LIBRI: LE MOLESTIE MORALI SE INCONTRI IL CANNIBALE UCCIDILO GANGEMI EDITORE DI SIMONETTA RAMOGIDA

“Qualcuno mi ha detto che in genere le persone non riescono a sopportare troppa realtà. Voleva dire che preferiscono la fantasia a un’accurata riproduzione della loro esistenza. Le persone hanno già abbastanza realtà da sopportare, semplicemente vivendo la loro vita, crescendo i figli, sopportando gli eterni fardelli di nascita, tasse e morte” J . Baldwin

 

“Considero questa   frase di  Baldwin, scrittore ed   esponente  del movimento per i diritti civili degli anni sessanta, un monito  a considerare come  ognuno di noi si debba sforzare per continuare ad accorgersi di quanto succede  e lottare quotidianamente  per il diritto ‘civile’ di ognuno” Laura Muscardin.

 

Storia di Anna che incontrò il cannibale e lo divorò

 

Un romanzo che ha per tema le violenze morali e si snoda attraverso tre livelli di lettura mentre racconta lo stupore di una bambina, Anna, che non può comprendere a soli a otto anni, le richieste di don Mario nel confessionale e che neppure capisce che la sua compagna di giochi, Angela, è gelosa e proprio per questo la bullizza. La sua gioiosità non si esaurisce con lo scorrere del tempo, neanche quando dovrà difendersi da molestie ben più aggressive e devastanti nel mondo del lavoro. Anche adesso che è adulta, Anna stenta a riconoscerle perchè è difficile mettere in relazione quel sopruso, quelle umiliazioni, quelle offese subite, quei silenzi che minano la sua integrità fisica e psicologica, con le violenze, che sono sempre più complesse ma sempre uguali a se stesse che si chiamino mobbing, stalking, bulling, cyberbullismo, straining, gaslighting, fino alle persecuzioni psicologiche, al femminicidio, fino alla morte.

 

È di questo che parla il nuovo romanzo di Simonetta Ramogida Le molestie morali. Se incontri il cannibale uccidilo” edito da Gangemi, con la Prefazione di Laura Muscardin, regista e sceneggiatrice (La guerra di Cam, Billo, Tutti pazzi per amore, I figli di Roma città Aperta, Matrimoni e altre follie).

 

Quante sono le forme di violenza che una donna attraversa lungo l’arco della sua vita spesso senza riconoscerle come tali? E’ questo l’interrogativo che pone il nuovo romanzo di Simonetta Ramogida, senza dimenticare che anche gli uomini possono essere oggetto di

molestie. Lo rivelano i dati statistici, ne parla un film del 2015 di Tom MacCarty, “Il caso Stotlight”. Un racconto che per 160 pagine presenta differenti chiavi di lettura: quello della medicina e del sostegno terapeutico, quello che attiene alle norme e alla giurisprudenza, e infine quello dell’informazione e il giornalismo che fanno da sfondo al romanzo, senza tralasciare qualche pagina di storia, quella con la “S” maiuscola, il dopoguerra a Roma e l’esperienza del Treno dei bambini, o Treno della Felicità, attraverso lo sguardo smarrito di una bambina che fu protagonista di quell’esperienza messa a punto tra il 1946 e il 1947 dall’allora Pci e che prevedeva un grosso progetto di affidamento dei bambini sfollati dopo il bombardamento di Roma del 19 luglio 1943, e di tanti altri bambini poveri del centro-sud d’Italia presso le famiglie dell’Emilia Romagna. Un programma che interessò quasi ottantamila bambini, in un’Italia devastata dalla seconda guerra mondiale ma capace ancora di grande solidarietà che con questa iniziativa cercava di dare un futuro ai suoi figli meno fortunati.

 

 

E’ la storia di Anna, una giornalista che la sera esce tardi dalla redazione, che passa dalla libreria, che si siede in chiesa a sfogliare i libri. Che comincia a ricordare: perché quel prete, quando gli raccontava dei primi amori, le aveva chiesto “La notte, cara, la notte… le mani dove le metti?” Una storia che si intreccia con altre storie, come fanno i romanzi, e rivela emozioni, memorie, fino all’incontro che salva la vita e lei piano piano riemerge dalle sue paure. Una storia che ci porta dentro al giornale, mentre si lavora tra sovranisti e Berlusconi, e ai confessionali dove lei non sarebbe mai più entrata per raccontare le molestie che subiva da adulta, quando ha già un lavoro e solo per questo è “fortunata”, in un’epoca storica in cui il lavoro non è più un diritto sancito dalla Costituzione ma è appunto una fortuna. “Anna, di che ti lamenti?”. La depressione, l’ansia, le vertigini, le diete che non servono a niente. Sono prese di coscienza. Fino al Me-To delle suore che due anni fa raccontano di essere state molestate dai preti…

 

 

Una esperienza di psicoterapia ericksoniana diviene l’espediente per ridisegnare quel file rouge che lega forse quasi tutte le forme di violenza. Il ricordo di bambina della protagonista Anna, di don Mario e del confessionale rappresenta solo il primo incontro con le molestie. Il bullismo della sua amica Angela quando ancora bambine si contendono il fidanzatino è un colpo al cuore che Anna non aveva messo in conto. Le amiche possono tradire, impara Anna. L’amore pure. Il lavoro diventa una “fortuna” che deve essere conquistata giorno per giorno, non c’è certezza per il futuro che diventa fragile come la protagonista, una lotta impari a base di colpi di scena, un andare avanti e indietreggiare anche nella professione col solo scopo di sopravvivere al terrore psicologico, alle calunnie, alle molestie ma il finale è lieve perchè lui “muore”… il cannibale, in senso metaforico, naturalmente.

 

Vuoi essere felice o vuoi avere ragione? Continua come una ninna nanna che si perpetua ogni sera l’invito della sua dottoressa. Anna sceglie di essere felice, non ha bisogno di vendette e anche se è successo proprio a lei riesce ancora a guardare il mondo attorno con quegli occhi pieni di stupore, di magia, di emozione. La stessa emozione della Brunetta quando per la prima volta scende dal Treno della Felicità che la porta da Roma a Mirandola nel periodo postbellico e dove partecipa a quel programma di assistenza ai bambini sfollati messo a punto tra il 1946 e il 1947 dall’allora partito comunista in Emilia Romagna.

 

 

Il libro contiene anche alcune foto originali, gentilmente concesse dalla Brunetta che ricordano quell’episodio di grande solidarietà, e diverse immagini relative a luoghi di si parla nel romanzo: Milano, Roma, new York, Berlino e poi il mare…

 

Un estratto dal romanzo Le Molestie Morali. Se incontri il cannibale uccidilo, di Simonetta Ramogida giornalista e scrittrice.
“Il Treno della Felicità”
 
Quella mattina sul treno che portava verso il Nord c’erano una ventina di bambini. La Brunetta assieme al suo fratellino Carlo erano seduti nell’ultimo scompartimento di un treno a vapore con i sedili in legno e notavano che ad ogni stazione scendeva qualche bambino. Bruna era preoccupata perchè scendevano tutti gli altri bambini e loro invece no. Allora cominciò a piagnucolare e a dire: “A noi non ci prende nessuno?” “Non ti preoccupare sorella mia, le diceva Carlo per rasserenarla, prima o poi ci prenderanno anche a noi”… Mirandola era l’ultima fermata, e lì finalmente scesero anche loro da quel treno. Con Ines e Daniele, c’era anche un’altra coppia di coniugi, Ines, le due donne si chiamavano stranamente allo stesso modo, e Italo che avevano anche un figlio maschio. Fu per questo che decisero di prendere il maschietto, cioè Carlo, così avrebbe giocato con il loro figliolo, tanto piu’ che, come sembrava, avevano più o meno la stessa età. Ines e Ines abitavano con i loro mariti nello stesso palazzetto antico, nella piazza centrale di Mirandola, praticamente in piazza Pico della Mirandola, e i loro appartamenti erano collocati uno sopra l’altro. Lo avevano deciso insieme quelle due donne dal cuore d’oro di aderire al progetto di affidamento per i bambini sfollati del bombardamento di Roma. Confortate dal fatto che si sarebbero aiutate l’una con l’altra. Erano due sarte e appena la Brunetta e Carlo arrivarono da Roma, fecero loro il bagnetto, e cucirono un pigiamino tutto nuovo, con la stoffa di flanella che era avanzata dalla manifattura delle lenzuola. Ci misero solo un’ora e mezza, tanto erano brave, a realizzare quei pigiamini caldi come l’amore che erano pronte a donare a quei due bambini. Ma quando la Ines tolse la canottiera alla piccolina per immergerla nella vasca da bagno e insaponarla dalla testa ai piedi, trovò una cosa che non si sarebbe mai aspettata. Nonna Lucia le aveva cucito nella parte interna di quella maglietta bianca il libretto della scuola. Così, vedendolo si accorse che la Brunetta andava a scuola… Chiese alla bambina ancora incredula: “Ma che tu vai a scuola”? E la Brunetta le rispose che si, lei faceva la prima elementare. La Ines si affacciò subito alla finestra, per parlare con la Ines del piano di sotto e tutta affannata le disse: “Oh, guarda che questa qua va a scuola”! Ma l’altra Ines la tranquillizzò dicendole che l’avrebbe aiutata, di non preoccuparsi. La piccola Bruna capì subito che poteva esserci un problema e tremante le disse: “Ma che adesso mi rimandi indietro?” Ma la Ines era una donna troppo generosa e a rimandarla a Roma non ci pensava proprio.
Ines e Ines avevano voluto prendere due fratelli in affidamento per poter condividere quella esperienza di solidarietà e di amore, e alla stazione di Mirandola, quando arrivarono i bambini chiesero proprio: “Chi di voi è fratello e sorella”? E Italo disse a Daniele: “Prendete voi la bambina che è piccola e non va a scuola”. Loro invece dovevano comunque accompagnare il loro figliolo che era iscritto alle scuole elementari, quindi si trattava solo di portare con lui anche Carlo. A scuola la maestra prendeva in braccio la Brunetta e girava tra tutti i banchi. Era così magrolina che pesava all’incirca dieci chili.
Tratto dal libro Le Molestie Morali.Se incontri il cannibale, uccidilodi Simonetta Ramogida pubblicato da Gangemi editore: una pagina di storia, quella del Treno della Felicità, o Treno dei Bambini, che si riferisce al programma di solidarietà dei bambini sfollati del centro sud d’Italia nel dopoguerra e che vengono affidati a famiglie dell’Emilia Romagna in base a un progetto realizzato dal PCI di allora.
Siamo tra il 1946 e il 1947 e la protagonista ricorda i racconti della Brunetta che partecipò a quel progetto e poi quelli di papà Ettore e il dopoguerra a Roma tra l’assedio nazifascista e la fame, la miseria, il cibo razionato e la borsa nera. Era fuggito per ben tre volte dalle truppe nazifasciste a Roma, anche se era stato protagonista di una retata e portato a Regina Coeli e un’altra volta alla Caserma di viale Giulio Cesare. La terza volta non riuscirono a prenderlo: si era nascosto tra gli arbusti e un canneto sulla sponda di un rigagnolo e i militari tedeschi non lo videro. Era andato a Norcia a recuperare un pò di cibo per sè e per la sua famiglia: era il più grandicello di cinque figli, e cercava in ogni modo di trovare le materie prime per fare la pasta e il pane: la farina e le uova….

 

Alla fine una ricca documentazione e un glossario che può aiutare a capire di quante forme possono essere fatte le violenze.

Clicca sotto per chiudere la ricerca