo di un suzani di Samarcanda sui toni del turchese, giallo e rosso corallo. La camera da pranzo è in giallo brunito, quasi mordoré, colore tipico degli anni Venti-Trenta, molto caro al cuore milanese e alle sue tradizioni come la sfumatura leggerissima di verde salvia che domina la cucina, insieme con decori parafuoco di azulejos. In ingresso, sotto l’árvore portoghese, gli ospiti sono accolti da una grande testuggine, segno dell’amore di Nicolò Castellini per la tassidermia. Sopra una maquette, altra passione del proprietario, spicca il ritratto di Nicoletta, contessa di Collalto, nonna materna, eseguito da Guido Tallone. Da corso Magenta a Brera, dopotutto, la passeggiata è di pochi chilometri.

Clicca sotto per chiudere la ricerca