Se ne parla in un convegno il 2 aprile, alla terza Università a Roma
Il tema della privacy e il bilanciamento tra il diritto alla tutela dei dati personali e la trasparenza nell’epoca segnata dal “Grande Fratello” e “Truman Show”. In un contesto in cui siamo sempre più osservati e le telecamere di banche, esercizi commerciali, uffici, registrano ogni nostro movimento e l’istante preciso in cui ci siamo trovati senza volerlo sotto quella lente che capta la nostra presenza e la riproduce sul nastro, è possibile trovare il giusto equilibrio tra il diritto di privacy e la tutela dei dati personali con l’interesse comune? E’ allora possibile salvaguardare al contempo la trasparenza amministrativa e la tutela dei dati personali?
A queste domande cercheranno di rispondere il prossimo 2 aprile gli esperti che si sono dati appuntamento in un convegno alla terza Università. Titolo dell’evento: “La Trasparenza amministrativa e la tutela della vita degli altri”. Una occasione anche per presentare il libro di Anna Corrado, giudice amministrativo del Tar della Campania, edito dalla Collana Studi Anac, col titolo “Conoscere per Partecipare, la strada tracciata dalla Trasparenza Amministrativa”. Il libro racconta il lungo percorso del necessario “bilanciamento” tra i diritti delle persone e l’attività delle amministrazioni in tema di trasparenza e privacy. Ma si sofferma anche sullo stato dell’arte sempre in tema di trasparenza, dei regimi iattualmente adottati dall’Italia, dal Regno Unito, dalla Svezia e più in generale dall’Ue.
Ne parleranno tra gli altri Giovanni Serges, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza Università degli Studi Roma Tre, Maria Alessandra Sandulli professore ordinario di Diritto Amministrativo Università degli Studi Roma Tre, Diana-Urania Galetta professore ordinario di Diritto Amministrativo Università degli Studi di Milano, Gianluca Gardin, professore ordinario di Diritto Amministrativo Università degli Studi di Ferrara, Nicoletta Parisi professore ordinario di Diritto Internazionale ed Europeo Università degli Studi di Catania e componente del Consiglio dell’ANAC e infine Gennaro Terraciano professore Ordinario di Diritto Amministrativo Università di Roma “Foro Italico”.
Un parterre di esperti per mettere in luce come “l’amministrazione deve ponderare gli interessi in gioco” – spiega Anna Corrado nel suo libro, vale a dire “valutare il pregiudizio concreto che deriverebbe alla tutela dei dati personali dalla divulgazione delle informazioni, documenti o dati richiesti, facendo emergere in modo espresso il pregiudizio che l’ostensione del dato personale può comportare per il controinteressato, pregiudizio che deve essere altamente probabile, e non soltanto possibile”. Alla domanda poi, se ci sono dati personali che non possono mai essere conosciuti con l’accesso civico generalizzato, la giudice risponde: “ Sicuramente” . E osserva che “E’ il caso dei dati riguardanti la salute, i dati esistenziali, quelli giudiziari, i dati riferiti a situazioni di disagio economico, i dati genetici e i dati relativi alla solvibilità economica, per i quali non potrà mai esserci una ponderazione tra le diverse posizioni giuridiche tale da consentire all’uomo della strada, a un non addetto ai lavori e quindi privo di alcuna legittimazione, di sconfinare nella sfera così personale di un altro soggetto”.
A questo riguardo Corrado ha sottolineato che “L’accesso civico come diritto all’informazione amministrativa e come esplicazione del diritto alla conoscibilità può avere riconoscimento solo con riguardo all’attività e all’organizzazione delle amministrazioni e non potrà estendersi fino al punto da consentire di conoscere tali dati riferiti a soggetti privati, che necessitano di particolare tutela”.“Diversa può essere la situazione del titolare dei dati personali comuni, soprattutto quando la persona a cui i dati si riferiscono si avvantaggia di beni pubblici, ovvero amplia la propria sfera giuridica soggettiva in ragione dell’esercizio di poteri amministrativi”, ha messo in evidenza Corrado. E’ proprio in questi casi infatti che si pone il problema di assicurare, da una parte, il “controllo” da parte dei cittadini sull’attività amministrativa, dall’altra, il diritto alla riservatezza dei dati personali comuni (esempio il nome) senza che vi sia una legge o un regolamento che espressamente ne preveda la diffusione, imponendo una valutazione circa la “necessità” della conoscenza del dato ai fini dell’interesse pubblico alla diffusione di quella informazione, contenente proprio dati personali comuni. Questi dati inoltre dovranno essere utilizzati nel rispetto della disciplina in tema di privacy.
In conclusione, non basta che vengano in evidenza dati personali comuni per negare la trasparenza amministrativa, ma è necessario far emergere le ragioni del pregiudizio che si paventa e se queste sono soccombenti nel bilanciamento tra interesse alla rivelazione e interesse alla tutela dei dati personali.