TRAVEL/ QUEL CHE SO DI TROPEA IL BORGO PIU’ BELLO D’ITALIA 2021 DA’ I NATALI A RAF VALLONE E A UN SIGNORE CHE SI CHIAMAVA …DEL DUCE

Quel che so di Tropea, ridente cittadina mediterranea che ha dato i natali a Raf Vallone, dove adesso lui riposa in pace, affacciata su un mare cristallino e trasparente come lo sono le acque della Calabria, è stata nominata il Borgo dei Borghi 2021. Se lo meritava, se non fosse stata una cittadina calabrese, quindi al sud del sud, certamente tutti si sarebbero accorti molto prima di questa perla, dei suoi vicoli, del suo santuario e delle sue tradizioni: la lavorazione del corallo, la tradizione culinaria di eccellenza, i suoi prodotti della terra come la cipolla di Tropea. Sembrerebbe che anche il padre di Anna Magnani fosse … di Tropea. La stampa locale ne è convinta. Nannarella fece fare delle ricerche in proposito, non conobbe mai suo padre e fu cresciuta dalle zie cui la mamma Marina Magnani l’aveva affidata una volta deciso di salpare per un’altra vita ad Alessandria d’Egitto inseguendo il suo nuovo amore. Ma poi, quando Anna Magnani scoprì che si trattava del signor Del Duce, di Tropea, disse con il sarcasmo che la caratterizzava, che no, lei non poteva proprio essere “a fija der duce”… E abbandonò le ricerche. (Simonetta Ramogida Roma Città Aperta Vito Annicchiarico il piccolo Marcello racconta il set con Anna Magnani Aldo Fabrizi Roberto Rossellini, Gangemi 2015).

 

 

Raf Vallone, Raffaele, da bambino si trasferì con i genitori a Torino, era nato a Tropea nel febbraio del 1916 e dopo aver conseguito il diploma di maturità classica, si laureò in Filosofia e poi in Giurisprudenza, sotto la guida di docenti come Luigi Einaudi e Leone Ginzburg. Fu calciatore, giornalista, attore meraviglioso e indimenticabile, e forse si può dire, bello da morire…Un adone, un fisico prestante proprio di chi fa sport. La formazione granata di cui faceva parte vinse la terza edizione della rinata Coppa Italia nel 1935-1936. Calcisticamente cresciuto nel settore giovanile del Torino (i famosi Balon Boys con cui vinse un titolo italiano ULIC ragazzi 1930-1931), alterna gli studi universitari al gioco del calcio. Esordisce in Serie A nella stagione 1934-1935, disputando una partita con la maglia del Torino e vincendo nello stesso anno la Coppa Italia.

In totale accumulò 25 presenze nella massima serie, sempre giocando nei granata. Perse la finale di Coppa Italia nel 1938 contro la Juventus. Abbandonò l’attività calcistica nel 1941 per dedicarsi al giornalismo. Fu anche partigiano. Come giornalista, fu redattore capo delle pagine culturali dell’Unità, sebbene mai iscritto al PCI per le sue posizioni di critica nei confronti dello stalinismo. Fu pure critico cinematografico per il quotidiano La Stampa. Il cinema lo ricorda per La Ciociara, Riso Amaro, e ironia della sorte, partecipò a due film di Goffredo Alessandrini, regista e marito di Anna Magnani (Noi vini; Addio Kira!). Infatti nel 1935 Goffredo Alessandrini, nato a Il Cairo (l’Egitto torna in qualche modo ad affacciarsi nella vita di Nannarella), sposò Anna Magnani, con cui ebbe una relazione tormentata e da cui si separò nel 1940 (per poi divorziarne ufficialmente solo nel 1972) e che diresse nel film Cavalleria e, nel 1952, in Camicie rosse, film che tuttavia Alessandrini non portò a termine a causa di molti contrasti sorti proprio con Nannarella e che fu quindi ultimato dall’allora trentenne e debuttante Francesco Rosi, che fungeva da aiuto-regista.

 

 

Nel 1958 Arthur Miller vide Raf Vallone al teatro Antoine di Parigi interpretare il suo dramma “Uno sguardo dal ponte” e lo impose al regista Sidney Lumet per la riduzione cinematografica, con la quale Vallone vinse nel 1962 il David di Donatello per la migliore interpretazione maschile. Nel 1963 è in “Il cardinale” di Otto Preminger e l’anno seguente è Marino Bello in “Jean Harlow, la donna che non sapeva amare ” di Gordon Douglas. Raf Vallone è ormai un divo internazionale, molto apprezzato in Europa come a Hollywood (è uno dei pochi italiani dell’ Academy Award, l’associazione che attribuisce i premi Oscar). Dagli anni ’80 in poi dirada il suo impegno sui set e si dedica soprattutto alla regia teatrale: una delle sue ultime interpretazione sullo schermo è quella del Papa Giovanni Paolo I in “Il Padrino – Parte III” del 1990. Nel 2001 pubblica la sua autobiografia “L’alfabeto della memoria” edito da Gremese. E’ stato sposato per cinquant’anni con l’attrice Elena Varzi (conosciuta nel 1950 sul set di “Il Cristo proibito” di Curzio Malaparte) dalla quale ha avuto la figlia Eleonora e i gemelli Saverio e Arabella. Ci lascia nel 2002 e riposa nel cimitero di Tropea assieme a sua moglie, pur avendo amato moltissimo Sperlonga dove si fece costruire una villa, e tuttavia tutti gli anni tornava a Tropea, proprio come ogni uomo calabrese… 

 

 

 

Già sotto i Borboni il mare attorno a Tropea fino a Pizzo e Vibo Valentia era caratterizzato da scogli di finissimi coralli, la cui fama è presto conosciuta anche dai forestieri.  La pesca del corallo si svolgeva in tutto il Golfo di Santa Eufemia ma specialmente a Pizzo si praticava questa “pescagione miracolosa”, che oggi è praticamente scomparsa, anche se esistono ancora botteghe che offrono ai numerosi visitatori gioielli di corallo. Con gli anni Tropea è diventata meta turistica molto amata da tedeschi, austriaci, forte dei suoi molti villaggi a strapiombo sul mare, gode di una vista unica e di un tramonto irripetibile: sullo sfondo del santuario lo Stromboli appare in tutta la sua bellezza, e vedendolo non puoi che pensare che …Dio esiste. Nel tempo Tropea dopo anni di abbandono del centro storico ha saputo ripulire le sue piazze, i vicoli, i “catoja”, che sono mano mano diventati ristoranti, wine bar, punti di ritrovo, tanto che ora è piacevole passare le serate per le vie della cittadella in attesa che che quel tramonto indimenticabile ti lasci senza fiato quando il rosso fuoco pare espandersi fino verso il Santuario di Santa Maria dell’Isola.

 

 

Se passiamo alla pagina enogastronomica, ci imbattiamo subito nella cipolla di Tropea, rossa, quasi viola, dolce, accarezza il palato, ricca di proprietà preparata in mousse accompagna i formaggi stagionati come nessun altra composta, sugli arrosti è gradita, l’area attorno a Tropea è piena di piccole aziende che la producono e che la esportano in tutto il mondo.

 

 

Tra i piatti prediletti, a Tropea puoi trovare la Fileja con ‘nduja e cipolla rossa di Tropea, oppure la Stroncatura calabrese con acciughe e pane “ammojjiato”, cioè la mollica di pane sbriciolata e passata in padella. Ed ecco la ricetta

 

INGREDIENTI: 

  • 400 gr di Pasta Stroncatura Calabrese
  • Alici sott’olio (meglio con olio al peperoncino)
  • Pangrattato
  • 1 spicchio d’aglio
  • Olive nere
  • Sale e Peperoncino.

PREPARAZIONE:

 

Per prima cosa occorre rosolare il pangrattato in un pentolino con pochissimo olio evo e quando raggiunto l’imbiondire mettere da parte. Successivamente fare quindi rosolare l’aglio e le acciughe e mescolarle fin quando le alici non saranno sciolte e, infine, aggiungere quindi le olive nere. Aggiustare con pochissimo sale, considerando quello già presente nelle acciughe,  e finire con del peperoncino rosso a pezzetti in abbondanza. Mettere a cuocere la pasta Stroncatura in acqua salata e appena pronta saltarla in padella unendo la mollica e il sugo di alici. Impiattarea e aggiungere un’ulteriore spolverata di pangrattato. Et voilà…. e buon appetito!

 

 

 

 

 

 

Parlando di Tropea, non si può dimenticare un accenno al Tartufo di Pizzo, che si trova a pochissima distanza e vanta… il gelato piu’ buono del mondo… esportato anche in Usa da sempre, ancor prima che il tartufo fosse reperibile nelle altre riviere costiere della Calabria.

Infine, le ceramiche. Antica tradizione calabrese, quella delle ceramiche si è estesa in modo particolare a Squillace, a Seminara dove ha aperto anche un museo, a Gerace. Le ceramiche calabresi hanno la particolarità dei colori: rosso a Squillace, verde a Tropea e spesso delle rappresentazioni con sembianze a volte di mostri divini e di pigne, mentre molto diffuse sono le cosiddette “tarantine”  e la tradizione artistica riproduce a Squillace, per esempio, le ceramiche bizantine.

 

 

Allora, perchè andare a Tropea? La cittadina è spettacolare, si mangia bene, il mare non ha nulla da invidiare a quello della Sardegna. In giornata si possono raggiungere Scilla, le Isole Eolie, la Sila, Taormina, Monte Sant’Elia, e tanti altri luoghi meravigliosi, la stagione dura da maggio a ottobre… meglio di così?

 

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