PHOTO/ VIVIAN MAIER AI MUSEI REALI DI TORINO: STORIA DI UNA BABY SITTER CON IL CUORE DI UNA GRANDE ARTISTA

 

E’ LA FOTOGRAFA PIU’ SORPRENDENTE DELLA STORIA ESPONENTE DELLA “STREET PHOTOGRAFY” NELLA VITA HA FATTO LA BABY SITTER E SOLO DOPO TANTI ANNI IL MONDO TUTTO HA DOVUTO RICONOSCERE LA SUA ARTE. UNA MOSTRA A TORINO IN ANTEPRIMA A PARIGI, ORA RACCONTA LA SUA OPERA CON GLI SCATTI REALIZZATI IN ITALIA NEL 1959. SI CHIAMA “INEDITA” E SI PUO’ VISITARE FINO A GIUGNO.

 

Una storia triste per Vivian Maier che  muore in solitudine nel 2009 a 83 anni dopo aver svolto per tutta la vita la professione di baby sitter. Amante della fotografia, è oggi considerata tra i pionieri della “street photography”, peccato che di tutto questo lei non abbia avuto mai la consapevolezza. Nè che i suoi scatti erano in realtà artistici. Amava i bambini che cresceva come fossero suoi e nelle strade di New York, Manila, Bankok, Pechino, Chicago rubava l’anima a quei volti che fotografava, alle situazioni che intravedeva attraverso il mirino della sua macchina fotografica. La storia racconta che un giovane agente immobiliare di Chicago a soli 3 giorni dalla morte di Vivian Maier, un tale John Maloof, di appena 28 anni, ad un certo punto decise di dedicare attenzione ai negativi che aveva comprato per 400 dollari a un’asta di quartiere. E’ così che nasce il mito della fotografa Vivian Maier. Ma non è la storia simile a quella del manoscritto trovato per caso e pubblicato da un giovane autore, perchè Vivian Maier di essere una strabiliante fotografa, rappresentante della “fotografia di strada” non lo saprà mai. Maloof, che era in cerca di materiale per un lavoro sul quartiere in cui abitava in realtà aveva trovato un tesoro. Aveva scoperto per puro caso, un pezzo di storia della fotografia del ‘900. La tecnologia gli viene incontro perchè carica le foto di Vivian Maier sul sito Flickr, un sito che contiene miliardi di fotografie, molto visualizzato anche da fotografi professionisti. Valanga di commenti favorevoli e l’idea di andare a vedere su Google, dove l’unica informazione su Vivian Maier era il suo necrologio, assieme a tre nomi

John, Lane e Matthew Gensburg, che definivano Maier “una seconda madre”. Deciso ad andare fino in fondo Maloof, che dobbiamo ringraziare per la sua tenacia e perseveranza,  trova i tre ex-ragazzi ormai stimati professionisti  e assieme ricostruiscono la storia di Vivian Maier.

 

Nata a New York nel 1926 ma cresciuta in Francia fino ai 25 anni, Maier è descritta dai Gensburg come una donna riservata, solitaria, che usava la sua Brownie e poi la Leica, come un filtro tra lei e il mondo. Non ha mai stampato i 100 mila negativi accumulati in 60 anni di scatti: le foto erano per lei solo un modo per comunicare con gli altri.

 

 

I soggetti catturati da Maier sono spesso barboni, passanti, bambini che giocano e che sembrano flirtare con il suo obbiettivo. La sua poetica  stata accostata a giganti della fotografia come Diane Arbus o Walker Evans.

 

 

 

La mostra propone una parte dell’opera ancora sconosciuta di Vivian Maier, universalmente apprezzata dopo il ritrovamento dei suoi archivi nel 2007, e indaga le origini della sua poetica, legata soprattutto alla sua tipica e ormai iconica osservazione street, un tema chiave oggi frequentato e condiviso anche tramite i social media da fotografi di diversa cultura ed estrazione. La strada come attualità e contemporaneità, e, accanto, l’itinerario privato di una donna alla ricerca della sua identità.

 

Undated, New York, NY

 

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