SOLDI&FINANZA/ UNO STUDIO BANKITALIA: SALVIAMO LA BUSSOLA… I DATI ECONOMICI AL NETTO DEL COVID-19 PER SEGUIRE LA ROTTA

SALVIAMO LA BUSSOLA… I DATI ECONOMICI SONO LA BUSSOLA PER CHI DEVE PRENDERE DECISIONI SULL’ECONOMIA MA SE SONO INFLUENZATI DAL COVID-19 RISULTANO ALTERATI PER CHI DEVE MANTENERE LA ROTTA. SERVE QUINDI UNA FORTE SINERGIA TRA LE ISTITUZIONI DI STATISTICA E QUELLE PREPOSTE ALLA COSTRUZIONE DI BASI INFORMATICHE. ANCHE FACEBOOK GOOGLE E AMAZON APPLE POSSONO AVERE UN RUOLO NELLA RACCOLTA DEI DATI

 

Il testo è apparso in lingua inglese in data 12 aprile 2020 su Voxeu.org. Le opinioni espresse sono personali,

messe a punto da Claudia Biancotti, Alfonso Rosolia, Fabrizio Venditti e Giovanni Veronese, e – si sottolinea nell’analisi degli esperti Bankitalia – non riflettono necessariamente la posizione della Banca d’Italia o della Banca Centrale Europea.

 

 

Il mondo naviga in acque quanto mai agitate. Forse per la prima volta nella storia, abbiamo tutti di
fronte la stessa minaccia – nei Paesi avanzati come in quelli emergenti, dentro e fuori le città, a tutti
i livelli di reddito, di ricchezza e di istruzione. Ogni persona e ogni istituzione può fare una parte
nell’arginare l’onda. In molti possono concorrere a disegnare una mappa attendibile. Non riuscirci
indebolirà la capacità di affrontare l’emergenza e l’efficacia dell’azione pubblica. In questo
momento non ce lo possiamo permettere.

 

Per chi prende decisioni di politica economica, per i mercati e per il pubblico, l’informazione
statistica è come la bussola per il marinaio. Tuttavia, le misure messe in atto su scala globale per
contenere la diffusione del Covid-19 avranno effetti profondi non solo sulle imprese e sulle
famiglie, ma anche sulla stessa bussola che dovrebbe indicare la rotta.

 

Vi è il rischio concreto di non cogliere i rapidi mutamenti in corso nelle nostre economie, proprio
quando sarebbe più urgente tenerne traccia. Definire le risposte di politica fiscale e monetaria a
questa crisi sarà ancora più difficile se vi è carenza di informazioni adeguate. Anche il processo di
formazione dei prezzi sui mercati finanziari è meno efficace; ne derivano episodi di volatilità che
possono aggravare lo shock dovuto all’emergenza sanitaria. Vi è poi un altro aspetto rilevante: una
diffusa mancanza di informazioni è un’arma formidabile in mano a quanti mirino a lacerare il
tessuto delle nostre democrazie. In assenza di dati attendibili, che ancorino il dibattito pubblico,
prospera la disinformazione. Diventa più facile far circolare notizie non accurate su questioni
rilevanti come i costi umani ed economici della pandemia, per esagerarne o minimizzarne gli effetti
a seconda della convenienza del momento e di strategie di più lungo termine.
Siamo di fronte a una sfida senza precedenti che, in quanto tale, richiede sinergie nuove.

 

 

Ad esempio, la compilazione degli indici dei prezzi al consumo – si spiega – prevede
la raccolta di dati presso produttori e punti vendita, ma alla luce della chiusura di molte attività
commerciali in conseguenza delle misure di lockdown, è naturale chiedersi quanto sia estesa la
perdita di informazioni statistiche, se e come i dati mancanti siano imputati.
Le banche centrali dovrebbero fare la loro parte, ampliando la platea di utenti delle loro statistiche e
diffondendo aggiornamenti più tempestivi sullo stato dell’economia. La Federal Reserve di New
York, ad esempio, ha recentemente avviato una valutazione settimanale dello stato della
congiuntura basata sulle vendite al dettaglio, sulla produzione di materie prime, sul consumo di
energia e sull’andamento della disoccupazione. Molte banche centrali stimano regolarmente modelli
econometrici di questo tipo. Anche altre istituzioni pubbliche, benché non direttamente coinvolte
nella produzione statistica, talora raccolgono per ragioni amministrative e di regolamentazione dei
dati che potrebbero essere diffusi a una platea ampia di utenti. In questo perimetro rientrano, tra gli
altri, gli istituti di previdenza, le agenzie fiscali, gli uffici del lavoro, le autorità dei trasporti e quelle
energetiche. La diffusione dei dati raccolti da questi soggetti, a un livello di aggregazione
sufficientemente alto, aiuterebbe i processi decisionali senza compromettere il diritto alla
riservatezza degli individui a cui le informazioni si riferiscono. Un ruolo importante viene giocato anche

dalle  piattaforme tecnologiche (Big Tech) e le imprese di telecomunicazione. Due soli sistemi operativi,

prodotti da Google e Apple, raccolgono dati da miliardi di dispositivi elettronici. Facebook ha almeno 2,4
miliardi di utenti attivi almeno una volta al mese. A fronte delle misure di lockdown, Amazon sta
fortemente espandendo i suoi servizi di consegna a domicilio in tutto il mondo. L’impressionante
mole di informazioni a disposizione di queste imprese può essere utilizzata per affrontare la crisi.

 

 

Già negli scorsi anni sono emerse numerose proposte per mettere i dati di Big Tech a servizio del
bene pubblico; ora è il momento di accelerare l’adozione di quelle migliori. Il 19 febbraio 2020 la
Commissione Europea ha pubblicato la European Data Strategy, al termine di un lungo processo.
La strategia illustra possibili modelli di cooperazione tra produttori pubblici e privati di dati, per
liberare il potenziale di riutilizzo dell’informazione. Con particolare tempismo, suggerisce che
“l’uso di dati aggregati e anonimizzati dalle piattaforme social può costituire ad esempio un utile
complemento alle informazioni provenienti dalla rete sanitaria in caso di epidemia”. Un altro
risultato importante è l’accordo siglato nello scorso marzo tra Eurostat (l’istituto di statistica
dell’Unione Europea) e Airbnb, Booking, Expedia e Tripadvisor per l’accesso a dati unici e
affidabili sul turismo. Al tempo del Covid-19, queste iniziative di collaborazione dovrebbero

essere non solo rafforzate, ma anche estese alle altre piattaforme tecnologiche più diffuse.

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