LIFESTYLE/ IL RIJKSMUSEUM DI AMSTERDAM FA LUCE SUI MISTERI DI JAN VERMEER E IL SUO METODO PITTORICO CON 28 OPERE IN MOSTRA A INIZIO 2023

Il film “La ragazza con l’orecchino di perla” ci ammaliò e non solo per l’interpretazione straordinaria di Colin First e di Scarlett Johansson. E’ la vita stessa di Vermeer, raccontata nel film, ad avvolgere il pubblico in una nuvola artistica e poi il capolavoro svelato e la ragazza vista con gli occhi di un grande pittore bella e dolce come non mai, certamente come sua moglie non avrebbe mai voluto vedere…
Ora, con l’inizio del prossimo anno, arriva ad Amsterdam una mostra che finalmente fa luce sulla vita e sul metodo pittorico di un grande artista del 1600, Jan Vermeer, al Rijksmuseum con 28 opere per svelare finalmente i capolavori del pittore  di Delft, i segreti della sua luce, una esposizione tra le più attese del 2023.
Tra luci e ombre, lettere d’amore e scene di vita quotidiana, le opere di Jan Vermeer (1632 – 1675) sono fra le più magnetiche della storia dell’arte.  Lo scorso 30 novembre 2022, alla Vigna di Leonardo di Milano si è tenuta la tappa italiana di un tour di conferenze volte alla diffusione della mostra: Taco Dibbits, direttore generale del museo olandese, ha spiegato nel dettaglio l’importanza dell’esposizione, soffermandosi sull’ampia ricerca scientifica dedicata al maestro olandese, autore della famosissima Ragazza con l’orecchino di perla. Il direttore ha inoltre confermato la presenza di (almeno) 28 opere di Vermeer, provenienti dai musei di tutto il mondo. È la prima volta che così tanti capolavori dell’artista vengono riuniti: quella organizzata dal Rijksmuseum è una mostra storica, un appuntamento imperdibile per scoprire il genio di Vermeer sotto una luce inedita. L’esposizione sarà visitabile dal 10 febbraio al 4 giugno 2023.
Le scarse informazioni su Johannes van der Meer, meglio conosciuto come Jan Vermeer, hanno sempre reso difficile una ricostruzione completa della sua biografia. Il fatto che l’artista, inoltre, non abbia lasciato scritti su di sé o sul proprio lavoro, contribuisce all’alone di mistero che ha sempre accompagnato la sua figura. Sappiamo con certezza che Vermeer nacque nel 1632 a Delft, Olanda, dove visse fino alla sua scomparsa, nel 1675. Oggi è considerato, insieme a Rembrandt, una figura chiave della pittura olandese del Seicento, nonché un prezioso testimone del cosiddetto Secolo d’Oro, un periodo di grande prosperità per i Paesi Bassi, dovuto principalmente a un fiorente commercio e a un’intensa attività coloniale. Quella di Vermeer è una pittura di genere altamente riconoscibile: spazi chiusi e domestici, protagoniste femminili, giochi di luce e intensi contrasti sono gli ingredienti per le sue delicate composizioni. La tranquillità e la semplicità che pervadono i dipinti di Vermeer, ma anche il ruolo voyeuristico che si trova ad assumere lo spettatore, sono le ragioni per cui oggi ne siamo affascinati.

Jan Vermeer non fu un artista prolifico. Oggi gli vengono attribuiti solamente 37 dipinti: per questo motivo, la presenza di ben 28 opere in una sola esposizione è tanto rara. A detta del direttore del museo, nemmeno Vermeer vide così tanti suoi dipinti riuniti. In mostra, saranno presenti i suoi due capolavori più noti: La lattaia (1658-59), uno dei quattro dipinti di Vermeer conservati al Rijksmuseum, e Ragazza con l’orecchino di perla (1664-67), che sarà in mostra solamente fino al 31 marzo 2023, per poi tornare al museo Mauritshuis dell’Aia. Per l’occasione, diversi musei internazionali si sono resi disponibili a prestiti importanti, dal Louvre di Parigi al Metropolitan Museum of Art di New York, dal Museo Nazionale d’Arte Occidentale di Tokio alla Gemäldegalerie di Berlino. Oltre alle tante rappresentazioni di interni che hanno reso noto Vermeer, tra cui La lezione di musica interrotta del 1659-61 e la recentemente restaurata Donna che legge una lettera davanti a una finestra del 1657-58, la mostra si completa di rare e minuziose vedute cittadine di Delft.  Un prestito importante è senza dubbio quello della Frick Collection di New York: tre dipinti che (contrariamente a quanto disposto dal suo fondatore Henry Clay Frick) sono eccezionalmente stati concessi per la mostra al Rijksmuseum, in quanto l’edificio ospita la collezione sta subendo importanti lavori di ristrutturazione. Diverse opere mancano all’appello per svariati motivi, tra cui la loro estrema fragilità e gli stretti regolamenti dei musei e delle collezioni in cui sono collocate. Tra i grandi assenti vi è Concerto a tre (1666-67), l’opera più preziosa fra le tredici rubate nel 1990 all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, ma anche Allegoria della pittura (1668), conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Jan Vermeer, La lattaia, 1658 61, Rijksmuseum, Amsterdam (courtesy Rijksmuseum)
Jan Vermeer, La lattaia, 1658 61, Rijksmuseum, Amsterdam (courtesy Rijksmuseum)

Questa mostra non si limita ad essere una retrospettiva: il Rijksmuseum ha colto l’occasione per condurre una minuziosa ricerca sulle opere e sulla figura di Vermeer. Il museo, in collaborazione con il Mauritshuis dell’Aia e con l’Università di Anversa, si è avvalso di innovativi macchinari per la scansione dei dipinti (Macro-XRF e RIS), che hanno permesso di scoprire importanti informazioni sul metodo pittorico dell’artista olandese: in particolare, iniziava con un lieve e veloce schizzo, per poi proseguire per eliminazione e raggiungere l’equilibrio compositivo che l’ha reso celebre. In questo modo si sono scoperti elementi che facevano parte della prima bozza della Lattaia, come un porta-brocche e un braciere, o figure femminili che nella versione definitiva della Stradina di Delft sono state cancellate. Queste scoperte ridefiniscono il processo pittorico di Vermeer, per anni ritenuto lento e oltremodo riflessivo. Anche il rapporto fra Vermeer e la religione è stato studiato da una prospettiva diversa: l’analisi incrociata delle fonti, unita all’iconografia di alcuni dipinti giovanili come Santa Prassede del 1655 (di recente attribuzione), hanno portato gli studiosi a riflettere sulla vicinanza di Vermeer (che era notoriamente cattolico) agli ambienti gesuiti. Si tratta di un’ipotesi innovativa, supportata, tra le altre cose, dall’estremo interesse che l’artista e la comunità gesuita olandese condividevano per gli studi ottici e luministici. L’importanza storico-artistica della mostra del Rijksmuseum, dunque, è data da un impegnativo lavoro di ricerca per conoscere più a fondo non solo la tecnica, ma anche l’uomo che si cela dietro a capolavori così ricchi di segreti.

Clicca sotto per chiudere la ricerca