FESTA DEL CINEMA DI ROMA/ SCALFARI LESSICO FAMIGLIARE FUORI E DENTRO REPUBBLICA

Un viaggio sentimentale dentro e fuori dai giornali in cui pubblico e privato si intrecciano e vengono alla ribalta vecchie fotografie, manoscritti, conversazioni ma anche domande e richieste di spiegazioni da parte delle figlie Donata ed Enrica che ricostruiscono con l’aiuto del padre la sua stessa storia, nel corso di un colloquio che integra il lato conosciuto e pubblico di un personaggio importante per la cultura del nostro paese con la fondazione nel 1976 di Repubblica, e il lato più nascosto e personale in un una miscellanea che a tratti fa chiedere allo spettatore il perchè di quelle rivelazioni.  Soprattutto perchè le figlie abbiano voluto raccontare la sua vita privata, anche negli aspetti più fastidiosi e più personali che hanno recato sofferenza. Una scelta totale che non nasconde sprazzi di risentimento almeno in due aspetti: il suo innamoramento per Serena, alla quale non ha mai voluto rinunciare anche mentre era sposato con Simonetta e la vendita del giornale, dovuta a mancanza di eredi maschi, anche se Barbapapa’, come veniva chiamato affettuosamente al giornale, spiega nel film che Repubblica aveva raggiunto le 800 mila copie di vendite con punte di un milione e nè lui nè Caracciolo erano più in grado di gestire un giornale di simili proporzioni da un a punto di vista della finanza. “Scalfari a sentimental journey” è un documento importante che le figlie regalano al grande pubblico e prima di tutto al loro padre. Lessico fagliare di un intellettuale controverso ma originale e sempre sulla scena tanto da decidere lui quando è il momento di scendere dal palco e quando lo fa delude tutti. nel film anche le copertine di Prima Comunicazione con l’immagine di Scalfari.

Il film è infatti un gesto d’amore e di gratitudine anche da parte di quanti lo conoscono, lo apprezzano e vi hanno preso parte con interviste, e sono tanti: da Luciano Barca a Walter Veltroni, da Lucia Annunziata a Natalia Aspesi, da Ezio Mauro a Bernardo Valli, da Roberto Benigni a Paolo Sorrentino. Sarà la Aspesi a dire che Repubblica non è più quella di prima, mentre la Annunziata ricorda il suo voler essere per forza il padre dei suo giornalisti, da qui l’appellativo di Barbapapà. Ma  nel film l’avventura giornalistica di Scalfari viene messa un pò in secondo piano. Si dà per nota, anche se lui stesso ad un certo punto riconosce che Repubblica era sì un giornale politico e che lui sentiva nei confronti dei suoi giornalisti un sentimento paterno. Interessante la scelta di inserire nel film riprendendolo da “Il Divo” di Sorrentino, il  dialogo tra Andreotti e Scalfari in cui il primo gli ricorda di aver salvato il suo giornale quando era a Palazzo Chigi.

 

Un lungo tratto biografico inizia da Vibo Valentia, città d’origine del suoi genitori, Scalfari infatti nasce a Civitavecchia da una famiglia meridionale aristocratica con simpatie per la Massoneria. Da giovane ha una breve adesione giovanile al fascismo, suo padre era amico di D’Annunzio, lui lo sarà di Italo Calvino, di cui era compagno di scuola. La fondazione di L’Espresso e la Repubblica corrisponde al suo impegno politico e intellettuale i cui maestri erano Mario Pannunzio, Enrico Benedetti, Ernesto Rossi. Le due narratrici affrontano con il padre i temi che riguardano la loro famiglia, il potere, l’amore, le scelte difficili, le sfide, il tempo che passa, la vecchiaia per un uomo che ha già 97 anni, la paura della morte e il recente rapporto di amicizia con papa Francesco, lui ateo l’altro gesuita. Più che narciso, come più volte lo definiscono, Scalfari è un istrione cui tutti devono qualcosa per aver messo a punto un giornale che non esisteva, lanciato sul mercato tra i tanti giornali benpensanti dell’epoca a fare da collettore di un’eco differente. Alla fine, però, con la vendita di Repubblica e il passaggio di mano prima al gruppo De Benedetti, successivamente alla Gedi, paradossalmente lui stesso ha messo Repubblica nelle mani dei grandi gruppi industriali e della grande finanza diversamente dal sentimento che lo aveva mosso quando decise di fondare Repubblica: il quotidiano che differentemente dagli altri non doveva essere legato a gruppo industriali o finanziari. Il cerchio si chiudeva anche per Repubblica. Perchè lo ha fatto? Ufficialmente come racconta alle figlie perchè non aveva discendenti maschi e perchè il giornale era cresciuto troppo per essere ancora sostenibile da lui solo e da Caracciolo. Ma forse un ruolo lo avranno avuto anche i cospicui introiti ottenuti,

“Scalfari, a sentimental journey” è un documentario di Donata Scalfari, Enrica Scalfari e Anna Migotto, diretto da Michele Mally, prodotto da Rai Documentari e 3D Produzioni, ed è costruito sul dialogo tra Scalfari e le figlie Donata ed Enrica, tra le mura di casa, con scorribande nella casa di campagna di Velletri e in quella di via Nomentana, tanto cara perchè fu la casa di quando la famiglia si trasferì a Roma. Sullo sfondo, i ricordi tra le nuotate al mare e il rapporto con la cronaca, la politica, la storia del nostro paese e la poesia, perchè è la poesia che Scalfari dice di aver sempre coltivato anche se non viene quasi mai riconosciuto come un poeta.

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