(da winenews)
Con Sanremo alle porte, WineNews e il ritrovato entusiasmo per la musica dal vivo offrono l’opportunità e lo spunto per un breve viaggio tra le canzoni. Alla scoperta del ruolo che da un punto di vista testuale e semantico ha il vino nei testi di alcuni degli artisti più importanti dal cantautorato al rock, dal britrock al rap, perché in ogni mondo il nettare degli dei ha un signiificato ed un ruolo differenti.
Nella tradizione del cantautorato italiano, ad esempio, il vino gioca spesso un ruolo di primo piano: in “Che coss’è l’amor”, Vinicio Capossela è “il re della cantina/vampiro nella vigna” in una impareggiabile ode all’amore. Ancora più scanzonata, “Venti bottiglie di vino” della Bandabardò, secondo cui “Servono venti bottiglie di vino/Chi dice di più, chi dice di meno/Chi vuole la calma serena e orgogliosa/Di chi crede, di chi osa”, di chi, cioè, ha voglia di viaggiare, scoprire, cadere e rialzarsi. Un altro cantautore, un po’ più giovane, che al vino e al mondo delle osterie, specie romane, ha legato a doppio filo i primi lavori, è Mannarino, che nel “Bar della rabbia” si racconta così: “So l’odore de tappo der vino che/Hanno rimannato ndietro”. E poi continua: “e se me gira faccio fori pure er cavallo/tanto vado a vino mica a cavallo”. Fa parte dello stesso immaginario, e della stessa generazione, “Il timido ubriaco” di Max Gazzè: “Chino/Su un lungo e familiar bicchier di vino/Partito per un viaggio amico e arzillo/Già brillo”.
Molti anni prima, era stato Piero Ciampi a dedicare un’ode indimenticabile al nettare di Bacco, “Il vino”, anche qui protagonista di sventure e compagno di vita: “Com’è bello il vino/Rosso rosso rosso/Bianco è il mattino/Sono dentro a un fosso/Ma com’è bello il vino/Bianco bianco bianco/Rosso è il mattino/Sento male a un fianco”. Vino che non mancava mai sul palco come nei testi di Francesco Guccini (che abbiamo incontrato qualche anno fa a Collisioni), a partire dalla splendida “Avvelenata”, manifesto liberatorio di libertà: “Io solo qui alle quattro del mattino, l’angoscia e un po’ di vino, voglia di bestemmiare … Mi piace far canzoni e bere vino, mi piace far casino, poi sono nato fesso”. Ma il vino sa e può assurgere a ruoli ancora più alti, farsi allegoria o pietra angolare di un amore. Pensiamo a “Il primo bicchiere di vino” di Sergio Endrigo: “Il primo bicchiere di vino/Che ho bevuto in vita mia/L’ho bevuto Maria/Alla tua salute/Ricordi Maria/Quelle nostre giornate di vento/Il cielo lo sa/Quante volte mi hai detto di no”. O, in tutt’altra ottica, nella sua a volte inintelligibile poetica, in “Bacco e Perbacco” di Zucchero: “Baby don’t cry, make it funky/Pane e vino io ti porterò/Miele e Venere su dai campi/Che c’ho l’anima nel fondo del Po”.
Ne “Il pane, il vino e la visione” di Sergio Cammariere il vino è inscindibile dal pane e dalla visione, e con essi al centro della felicità: “Ma se potrai dividere davvero/Il pane il vino e la visione/E affrontare ogni giorno col sorriso/La nostra missione un sorriso, che sia la comunione/Un sorriso, l’amore che verrà”. Nell’ode alla “Luna”, che tante canzoni e poesie ha ispirato, Gianni Togni, nel suo maggiore successo, scrive: “E guardo il mondo da un oblò/Mi annoio un po’/A mezzanotte puoi trovarmi/Vicino a un juke-box/Poi sopra i muri scrivo in latino/Evviva le donne, evviva il buon vino”. Tante sono le citazioni di Faber, Fabrizio De André, spesso tra le pieghe agri di racconti di vita come “La città vecchia”, in cui canta: “Loro cercan là la felicità/Dentro a un bicchiere/Per dimenticare d’esser stati presi/Per il sedere/Ci sarà allegria anche in agonia/Col vino forte/Porteran sul viso l’ombra di un sorriso/Fra le braccia della morte”. Anche Rino Gaetano ha messo il vino in un suo pezzo, “La festa di Maria”: “Una mela ho mangiato/Del vino ho bevuto/Ma non è la festa mia/È la festa solamente di Maria”. E che dire di quell’inno alla gioia che è “Felicità”, pezzo storico di Albano e Romina, elenco semplice di quanto di bello ci sia nella vita e nelle piccole cose, investite, come il vino, di valori profondi: “Felicità/È un bicchiere di vino con un panino, la felicità/È lasciarti un biglietto dentro al cassetto, la felicità/È cantare a due voci quanto mi piaci, la felicità/Felicità”.
Ci sono poi canzoni in cui il vino, semplicemente, è il vino, e “fa” il vino. Ne è un esempio “4/3/1943” di Lucio Dalla: “E ancora adesso che gioco a carte/E bevo vino,/Per la gente del porto/Mi chiamo Gesù Bambino”. Ma anche “Samarcanda” di Roberto Vecchioni: “Ridere, ridere, ridere ancora/Ora la guerra paura non fa/Brucian nel fuoco le divise la sera/Brucia nella gola vino a sazietà”, in cui comunque il vino è simbolo di vittoria e di festa, bevuto per celebrare la fine della guerra. In “Quattro amici” di Gino Paoli, non è che un bicchiere al tavolo di un bar: “Si parlava in tutta onestà di individui e solidarietà/Tra un bicchier di vino ed un caffè/Tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi però”, compagno però di discorsi alti.
Ma il vino, sia nelle canzoni dei decenni passati che in quelle più recenti, è sinonimo di passione e romanticismo. Pensiamo a “Le cose che abbiamo in comune”, manifesto di una storia semplicemente inevitabile, firmato da Daniele Silvestri: “E ad ogni domanda una nuova conferma/Un identico ritmo di vino e risate/E poi l’emozione di quel primo bacio/Le labbra precise, perfette, incollate”. Ancora più popolare, alla fine degli anni Settanta, “Ti amo” di Umberto Tozzi, un canto a tratti disperato e ricco di passione: “Apri la porta a un guerriero di carta igienica/E dammi il tuo vino leggero/Che hai fatto quando non c’ero/E le lenzuola di lino”, in cui il vino, in questo caso, è solo un’allegoria. Sceglie ritmi latini, nella sua “Non vivo più senza te”, Biagio Antonacci: “Non vivo più senza te anche se/Anche se la luce cala puntuale sulla vecchia torre al mare/Sarà che il vino cala forte più veloce del sole/Sarà che sono come un dolce che non riesci a evitare/Sarà che ballano sta pizzica, sta pizzica”. Sembra una filastrocca, amara e al contempo ricca di sensualità, “Fragole buone buone”, successo datato 1984 di Luca Carboni: “Col rossetto lì sulle labbra/Con le labbra che san di vino, divino/Il sapore di queste sere/Che finiscono”.
Alla fine di un lungo viaggio lungo la Penisola, il brindisi è tra le mani “a coppa”, per Antonello Venditti, che in “Bomba o non bomba” canta: “La gente ci amava e questo è l’importante/Regalammo cioccolata e sigarette vere/Bevemmo poi del vino rosso nelle mani unite/E finalmente ci fecero suonare”. Usa una metonimia, nel suo pezzo più chiaramente enoici, Luciano Ligabue, andando tra i filari, per una volta, in “Lambrusco & Pop Corn”, scrive: “Vieni qua/C’è un bicchiere di vigna/E un vassoio di mais già scoppiato/Ballaci su questa terra/Faremo un po’ piovere… Lambrusco e pop corn/Non è così facile/Perché prima e dopo il sogno c’è/La vita da vivere, vivere/Lambrusco e pop corn/E via sopravvivere”. Non potevamo non citare, quindi, un capolavoro che meriterebbe una dissertazione tutta sua, “Barbera e Champagne”, ovviamente di Giorgio Gaber. Il racconto di due amori finiti male, affogati, simbolicamente, in due vini tanto diversi, come gli amori finiti, come le storie: “Triste col suo bicchiere di Barbera/Senza l’amore al tavolo di un bar/Il suo vicino è in abito da sera/Triste col suo bicchiere di Champagne/Sono passate già quasi tre ore/Venga, che uniamo i tavoli signor/Voglio cantare e dimenticare/Coi nostri vini il nostro triste amor”.
Non si pensi, però, che il vino viva solo tra i testi dei cantautori o dei grandi successi di ieri, anzi. Ha un suo ruolo anche nella musica contemporanea, in tutte le sue sfaccettature. Dal pop elegantissimo di “Senza fare sul serio” di Malika Ayane: “C’è chi si sente in pericolo/C’è chi si sente un eroe/Chi invecchiando è più acido/Chi come il vino migliora”; all’indie di Cosmo, in “Un lunedì di festa”: “Una gita sul lago/Pedalò e vino bianco/A mille all’ora col SUV”, e dei “Marta sui Tubi”, che del vino fanno la misura del tempo con “Di vino”: “Batterai le ciglia/Quattrocento milioni di volte/Berrai mille birre/E duemila bottiglie di vino, di vino”. Persino nella nicchia dell’R’n’B contemporaneo italiano c’è spazio per il vino, sin dal titolo, in “Notte di Vino” di Claver Gold e Davide Shorty: “Notte di vino, stammi vicino/Noi che per fare la pace facciamo casino e svegliamo il vicino”. E si arriva, così, al rap, che del vino, specie lo Champagne, ha fatto uno status symbol, ma non solo. Per Fabri Fibra, in “Stavo pensando a te”, è l’inizio casuale di una storia sbagliata: “Cercavo solo un po’ di vino rosso/Però alla fine, vedi, è tutto apposto”. Toni simili, disillusi, anche quelli di Emis Killa, in “Champagne e Spine”, featuring con Entics: “Qui, credi che sia tutto/Champagne e bollicine/Ma finito questo ti rimangono le spine”.
Chiuso il capitolo italiano, si apre quello relativo alla musica internazionale, sostanzialmente americana e inglese, tra rock, pop e, ancora, rap. Tante sfumature diverse, con il vino perlopiù citato en passant, da una cultura e una poetica, spesso distante, ma non sempre. A volte, invece, come ammesso dallo stesso autore, Liam Gallagher, la poetica è consapevolmente inafferrabile ai più, come nella citatissima “Champagne Supernova” degli Oasis: “Someday you will find me/Caught beneath the landslide/In a Champagne supernova in the sky”. In “White wine” di Lil Peep e Lil Tracy, invece, c’è davvero poco, anzi niente, da spiegare: “More wine, more wine, baby, pour another cup (pour another cup)/Lord why, Lord why do I gotta wake up?/(More wine) more wine, more wine, (more wine) baby, pour another cup”. Gli UB40, in un successo planetario come “Red red wine”, usano il vino per dimenticare un amore perduto: “Red, red wine goes to my head/Makes me forget that I still need her so”. Per Hozier, il vino, è di ciliegia, in “Cherry wine”: “The blood is rare and sweet as cherry wine”. In “Good Friend and a Glass of Wine” di LeAnn rimes, il vino è al centro di un canto spensierato che diventa ricetta per la felicità: “We talk trash n’ we laugh and cry/That kind of therapy money can’t buy/Every now and then, every now and then/Every girl needs a good friend and a glass of wine”.
Anche il grande rocker Johnny Cash ha dedicato una sua canzone al vino, “Melva’s Wine”, con un chiaro riferimento – immaginiamo – alla vendemmia: “Every year about this time/My wife Melva made some wine”. Persino i Led Zeppelin, in un abbinamento tanto ardito quanto inconsapevolmente moderno, ne hanno scritto, in “Going to California”: “Spend my days with a woman unkind/Smoked my stuff and drank all my wine”. All’appello, non manca il Premio Nobel Bob Dylan, con “All along the watcheover”, per quanto en passant: “Business men, they drink my wine”. Di “Killer Queen”, mitica canzone dei Queen, uno dei brand più importanti dello Champagne è l’incipit della canzone: “She keeps her Moet et Chandon/In her pretty cabinet”. E ancora, nella bellissima “Hotel California” degli Eagles i riferimenti al vino sono addirittura due: “So I called up the Captain, “Please bring me my wine”, prima, e “The pink champagne on ice/And she said “We are all just prisoners here, of our own device”.
Nancy Sinatra, nella sua “Summer Wine”, canta: “Strawberries, cherries and an angel’s kiss in spring/My summer wine is really made from all these things”. Mentre in “Scenes from an Italian Restaurant”. Billy Joel regala un affresco delizioso del ristorante che fa da cornice ad un amore: “A bottle of white, a bottle of red/Perhaps a bottle of rose instead”. Decisamente più rude, come il suo stile, il vino raccontato in “Good Times, Cheap Wine” da Kid Rock: “I ain’t never been a Champagne drinking man/And I ain’t never been a Coldplay music fan…/I like some good times, cheap wine, back beat rock and roll”. Tutt’altra poetica, decisamente più bohémien, quella dei The Libertines, che in “Love on the Dole” cantano: “How many cups of wine will I have consumed?/The people realize they have rolled past my tomb”. Anche i The Kooks, in “It is me”, hanno dedicato un passaggio al vino: “Bring me a pig’s heart/And a glass of wine”.
Crepuscolare, e vagamente arrabbiata, l’atmosfera di “The Bad Thing” degli Arctic Monkeys: “She said, “It’s the red wine this time, “but that is no excuse”. Ha risuonato in radio giusto la scorsa estate l’orecchiabilissima “Sangria Wine” di Pharrell Williams: “She do the sangria wine (woo), sangria wine (uh-huh)/Moving side to side (woo), front and behind (uh-huh)”. Bruno Mars, in “That’s what I like”, tra le cose che ama mette anche “Strawberry champagne on ice”, gancio perfetto per citare “Strawberry Wine” di Ryan Adams: “Last night in the street collapsed on itself/In fact, it broke right in two/And I fell in/The strawberry vines/Into a pool of strawberry wine/Strawberry wine and clouds”. Infine, Ne-Yo canta la sua “Champagne Life” così: “Yes, well it’s a beautiful day/It’s gon’ be a beautiful night/Break out the Champagne”, e The Fireballs, in “Bottle of wine”, “Times getting rough I ain’t got enough/To buy me a bottle of wine”.
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