lifestyle/ Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo i Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen a Milano

Fino al 30 luglio una mostra da non perdere a Milano che ripercorre l’arte nel surrealismo attraverso i capolavori racchiusi nel Museo Boijmans Beuningen. Era il primo dicembre 1924 quando a Parigi il poeta André Breton pubblicava la sua raccolta di prose “Poisson Soluble”, la cui introduzione sarebbe diventata il Primo Manifesto del Surrealismo, inaugurando ufficialmente la più onirica tra le avanguardie del XX secolo. I Surrealisti cercarono di esplorare la psiche umana oltre i limiti imposti dalla ragione, di espandere la realtà oltre i suoi confini fisici, per attingere a una dimensione più piena dell’esistenza che definirono surrealtà. L’arte di Dalì,Magritte, Man Ray attraversa le sale del Mudec in un itinerario esplorativo e al tempo stesso storico, che  libera le potenzialità immaginative dell’inconscio per il raggiungimento di uno stato conoscitivo di “sur-realtà”, in cui veglia e sogno sono entrambe presenti e si conciliano in modo armonico e profondo, creando spesso immagini nitide e reali ma accostandole tra di loro senza alcun nesso logico. Oltre alla liberazione dell’individuo, per la quale fecero riferimento soprattutto alle idee della psicoanalisi freudiana, i surrealisti perseguirono anche l’ideale di una liberazione della società in senso politico, schierandosi su posizioni progressiste e anticolonialiste.

 

 

Si capisce bene allora come il Surrealismo non fosse solo uno stile, un movimento artistico, quanto piuttosto un atteggiamento, un modo alternativo di essere e concepire il mondo, un modo di pensare radicalmente nuovo che trasformò le esistenze dei loro membri.
È su questo concetto fondamentale che si sviluppano i molteplici temi della nuova mostra che il Mudec inaugura il 22 marzo a Milano con 180 opere, tra dipinti, sculture, disegni, documenti, manufatti, tutti provenienti dalla collezione del museo Boijmans Van Beuningen, uno dei più importanti musei dei Paesi Bassi, in dialogo con alcune opere della Collezione Permanente del Museo delle Culture.

La mostra, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promossa dal Comune di Milano-Cultura, è stata resa possibile grazie al generoso prestito di opere d’arte da parte del Museo Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, Paesi Bassi e a Fondazione Deloitte, Institutional Partner della mostra.

 


La curatela della mostra è affidata alla storica dell’arte Els Hoek, curatrice del museo, con la collaborazione di Alessandro Nigro, professore di Storia della critica d’arte presso l’Università di Firenze, a cui in particolare è affidato il fil rouge della mostra sul fondamentale quanto complesso rapporto tra il Surrealismo e le culture native. Ciò evidenzia ancora una volta come il Mudec sia la sede ideale per ospitare iniziative volte a stimolare il dialogo e il confronto tra culture diverse.
Sponsor della mostra è BPER. Il Museo Boijmans cominciò a raccogliere arte surrealista dall’inizio degli anni Sessanta. Da quel momento in poi, la collezione non si è limitata solo al periodo storico del movimento (che va dagli anni Venti fino agli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale), ma si è via via arricchita di opere di arte contemporanea nate da idee ispirate al movimento o realizzate da artisti con una poetica che può essere definita come surrealista.

La scelta di curare una mostra per il Mudec ha portato a una selezione della collezione, con un focus particolare sull’interesse dei surrealisti per le culture native. La loro critica alla cultura e alla società occidentale industrializzata li spinse infatti a cercare modelli alternativi. Questa ricerca portò Breton e i suoi a studiare e collezionare gli oggetti etnografici, che entrarono a far parte dell’orizzonte concettuale del movimento.
Particolare attenzione viene data all’approfondimento delle tematiche fondamentali su cui si è focalizzata la ricerca surrealista – sogno, psiche, amore e desiderio, un nuovo modello di bellezza; attraverso opere di artisti famosi ma anche meno conosciuti, pubblicazioni e documenti storici, la mostra fornisce al pubblico una visione a 360 gradi dell’universo surrealista.

 

Le sei sezioni presentano il mondo del Surrealismo nei diversi ambiti artistici: dipinti, opere su carta, pubblicazioni e oggetti, sculture… la poetica surrealista pervade le sale, una dopo l’altra, in un percorso suggestivo e affascinante.
Ogni sezione è introdotta da una scultura chiave o un oggetto iconico, che parla al visitatore evocando il tema della sezione, e da una citazione, che racconta e ricorda al pubblico come il surrealismo fu anche manifesto filosofico, pensiero poetico, sguardo incantato su una realtà ‘altra’.

La prima sezione contiene alcuni straordinari capolavori che attirano lo spettatore introducendolo direttamente nel mondo del Surrealismo. Il surrealismo non è uno stile, ma un atteggiamento. Si parla per questo motivo di “mentalità” surrealista, che si esprime in diversi stili e discipline artistiche. Un momento introduttivo al mondo del Surrealismo, dove accanto al libretto originale del Manifesto del Surrealismo di André Breton, pubblicato a Parigi nel 1924, si può ammirare l’iconico sofa di Dalí a forma di labbra (Mae West Lips Sofa, da 1938).

 

La seconda sezione mostra le origini dadaiste del Surrealismo – con opere e pubblicazioni di Kurt Schwitters, Tristan Tzara e Francis Picabia. Presenta tre artisti Dada che hanno avuto un ruolo importante nel gruppo surrealista: Max Ernst, Man Ray e Marcel Duchamp. In mostra tra gli altri lavori, Cadeau (Audace) di Man Ray o la Scatola in valigia di Duchamp (De ou par Marcel Duchamp ou Rrose Selavy) del 1952. la mente sognante e’ il titolo della terza sezione, “in balia del sogno”. I surrealisti furono fortemente influenzati dalle idee della psichiatria e della psicoanalisi del loro tempo (Sigmund Freud, Pierre Janet, Carl Gustav Jung). Gli artisti hanno esplorato l’inconscio ed evocato mondi onirici, in una fusione perfetta tra psicologia e arte.
A questo proposito la sezione indaga in modo particolare la visione artistica di Salvador Dalí.
Dalí era interessato a Freud e dipingeva anche paesaggi onirici, ma si accorse nel tempo che la sua tecnica pittorica era troppo lenta e che le immagini diventavano coscienti. Di conseguenza sviluppò il suo “metodo paranoico-critico”, che di fatto lo portò a creare immagini multi-interpretabili e ‘stratificate’. In mostra in questa sezione la sua Venere di Milo a cassetti, del 1936.

 

 

La quarta sezione si concentra invece sui vari metodi usati dai surrealisti per ottenere l’accesso all’inconscio. Dai giochi d’azzardo al collage, al frottage, alla scrittura e al disegno dal flusso di coscienza. Alcuni artisti hanno cercato mezzi e modi per avere le allucinazioni o hanno usato esperienze psicotiche nel loro lavoro.
Uno dei capolavori più importanti in questa sezione è quello di Eileen Agar, Figura seduta. Nel 1928 Eileen Agar incontrò André Breton e Paul Éluard a Parigi. Allo stesso tempo, i fossili e le ossa di creature preistoriche nel Jardin des Plantes la stavano affascinando per il loro ingegnoso disegno astratto. Da questo momento in poi Agar combinerà nel suo lavoro strutture di antichi animali, piante e alghe marine con il mondo aereo della sua immaginazione, cercando di avvicinare nuovamente la cultura occidentale alla natura.

 


Per Andre’ Breton il desiderio è l’unico driver che muove il mondo e nella quinta sezione si sono raccolte

opere che trattano di amore e desiderio (sessuale). I surrealisti esplorarono la loro sessualità per accedere ad aree che la società borghese aveva represso da tempo. Un esempio ne è la Venere restaurata di Man Ray, presente in mostra. Come molti altri surrealisti, Man Ray si immerge in un inebriante mondo di amore e desiderio, praticando l’amore libero e fotografando le donne nei modi più sensuali. Man Ray era anche affascinato dal feticismo erotico e dai romanzi sadomasochisti del marchese de Sade, che vedeva come una vera espressione di desiderio represso. Nella sua opera del ’36 Man Ray ha “restituito” la dea dell’amore al suo vero io.

 

Nell’ultima sezione, infine è in scena l’ammirazione dei surrealisti per  I Canti di Maldoror. In questo romanzo gotico del XIX secolo, la bellezza è descritta come “l’incontro casuale di un ombrello e una macchina da cucire su un tavolo da dissezione”. Gli artisti surrealisti hanno preso questo come loro credo, creando una bellezza attraverso combinazioni insolite comparabili tra loro.
Come racconta tra gli altri il dipinto di Meret Oppenheim Sotto le resede, presentato in questa sezione. Oppenheim si trasferì a Parigi all’età di diciotto anni e divenne rapidamente un membro importante del gruppo. Questo dipinto non sembrerebbe di per sé surrealista, se non fosse che il titolo derivi dal libro cult surrealista I Canti di Maldoror. È proprio in questo libro che si racconta come le resede, piccole piante che crescono ovunque in Europa, siano usate per descrivere il tipo di modestia dietro cui gli esseri umani nascondono la loro natura vera e malvagia.

 

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