PHOTO&MOVIE/ MAN RAY IL FOTOGRAFO CHE AMAVA SPERIMENTARE: LE 5 REGOLE PER L’ARTE DI DIPINGERE CON LA LUCE LA MIGLIORE AMICA

Adoro l’arte di Man Ray e la sua fotografia. C’era un tempo che prendevo il treno per raggiungere i luoghi dove erano esposte le sue immagini. Ed è per me indimenticabile una mostra a Palazzo Fortuny a Venezia su Man Ray di cui ricordo l’atmosfera e il mio stupore di fronte alle sue opere. Ho trovato on line queste cinque regole che sintetizzano il suo pensiero su un’arte che lui ha contribuito a rendere tale. Fino ad allora si discuteva se la fotografia fosse veramente arte e la vulgata era che no, proprio non lo era.

 

 

DA FOTO COME FARE

(MARCO MORELLI)

 

“Qualche anno fa mi trovavo a Parigi a visitare il cimitero di Montparnasse. Si tratta di un luogo davvero suggestivo. Puoi imbatterti nelle tombe di personaggi famosissimi. Robespierre, Baudelaire, de Maupassant, Beckett e Susan Sontag sono sepolti lì.

Mentre camminavo venni attratto da un epitaffio che recitava: “Unconcerned but non indifferent”. Noncurante ma non indifferente. Sotto c’era il nome: Man Ray 1890 – 1976”.

Per me fu un incontro emozionante. Man Ray è uno dei miei fotografi preferiti e quella frase lo descriveva alla perfezione.

L’epitaffio era scritto con uno scalpellino sulla pietra, quasi illeggibile, senza lusso né orpelli. Se non conosci Man Ray, puoi pensare che si tratti della tomba di una persona qualunque.

Man Ray, invece, era tutto tranne che una persona ordinaria. In questo articolo ti parlerò del fotografo americano attraverso alcune sue frasi.

Noterai come sia stupefacente l’attualità di certi suoi pensieri, nonostante sia scomparso da quasi 50 anni. Attraverso le sue parole e i suoi insegnamenti puoi diventare un fotografo ancora migliore.

 

Nato a Filadelfia da una famiglia di immigrati russi, il suo vero nome è in realtà Emmanuel Radnitzky e sin da piccolo è attratto dalla pittura.

Nel 1912 inizia a firmare i suoi quadri con lo pseudonimo “Man Ray”, “uomo raggio”. Era così affascinato dalla luce che l’amore per la fotografia diventò una logica conseguenza. “La luce può fare tutto. Le ombre lavorano per me. Io faccio le ombre. Io faccio la luce. Io posso creare tutto con la mia macchina fotografica” disse un giorno all’amico Marcel Duchamp.

Sin da giovanissimo, Man Ray è affascinato dall’arte in tutte le sue forme. E negli anni 20 quale città è più artistica di Parigi? Infatti è lì che si trasferisce nel 1921, proprio su invito di Duchamp.

Frequenta gli ambienti dadaisti, ma è difficile catalogarlo in un settore specifico. Man Ray ama sperimentare. Ama creare con qualunque mezzo: un pennello, dei colori, una macchina fotografica, la luce e le ombre, perfino con la musica. “Credo esista un legame tra fotografia e musica ed è da lì che traggo la mia ispirazione.”

Nell’arco di quasi un secolo di vita (morirà a 86 anni), Man Ray attraversa svariate correnti culturali e artistiche, facendosi contaminare, ma mai conquistare completamente. Anche come fotografo fu un convinto sostenitore del dilettantismo e rifiutò fino alla fine di diventare un professionista. Per lui la fotografia era innanzitutto libertà espressiva.

“Dipingo ciò che non può essere fotografato e fotografo ciò che non desidero dipingere. Se è un ritratto che mi interessa, un viso o un nudo, userò la mia macchina fotografica. È più veloce che fare un disegno o un dipinto. Ma se è qualcosa che non posso fotografare, come un sogno o un impulso inconscio, devo ricorrere al disegno o alla pittura.

Per esprimere ciò che sento uso il mezzo più adatto ad esprimere quell’idea, che è sempre anche il più economico. Non mi interessa affatto essere coerente come pittore, creatore di oggetti o fotografo.

Posso usare diverse tecniche, come i vecchi maestri che erano ingegneri, musicisti e poeti allo stesso tempo. Non ho mai condiviso il disprezzo mostrato dai pittori per la fotografia: non c’è competizione, pittura e fotografia sono due media impegnati su strade diverse. Non c’è conflitto tra i due”.



Man Ray fa un ragionamento molto ampio sul mezzo espressivo. Non usa solo la pittura o solo la fotografia, ma il mezzo necessario e più opportuno per esprimere la sua idea.

Mi viene in mente l’annosa diatriba tra fotografia “pura” (lo scatto come uscito dalla macchina fotografica) e chi fa uso del fotoritocco.

Esistono due partiti ferocemente schierati. Chi pensa che la vera fotografia non debba passare da elaborazioni software. Chi, al contrario, è dell’idea che lo scatto vada “completato” e migliorato col fotoritocco o in postproduzione.

Te lo dico senza girarci intorno: io faccio parte del secondo partito. La fotografia è innanzitutto espressione artistica.

Come dice Man Ray, il fine deve essere la rappresentazione di un’idea. La coerenza non può diventare un dogma o una serie di paletti da cui non uscire.

La cosa più importante è che tu sia onesto. Se una foto è modificata, oppure hai aggiunto o tolto qualcosa, è giusto che tu lo dica.

“Non si chiede mai a un pittore quali pennelli usa o a uno scrittore che macchina per scrivere usa. Quel che conta è l’idea non la macchina fotografica”.



Hai mai riflettuto su questo? Quando leggi un bel libro non pensi certo al modello di penna usato per scriverlo. Anche quando guardi un quadro non ti chiedi la qualità del pennello che l’ha dipinto.

Quando si tratta di fotografia, però, soprattutto il fotoamatore alle prime armi si chiede con quale fotocamera è stata scattata. E se si tratta di una bella foto, istintivamente viene da pensare che l’attrezzatura utilizzata sia molto costosa.

È un processo automatico: grande foto = super fotocamera. In realtà sono due variabili che non viaggiano necessariamente insieme. Solitamente, ciò che risulta vincente in una foto è l’idea, il punto di vista, l’originalità. Mai la nitidezza.

Puoi realizzare grandi scatti anche con uno smartphone o una fotocamera da pochi euro. Allo stesso modo, avere una macchina fotografica costosissima non ti garantisce affatto grandi risultati.

Quindi non ti abbattere se la tua fotocamera è una entry level. Ciò che è davvero decisivo sono le tue idee e la conoscenza delleregole della composizione fotografica.

Devi essere un voyeur

“Se ne avessi avuto il fegato sarei diventato un ladro o un delinquente, ma non avendo coraggio sono diventato un fotografo.”



Questa frase di Man Ray me ne ha ricordata un’altra di Helmut Newton, decisamente meno raffinata, che recitava: “Sono un voyeur e chi come fotografo non lo ammette è un cretino”.

Se vuoi essere un bravo fotografo non puoi limitarti a guardare superficialmente. Devi osservare con attenzione e scrutare, possibilmente da più punti di vista.

Quando ti imbatti in una scena interessante, perlustra tutti i particolari. Non soffermarti solo a ciò che è evidente. A volte una prospettiva diversa può cambiare completamente il senso della scena.

Fai così: individua il soggetto principale, poi guarda intorno ad esso e immediatamente dietro. Ci sono altri potenziali soggetti? Lo sfondo può rafforzare o indebolire il messaggio?

A questo punto spostati verso destra o verso sinistra, oppure avvicinati. Devi fare in modo che ciò che sta intorno al tuo soggetto sia utile a migliorare lo scatto. Valorizzalo o eliminalo, a seconda delle necessità.

Si tratta di uno degli esercizi più complicati, per un fotografo, perchè devi essere molto reattivo. Ma col tempo migliorerai e svilupperai il famigerato “occhio fotografico”.

“Certo, ci sarà sempre chi guarda solo alla tecnica, chi chiede “come”, mentre altri di natura più curiosa si chiederanno “perché”. Personalmente ho sempre preferito l’ispirazione all’informazione”.

 

La tecnica fotografica deve essere il mezzo per arrivare ad esprimere le tue idee. Una volta metabolizzata la tecnica, passa avanti. Una foto riuscita è quella che racconta qualcosa di interessante.

Qualche giorno fa ho visto il nuovo film di Sorrentino “È stata la mano di Dio”. Uno dei passaggi più interessanti è quando il giovane Fabietto chiede consiglio su come diventare regista ad Antonio Capuano. La risposta è illuminante: “Ce l’hai qualcosa da dire? Se vuoi diventare un regista devi avere qualcosa da dire!”. Nessun riferimento allo studio del cinema o alle tecniche di ripresa.

Allo stesso modo, se vuoi diventare un bravo fotografo, devi avere qualcosa da dire. La tecnica è fondamentale, ma da sola non ti servirà a nulla.

“La luce può fare tutto. Le ombre lavorano per me. Io faccio le ombre. Io faccio la luce. Io posso creare tutto con la mia macchina fotografica”.

Il termine “fotografia” deriva dal greco e vuol dire “disegnare con la luce”. Di conseguenza, la capacità di dominare la luce è la cosa più importante per qualunque fotografo.

Non è una cosa scontata. Me ne accorgo durante i miei corsi. Quando dico agli allievi che devono innanzitutto imparare a gestire la luce, mi guardano con sguardi persi.

Le nuove generazioni sono abituate ai selfie e agli scatti improvvisati. Uscire dal meccanismo “punta e scatta” non è affatto semplice.

Se vuoi diventare un fotografo di livello superiore, invece, devi imparare a gestire la luce. Cosa significa? Sintetizzando al massimo, devi stare attento a:

  • direzione
  • intensità
  • colore

L’argomento è molto ampio e necessita approfondimenti. Puoi iniziare da questo articolo: “Ti presento la luce, migliore amica di ogni fotografo”.

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