MOVIE/ CITTO MASELLI REGISTA INTELLETTUALE UMILE E GENTILE NEL SUO CINEMA L’IMPEGNO POLITICO E SOCIALE

MA GLI INTELLETTUALI NON CI LASCIANO MAI… DI CITTO MASELLI CONTINUEREMO A VEDERE I FILM E A CIBARCI DELLE SUE IDEE…
Caro Citto è stato un piacere averti conosciuto. Eravamo a Ponte Milvio credo nella sede di Rifondazione Comunista, era la Giornata della Memoria di un anno ma non ricordo quale. La memoria mi inganna. Era la presentazione del docu-film I figli di Roma Città Aperta con la regia di Laura Muscardin e con Vito Annicchiarico, il piccolo Marcello nel film. Erano presenti anche alcuni dei figli di Aldo Venturini, il produttore di lane che permise a Roberto Rossellini di terminare il film, che notoriamente ebbe una gestione assai accidentata, per la mancanza di soldi, a volte per la mancanza di pellicola, e anche perchè era un film che parlava di guerra e di resistenza in tempo di dopoguerra e resistenza. Sicuramente c’era Claudio Venturini e Letizia Venturini. Ti intervistai a margine di quella presentazione e mi sorprese la tua umiltà, la tua grazia nel sorprenderti quasi che fosse improbabile che una giornalista ti chiedesse di rilasciare la tua testimonianza su Roma Città Aperta. E quello che dicesti, non solo fu originale, ma fu uno schiaffo a tutta la sinistra bacchettona e incapace, come quasi sempre, di vedere il nuovo: “Eravamo tutti dei cretini”, dicesti. “Noi non capimmo il cinema storico. Il nostro era settarismo intellettuale”.
Riporto di seguito le tue parole precise che ho poi pubblicato sul mio libro su Roma Città Aperta:
“Roberto Rossellini ha cambiato l’immagine dell’Italia all’estero. Il ministro Giulio Andreotti, addirittura cambiò la Bilancia dei Pagamenti, mettendo a punto ben due leggi sul cinema. Quando abbiamo visto per la prima volta Roma Città Aperta eravamo tutti dei cretini. Non avevamo capito perchè Roberto Rossellini aveva preso due attori comici come Aldo Fabrizi e Anna Magnani per fare quelle parti così tragiche” (Citto Maselli).
Ti abbraccio forte caro Citto e grazie ancora per il tuo cinema, il tuo impegno, la tua onestà intellettuale.
Citto Maselli ci lascia all’età di 92 anni ma come si sa l’età non conta. Regista orgogliosamente di sinistra  ha iniziato a lavorare con Visconti e Antonioni da cui diceva di aver appreso la responsabilità umana, sociale e politica del cinema. Da molti definito come l’intellettuale che ha raccontato il Novecento, Maselli ha realizzato alcuni film iconici del nostro Paese come Gli indifferenti, Storia d’amore e Un mondo diverso è possibile. Dopo aver studiato al Centro Sperimentale di Cinematografia, inizia a collaborare con Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni e Cesare Zavattini. Francesco, detto Citto,  è nato a Roma il 9 dicembre del 1930. La sua famiglia era di origine molisana e di cultura è stata piena la sua esistenza sin da subito, era figlio infatti di un critico d’arte. La sua adolescenza è stata contraddistinta da cinema e frequentazioni politiche: mentre girava i primi corti in Super8.
Si era trovato anche a trasportare appena quattordicenne, armi ai partigiani nella Roma occupata e ancora quattordicenne si era iscritto al Pci e pochi anni dopo, a diciannove anni si era diplomato al Centro Sperimentale ed era diventato assistente di Chiarini e poi di Antonioni e Visconti.
Era nato nel 1930, la sua era una famiglia di intellettuali, il padre critico d’arte, lo zio acquisito e suo padrino era Luigi Pirandello, la sorella Titina sarebbe diventata una delle artiste di punta della sua generazione.

Diceva che “Lottare per un mondo migliore, più giusto, più vivibile. Sembra una mera enunciazione di intenti, so che non è facile, ma questo vuol dire essere di sinistra”,

Il suo esordio a soli 23 anni, con Gli sbandati. Citto Maselli con il suo cinema ha criticato il mondo della pubblicità, ha ritratto la borghesia, ha dato forma alla decadenza, e molto altro ancora. Impegno politico sì – con il PCI e Rifondazione comunista – ma anche tanto impegno nell’industria cinematografica: Citto Maselli è stato tra i fondatori dell’Anac (Associazione nazionale autori cinematografici) e insieme al collega Emidio Greco nel 2004 ha dato vita alle Giornate degli Autori a Venezia, come già aveva fatto più di 30 anni prima con le Giornate del cinema italiano. Per quanto riguarda la sua vita privata, prima di incontrare la moglie Stefania Brai, ha avuto una lunga relazione con la scrittrice Goliarda Sapienza, l’autrice de L’arte della gioia su cui Valeria Golino – che a Maselli deve il debutto e la prima Coppa Volpi – sta girando in questi mesi una serie tv.

Nel 2021, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, insieme alle Giornate degli Autori e alla Settimana Internazionale della Critica, ha dedicato un Omaggio a Citto Maselli, “un artista che ha contribuito alla crescita dell’arte cinematografica non solo con l’impegno in prima persona, ma anche con la collaborazione offerta ad altri grandi maestri del nostro cinema”, come si legge in una nota ufficiale. “Devo togliere il cappello del Presidente per salutare l’amico Citto con cui, come molti altri, ho condiviso diverse stagioni della vita e della storia del cinema italiano”, dichiara Roberto Cicutto, presidente della Biennale. “Citto ha sempre generosamente costretto tutti i suoi amici a non essere mai sicuri di essere nel giusto, e pur essendo lui un’inscalfibile roccia di convinzioni, riusciva a rendere dialettica anche una conversazione sulle previsioni del tempo. Una grande dote che trasformava accese discussioni in un rinsaldarsi della stima e dell’amicizia. Del suo cinema parleranno in molti e giustamente metteranno in risalto la sua unicità. Gli chiedo scusa per non essere riuscito a fargli fare un documentario su Visconti a cui teneva moltissimo, ma sono lieto di essere stato motore insieme ad Alberto Barbera e a tutti gli autori presenti alla Mostra del Cinema del 2021 di un grande e meritato omaggio alle sue doti di uomo e artista. Abbraccio Stefania Brai, che malgrado l’innata discrezione ha svolto nella vita e nella storia della cultura italiana un ruolo altrettanto significativo di quello del compagno di una vita”.

(Ph. Alessandro Dobic)

 

 

Tra i suoi film, Lettera aperta a un giornale della sera (1970) non è uno dei suoi migliori film ma un lavoro da rispolverare per comprendere il dibattito intellettuale che era capace di smuovere. Il film racconta di un gruppo di intellettuali comunisti che, spinti da un amico editore stanco del clima politico presente nel Paese, invia una lettera a un giornale di sinistra, dichiarandosi disposto a partecipare attivamente in Vietnam. La notizia riceve immediatamente un’attenzione particolare, al contrario di quanto immaginato, e così il gruppo non può fare marcia indietro. La situazione si fa seria e preoccupante finché li raggiunge una notizia da Hanoi: i nord vietnamiti non vogliono volontari stranieri e così i promotori dell’iniziativa – che erano in cerca solo di un alibi per la loro coscienza – possono tirare un respiro di sollievo. Ma vi esprime la sua sferzante opinione sulla nuova generazione di militanti di sinistra prigionieri dei salotti  e torna al tema della lotta antifascista nel film dal ridondante titolo Il sospetto con Gian Maria Volonté operaio esule in Francia nel ’34 rimpatriato in Italia con un incarico del partito comunista.

 

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