LIBRI: MONICA GUERRITORE “QUEL CHE SO DI LEI” E UN NUOVO RACCONTO DEL FEMMINILE

Monica Guerritore racconta otto storie di donne, un femminicidio ed evoca grandi protagoniste femminili della storia, del giornalismo, dell’immaginario collettivo. Otto storie di donne che ha incontrato nel corso della sua vita, che ha interpretato lungo la strada della sua straodinaria professione di artista, il cui filo rosso conduce a una tessitura di sangue, passione a volte morte. Ma è il racconto del femminile che secondo la Guerritore deve essere cambiato e prenderne consapevolezza può permettere alle donne di lasciare andare le compagne di ieri per immaginare un racconto femminile di oggi ancora tutto nuovo da scrivere. “Quel che so di lei”, edito da Longanesi è un libro che si legge tutto d’un fiato, che parte da un femminicidio, avvenuto a Roma nel 1911 quando Giulia Trigona, zia di Giuseppe Tommasi di Lampedusa viene trovata morta in un alberghetto vicino la Stazione Termini. Dama della corte della regina Elena di Savoia, moglie del conte Romualdo Trigona dei principi di Sant’Elia, senatore del Regno d’Italia, Giulia accetta un ultimo incontro con il suo amante: il tenente di cavalleria Vincenzo Paternò. Poi la storia diviene paradossalmente uguale a quella di tutti gli altri femminicidi, “ma è il primo – scrive la Guerritore – di cui sia stato celebrato un processo seguito dalle testate nazionali e che sconvolse l’opinione pubblica”.

Così la Guerritore si chiede cosa cercasse Giulia in quell’ultimo incontro e come cercando tra le porte allineate di quel corridoio triste dell’alberghetto di Roma vicino la Stazione Termini, la Guerritore pare entrare in ogni stanza per trovare altre donne, Madame Bovary, la Signorina Giulia di Strindberg, Oriana Fallaci, Carmen. Ognuna di loro aveva qualcosa da dire a proposito di Giulia e attraverso di lei sono emerse le voci che spesso sono presenti nelle donne. “Siamo quelle che la potenza artistica dei racconti e delle opere d’arte ha fatto di noi, la potenza evocativa di un fatto descritto dalla mano o dallo scritto di un artista ci irretisce, ci corrompe e ci modella”, si legge nel libro.

 

 

Ma il pregio di “Quel che so di lei” è forse quello di aver messo in luce che c’è bisogno di un nuovo racconto del femminile che attraverso nuove storie sia capace di creare un immaginario da cui abbeverarsi, diverso da quello che ha nutrito la nostra fantasia e che ha creato i modelli di riferimento ancora attuali. Seppur narrati da grandi artisti, sono i clichè interiori, affettivi vecchi che raccontano lo schema immortale che ancora oggi si reitera: le donne abbassano le difese, non guardano con i mille occhi dei lupi, credono nell’amore con gli occhi di un bambino e tentano la via nuova con lo stesso sguardo e lo stesso cuore di ieri. Come per il film di Igmar Bergman “Scena da un matrimonio” con Liv Ullmann che era anche la moglie del regista in una relazione che stava per terminare la Guerritore racconta il dolore dell’abbandono che è anche perdita dell’immagine di se stessi e del sentirsi all’improvviso sconosciuti a se stessi per lungo tempo. Ma ciò che è andato perso è dentro, non fuori. Ma fino a quando i nuovi racconti, le nuove immagini di noi stesse non daranno una forma compiuta al nostro nuovo essere quello che viene concesso è solo l’illusione di sicurezza e forza. Per elaborare i lutti bisogna riportarli alla mente e cambiarli, e se fosse questo il necessario per riscrivere ogni nostro finale e inventare nuove storie?

Un libro bello, denso di letteratura e arte che guarda lontano ed evoca nuovi modelli culturali con intelligenza e la forza artistica di un personaggio, la Guerritore, che si svela nella sua interiorità e fascinazione e che partendo dall’arte mostra che c’è bisogno di un diverso paradigma culturale. Quasi un manifesto per una nuova cultura delle donne.

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