MOVIE/ BERNARDO BERTOLUCCI IL SEGNO DEI GRANDI E’ CHE NON MUOIONO MAI

IL REGISTA NATO IL 16 MARZO 1941

 

 

Il segno dei grandi è che non muoiono mai. Rimangono con noi attraverso le loro opere anche quando ci abbandonano. Oggi vale per Bernardo Bertolucci, regista e intellettuale … monumentale. Ha attraversato nei suoi film tutti i periodi storici e tutte le culture, immedesimandosi fino in fondo nei luoghi in cui andava per girare. Lo ha fatto con Il the nel deserto, tratto da un libro di Paul Bowles e girato in Marocco. Bertolucci è stato tra i primi ad affondare da europeo i piedi nella sabbia sahariana e inseguire quel sentimento che nel deserto porta a perdersi o a ritrovarsi come non mai. Il mal d’Africa appassionava fino a quel momento poeti come Pier Paolo Pasolini, letterati come Alberto Moravia o Dacia Maraini. Il grande pubblico, no. Non andava per il deserto. Lo ha fatto con il Piccolo Buddha, studiando il Tibet e i monaci, film ambientato in Nepal e negli Usa, e poi ancora con l’Ultimo Imperatore, film che vince ben nove oscar, con cui ha condotto tutti gli spettatori a guardare alla Cina quando per gli europei quel continente appariva ancora come un mondo incomprensibile. Grande intellettuale, forse l’ultimo maestro del cinema italiano ha esplorato i costumi con film come Ultimo tango a Parigi, la Luna, Io ballo da sola, The Dreamers raccontando temi forti con mano leggera a volte mista a brutalità. Sempre precursore. Dei tempi, delle tendenze, delle mode.

 

 

 

 

Poi ci sono film come il Conformista, tratto da un romanzo di Alberto Moravia, Strategia del ragno o la Tragedia di un uomo ridicolo che lo rendono esploratore delle virtù e delle nefandezze dell’essere umano. Novecento, è un’epopea sul mondo contadino dell’Emilia Romagna con grandi attori come Robert De Niro, che parla della storia d’Italia fino alla seconda Guerra Mondiale. Perchè la storia si può studiare anche al cinema…

Il grande successo arriva con Ultimo tango a Parigi, con Marlon Brando e Maria Schneider nel 1972, film scandaloso, riabilitato dopo 46 anni, film che porta in auge e distrugge per sempre la giovane carriera di un’attrice ingenua proprio come Maria Schneider, rispetto alla quale lui avrà parole di dispiacere per la scena incriminata, di cui l’attrice non sapeva nulla, non era nel copione, è apparsa improvvisamente come racconterà lo stesso Bertolucci, da un’occhiata lampo tra lui e Marlon Brando. Ma è lei a subirla. La giovane attrice francese diventa il sex symbol di un’intera generazione: faccia angelicata mista a sregolatezza e senso di libertà, ma non avrà mai più successo. E lo dichiarerà lei stessa prima di lasciarci per sempre a 58 anni nel 2011, tutta colpa di quel film, tutta colpa di quella scena. Naturalmente si trattò di finzione scenica, come in tutte le altre scene di sesso di Ultimo tango a Parigi. E fu la stessa attrice ad ammetterlo ma anche dopo molti anni pur dopo anni, Maria Scheider non riuscì a perdonare Bernardo Bertolucci e neppure Marlon Brando. “Quella scena non era nella sceneggiatura originale. La verità è che fu a Marlon che venne l’idea. Me ne parlarono solo poco prima di girarla, e io ero davvero arrabbiata per questo. Avrei dovuto chiamare il mio agente o il mio avvocato, perché non si può costringere qualcuno a fare qualcosa che non è nel copione, ma a quel tempo non lo sapevo. Marlon mi disse: ‘Maria, non ti preoccupare, è solo un film’, ma durante la scena, anche se ciò che Marlon stava facendo non era vero, io piansi lacrime vere. Mi sono sentita umiliata e a essere onesti un po’ violentata, da Marlon e da Bertolucci“.

Nella stessa occasione Maria Schneider non ebbe parole tenere per Bertolucci, che definì un regista sopravvalutato e un manipolatore. Scena che sintetizza il film: il sesso come unica risposta possibile al conformismo del mondo circostante da parte di due persone ormai alla deriva la cui unica risposta alla vita sembra essere la trasgressione. Ma dopo la trasgressione l’amore, diviene difficile riconoscerlo. Lui si innamora. Lei vuole continuare a giocare. Lei è giovane non è un quarantenne come lui…

Il film, dopo la sua prima proiezione nella grande mela subisce mille traversie, viene censurato nonostante si piazzi al secondo posto negli incassi nella stagione 1972-73, la pellicola viene sequestrata, ritirata dalla Cassazione nel 1976 e il regista condannato per offesa al comune senso del pudore. Di conseguenza Bertolucci viene privato dei diritti civili per cinque anni. Il mondo va avanti, cambiano i costumi e nel 1987 dopo alcuni processi d’appello, la pellicola viene dissequestrata.

 

 

 

La Cineteca Nazionale di Roma aveva mantenuto le copie rimaste dopo quelle mandate al macero, come alcune Cineteche estere che possedevano le copie integrali, pertanto è stato possibile rieditare il film in Dvd. Ultimo tango a Parigi è tornato in sala a maggio di quest’anno nella versione originale restaurata in 4K a cura della Cineteca Nazionale e della Cineteca di Bologna, con la supervisione di Vittorio  Storaro per l’immagine, e di Federico Savina per il suono. Alla prima mondiale, che si è svolta a Bari era presente lo stesso Bertolucci. Il regista molto amato negli anni settanta, incompreso anche quando ha portato sullo schermo film difficili come la Luna, che parla di incesto e di droga, o The Dreamers che affronta il tema di un rapporto tra tre ragazzi. Lui ha sempre sondato l’animo umano. Anche quando con Io ballo da sola, si è divertito a frugare nel mondo di una giovane donna, ancora inesperta di sesso e dell’entourage maschile che impazzisce sapendo che tra gli ospiti c’è anche una giovane… vergine. Amore e morte.

Ci ha lasciati che aveva settantasette anni, lui non c’è più ma è stato grande il suo insegnamento.

 

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