LIBRI/ “VENEZIA SIAMO STATI NOI” L’URLO DI TONI JOP E LA VOCE PULSANTE DI UNA CITTA’ VIVA GODERECCIA E LIBERA CON I SUOI PERSONAGGI

 

 

L’ho conosciuto a via Due Macelli a Roma. Andavamo allo stesso baretto sotto la redazione a prendere il caffè nelle pause tra un servizio e l’altro. La sua redazione era un piano sotto la mia ed ho ancora gli occhi pieni di meraviglia ricordando il giorno in cui Toni Jop si presentò con il costume altoatesino sudtirolese. Sorrisi vedendolo tutto scapigliato con gli shorts bavaresi ed ebbi solo il coraggio di chiedergli perchè, sono stata piu’ volte in vacanza tra quelle pianure verde saturo che portano fino alle montagne più alte e li adoro quei luoghi di cui ricordo i sapori genuini ma ho pensato che forse aveva fatto una scommessa… Naturalmente non mi rispose ed ebbe una reazione come fosse tutto assolutamente normale. E forse aveva ragione lui perchè chi indossa un costume non ritiene che quello sia un costume è il suo abito. Ero io in errore. Lui è nato a Venezia, me lo disse tra un caffè e l’altro. Noi al baretto i caffè nel corso di una giornata nemmeno li contavamo, ma da quando mi svelò quel piccolo segreto, il luogo della sua nascita, per me che ero nata a Roma, non so perchè ma l’ho guardato quasi con ammirazione, soprattuto quando mi ha detto che aveva una casa a Venezia e anch’io in quel periodo della mia vita avrei tanto voluto avere una casa a Venezia.  Noi romani a volte non riusciamo a trattenere una forma di provincialismo dimenticando la grande bellezza che ci circonda. Ma la differenza con una città come Venezia è come la seduzione di uno scrigno rispetto a un bel baule pieno di gioielli e argenti.

 

 

In quel periodo Venezia era la città che piu’ mi attraeva e che riusciva, non so come mai, a placare ogni mia ansia, a soddisfare ogni mio capriccio, quelli culturali e quelli di shopping compulsivo. Ma a volte mi bastava stare su uno dei canali e iniziare a fotografare ed ero felice. Così cominciai a guardare Toni Jop con occhi pieni di stupore. La spiegazione di tutta la mia meraviglia è ora in questo libro: “Venezia siamo stati noi”, edizioni Città del Sole che mi conferma la mia grande sorpresa di allora nel libro che descrive che cos’è Venezia per un veneziano.

La prefazione del libro è di Furio Colombo che per molti anni è stato anche il direttore responsabile dell’Unità, prima che il giornale fosse affossato per via del nuovo. Il nuovo che avanza, la nuova economia (new-economy), il nuovo editore, il nuovo segretario. Lo incontravo arcigno e gentile in ascensore. Scrive Furio Colombo: “Venezia ti propone un enigma che non risolverai seguendo lo scorrere, grazioso e tragico, dei canali e dei suoni forse umani che bisbigliano senza fine”. “Venezia è suoni, voci, grida, mormorii, e poi ancora voci mentre continua il chiacchiericcio dell’acqua”, e Jop “la racconta da non farvela dimenticare”. 

Sono 254 pagine piene di amore, di storia, di emozioni. Ti pare di sentirlo il chiacchiericchio di Venezia, ti sembra di riconoscerne il profumo misto all’odore nauseabondo dei canali quando l’acqua è alta. Il bello del libro di Toni Jop è che la storia di Venezia viene raccontata attraverso i suoi personaggi  e le proprie ombre, gli smarrimenti, le preoccupazioni, gli interrogativi che come in una fiaba vengono però risolti alla fine di ogni racconto. Prendiamo ad esempio il capitolo dedicato a Carlo Ripa di Meana, Toni Jop gli legge le carte, si… come fosse un cartomante di fronte ad un uomo dal cuore spezzato per la fine dell’amore con Gae Aulenti, architetta di fama internazionale. Lui in realtà mica le sa leggere le carte… fa finta per tirar su il morale ad un signore che frequenta per lavoro mentre fa il corrispondente dell’Unità da Venezia e Carlo Ripa di Meana e’ alla guida della Biennale. E le carte disvelano all’orizzonte un nuovo amore. Toni Jop ne è certo, quell’amore nuovo lo vede e lo rivede, lo vuole leggere in quella disposizione magica delle carte perchè ha capito che in quel preciso momento è ciò che deve fermamente credere possibile per il suo futuro Carlo Ripa di Meana. ” Io – scrive – anarco-comunista italiano, figlio di Gramsci, Brecht e Hammett, avrei letto le carte a un compagno socialista attorno a un tavolino da bar nel deserto notturno delle magiche Zattere. Nel giro di un paio di mesi si sarebbe innamorato di Marina”.

Poi c’è il capitolo che parla della Mostra del Cinema ma è solo un pretesto per ricordare alcuni episodi che avevano coinvolto l’allora direttore Gian Luigi Rondi  e “la pulsionalità di noi, pubblico caratteriale… sulla linea della frontiera che accettava solo il piacere come stendardo, volevamo vedere quello che volevamo vedere. E volevamo vedere Kaere Irene (c’erano scene hard come mai si erano viste al cinema…).

Ma c’è anche la magia del Lido e l’amore per la musica in “Venezia siamo stati noi”. Scrive Toni Jop: “se ti metti davanti al Lido con la laguna alle spalle, a tre passi il mare, e ascolti l’attacco di If I could only remember my name, di David Crosby, non ne esci se non ti arrendi: c’è davvero qualcosa di californiano a un tiro di fucile da Venezia, Italia”.

Hugo Pratt “pancia solenne, bello, sfuggente…vicino a lui i mariti si sentivano loden consumati..alle quattro del mattino voleva sapere com’era sta storia dei comunisti…” Divertente, ironico, scanzonato il racconto ruota attorno alla volontà di Hogo Pratt di iscriversi alla massoneria e alla proposta avanzata all’Unità di pubblicre una storia inedita, nuova di Corto Maltese. Il giornale declinò l’offerta, “la più celebre saga a fumetti della terra, un gigantesco affare per l’Unità, non aveva trovato ospitalità tra le pagine del quotidiano di Antonio Gramsci.

Infine il ricordo di Franco Basaglia e della legge 180/78, quella con cui aveva restituito ai sofferenti psichici dignità, irrompe alla fine del libro con uno squarcio di speranza quando in fin di vita, assieme alla moglie Franca Ongaro che gli dice “femo un elenco di persone che faranno bene il loro lavoro di liberazione, di cui ci si può fidare”, ci sono anche un neurologo di fama internazionale e amico di famiglia, Hrayr Terzian, la figlia Alberta, il figlio Enrico con sua moglie Enrica e “io, marito di Alberta”…  “Chissà che fine ha fatto quella lista… Ma intanto Franco Basaglia (quaranta’anni fa mi presentò Dario Fo) con la sua legge aveva decretato che l’Italia era il solo posto al mondo di una certa rilevanza, in cui la sofferenza psichica non veniva, e non viene, ghettizzata d’istituto”.

Ecco, un libro pieno di sorprese, quello scrigno che stavolta mi aspettavo è pieno di storie e di personaggi che guardando da quella cornice così raffinata e incastonata tra la laguna e il mare, riconducono al mondo della cultura e dell’arte, della scienza e hanno fatto grande Venezia, e anche la nostra storia.

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