WINE/ VINITALY: VALE 6,45 MLD DI IMPORT IL MERCATO DEL VINO IN ORIENTE LA FRANCIA LEADER L’ITALIA AVANTI PIANO LA TOSCANA AL TOP

Il vino in Cina parla frncese, l’Italia avanti piano. La strada per la valorizzazione del vino in Oriente è lunga e faticosa. Disegnare una via della seta per le eccellenze italiane è l’obiettivo di quanti hanno a cuore il futuro del vino italiano. Giovanni Mantovani e Maurizio Danese, rispettivamente direttore generale e presidente di Veronafiere ci stanno lavorando da diversi anni. E se è vero che il presidente cinese nella sua recente visita in Italia ha assaggiato o ha avuto in dono i vini Barbaresco, Brunello di Montalcino, Marsala, Prosecco, Amarone, c’è da sperare che Xi Jinping voglia collaborare per rendere più accessibili ai mercati cinesi i vini del Belpaese. Intanto oggi è stata presentata a Roma la 53esima edizione di Vinitaly in scena a Verona dal 7 al 10 aprile. Si parlerà di vino, di export, di marketing, di arte, di pil, di cantine, di botti, di prodotti per la lavorazione delle uve, secondo il vecchio adagio che metti un bicchiere al centro della scena, tutto il mondo gira attorno…economia, marketing, agricoltura, enoturismo,chimica, clima, commercio, food, biologico….

 

Uno studio di Nomisma in collaborazione con Veronafiere ha messo in luce che non solo la strada per la via della seta è lunga, ma che la Toscana è il terzo “paese” al mondo per export verso l’Oriente. Tra le top anche il Piemonte e il Veneto, anche se le regioni italiane distanziano di gran lunga le altre aree geoeconomiche: Bordeaux e Borgogna.

 

Quest’anno inoltre, c’è una grande notvità. Una App Vinitaly tale da far diventare il quartiere fieristico di Veronafiere il primo dotato di geolocalizzazione.

 

L’Asia Orientale oltre la Cina quindi al centro della 53 esima edizione di Vinitaly che apre i battenti il prossimo 7 aprile a Verona e che vede protagonisti gli operatori del settore del vino di tutto il mondo, winelovers,  giornalisti ed esperti. Il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani, nel corso della presentazione a Roma alla presenza del presidente di Veronafiere Maurizio Danese, si è soffermato sull’export nell’emisfero asiatico, auspicando che la visita del presidente cinese a Roma possa rappresentare  la via della seta per il mondo del vino italiano. “Nella suddivisione per aree geoeconomiche – ha detto Mantovani – è lampante la crescita dei Paesi dell’Asia Orientale nell’ultimo decennio. Stiamo parlando di incrementi superiori di 11 volte sull’area Ue, di 3 volte e mezza rispetto a quella Nordamericana, del quadruplo sull’Europa extra Ue, Russia inclusa. La metà dell’import totale parla francese, e stiamo parlando di un valore di oltre 3,2 miliardi di euro. Seguono i produttori del Nuovo mondo, favoriti anche da un regime dei dazi favorevole: l’Australia – che incrementa in modo consistente in Cina – e il Cile. L’Italia, per ora, raccoglie solo il 6,5% del mercato, per un equivalente di 419 milioni di euro. Per certi versi si può affermare come il nostro gap accusato sui transalpini su scala mondiale – che è di poco più di 3 miliardi di euro – si manifesti in gran parte proprio in quest’area”. In pratica un’area commerciale di circa 1/3 della popolazione mondiale, con un valore delle importazioni di vino per 6,45 miliardi di euro l’anno e una crescita media annua registrata negli ultimi 10 anni del 12,6%. Di questo passo, secondo il nostro Osservatorio, la domanda di vino del Far East supererà entro 3 anni quella del Nord America (Usa e Canada), prima area geoeconomica extra Ue con un controvalore importato di 6,95 miliardi di euro. Di tutto questo si discuterà durante la wine week di Verona. “Da osservatori – ha proseguito Mantovani – abbiamo però più di un motivo per credere in un positivo cambio di rotta in questa nostra lunga marcia verso l’Asia. Il clima sta cambiando sia da parte dell’offerta italiana che dalla domanda asiatica. Al recente Vinitaly Chengdu, per esempio, abbiamo riscontrato un interesse senza precedenti con il raddoppio degli espositori e un incremento convincente dei buyer .Vogliamo poter credere – ha concluso – che sia arrivato il nostro momento, che l’italianità stia facendo breccia sulla Cina, e che – al netto dei risvolti politici che non ci competono – sul piano commerciale la visita ufficiale del presidente Xi Jinping possa rivelarsi una leva importantissima per il nostro made in Italy. E quindi anche per il nostro vino”. Mantovani ha poi ricordato che “un proverbio cinese dice “se la corda è lunga l’aquilone volerà alto”.

 

 

Vinitaly vuole essere la corda del vino italiano in grado di collegare l’Italia con la Cina, Hong Kong, il Giappone, la Corea del Sud e gli altri Paesi: Lo faremo al prossimo Vinitaly – il più grande di sempre con oltre 100mila mq di area sold out già da novembre scorso, con 4600 espositori, dove attendiamo oltre 5mila operatori provenienti dall’Asia Orientale. Lo faremo anche digitalizzando e profilando sempre più Vinitaly, che già oggi conta sulla più grande wine library del vino italiano al mondo, con i contenuti di 4.600 aziende e 17.000 etichette tradotti in 9 lingue. Una directory che sotto evento registra 1,2 milioni di pagine viste”.

La formula di Vinitaly – business in fiera, wine lover in città – sta registrando il gradimento delle aziende, confermato  dal  sold  out  degli  spazi  già  nel  mese  di  novembre  2018,  nonostante  un  incremento  della superficie netta espositiva disponibile. Con la riorganizzazione dei padiglioni F e 8, per la prima volta l’area netta venduta raggiunge i 100.000 metri quadrati, mentre sono oltre 130 i nuovi espositori diretti, a cui si aggiungono gli indiretti e i rappresentati, che portano il numero totale di aziende a quota 4.600 da 35 Nazioni e ad oltre 16 mila le etichette a catalogo (dati in aggiornamento). Lanciato in occasione del cinquantesimo, il progetto di separare nettamente la parte business con quella destinata al  consumatore finale,  ha  portato  il Salone Internazionale dei  Vini e dei  Distillati a  gestire una graduale diminuzione del numero dei wine lover, per i quali è stato potenziato e arricchito di iniziative il fuori salone Vinitaly and the City (5-8 aprile – www.vinitalyandthecity.com). Due  le  principali novità del  2019:  l’Organic  Hall e  Vinitaly  Design,  pensate  per dare  ulteriore  impulso  al progetto di una sempre maggiore specializzazione in chiave commerciale della rassegna. Organic Hall e Vinitaly Design (Padiglione F). Il primo accoglie Vinitalybio, organizzato in collaborazione con Federbio e dedicato ai vini biologici, e la collettiva dell’associazione Vi.Te – Vignaioli e Territori, che da sette anni collabora con Veronafiere per rappresentare i vini artigianali.

 

 

Il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese invece ha messo in luce che“Il vino oggi è un prodotto bandiera del made in Italy che per il nostro Paese vale alla produzione 13 miliardi di euro. E nel 2018 ha raggiunto un export prossimo ai 6,15 miliardi di euro, in aumento del 3,3% rispetto all’anno precedente. All’estero è un simbolo indiscusso dell’italian lifestyle.  Dagli anni ’90 in poi il comparto vinicolo italiano ha avviato come mai prima un percorso di crescita che continua tuttora. Molti successi ma anche alcune riflessioni. Un esempio per tutti, la Cina, “a fronte di 400 milioni di millenials, potenziali consumatori, ancora oggi i nostri vini rappresentano meno del 6% dell’offerta nel Paese del Dragone. Significa che c’è ancora molto lavoro da fare per superare insieme le difficoltà legate alla penetrazione su un mercato complesso e vasto come quello cinese, e non solo”. “Non mi riferisco qui – ha sottolineato – solo a barriere doganali; parlo – ha spiegato – di problemi legati alla riconoscibilità immediata di un brand italiano forte o alla creazione di una domanda, partendo dal presupposto che il vino non fa parte della cultura locale. È qui che entra in gioco Vinitaly, confermandosi la piattaforma leader per la promozione internazionale del vino.Penso al cambio di passo per il 50° Vinitaly, da allora sempre più specializzato grazie alla separazione degli operatori in fiera e dei wine lover nel fuori salone. La 53ma edizione è il Vinitaly più grande di sempre. Innovazione, internazionalità e digitalizzazione sono infatti le tre direttrici su cui Veronafiere ha sviluppato la manifestazione, pensando come sempre ai propri espositori, operatori professionali e top-buyer in arrivo a Verona da oltre 140 nazioni”. “Per questo – ha ricordato –  il piano industriale al 2022 di Veronafiere dedica particolare attenzione ad uno dei suoi principali prodotti fieristici. Degli oltre 100 milioni di euro previsti a budget, buona parte riguarda proprio Vinitaly, con l’individuazione di tre linee d’azione.Nello specifico, gli obiettivi sono: “a creazione di due piattaforme promozionali permanenti in Asia e negli USA: la prima è già in fase avanzata; la seconda – ha detto Danese –  è un progetto al quale stiamo lavorando, perché è fondamentale il presidio dei mercati tradizionali importanti come gli Stati Uniti d’America.

 

 

Ma quanto vale la domanda globale di vino dell’Asia Orientale?

 

La domanda globale di vino dell’Asia Orientale vale 6,45 miliardi di euro di import ed è prossima all’aggancio del Nord America (Canada e Usa), a 6,95 miliardi di euro. Nella corsa al vino, l’Asia Orientale sta facendo gara a sé con un balzo a valore negli ultimi dieci anni del 227% (12,6% il tasso annuo di crescita): 11 volte in più rispetto ai mercati Ue e quasi il quadruplo sull’area geoeconomica Nordamericana. È la fotografia del mondo del vino in mostra oggi a Roma nel corso della presentazione della  53ma Vinitaly dallo studio “Asia: la lunga marcia del vino italiano”, a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor. Secondo lo studio, il vino parla sempre più asiatico, con cui dialogano in particolare i francesi e – oggi più che mai – il ‘nuovo’ mondo produttivo, Australia e Cile che in alcuni paesi beneficiano di una politica dei dazi favorevole.

 

E l’Italia? Dallo studio emerge come a fronte di una tenuta in terreno positivo del sistema vino made in Italy a livello mondiale (+3,3% nel 2018 sull’anno precedente), la presenza in Asia Orientale sia ancora marginale rispetto alle potenzialità italiane. Dei 6,45 miliardi di euro di importazioni registrate lo scorso anno in Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud (ma anche Vietnam, Taiwan, Tailandia, Filippine, Singapore e altre), la Francia – pur in calo – incassa infatti a valore il 50,2% della torta asiatica, per un equivalente di 3,24 miliardi di euro. La quota di mercato italiana si ferma invece al 6,5% (419 milioni di euro), meno anche di Australia (15,9%, a 1 miliardo di euro) e Cile (8,9%).    Veronafiere, al lavoro per una piattaforma di proprietà Per il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: “La lunga marcia italiana verso l’Asia si è rivelata in questi anni ancora più faticosa per la mancanza di una vera regia di sistema Paese. Dal punto di vista commerciale,  la Cina e tutto il Far East offrono grandi opportunità per il made in Italy anche per la complementarietà delle produzioni. Per quanto ci riguarda, stiamo ponendo le basi per una presenza costante in Cina di Vinitaly e degli altri nostri settori di punta, come l’agritech, il design, il marmo, attraverso una piattaforma fieristica proprietaria dedicata.   “La fatica nei bilanci dei nostri vini fermi deriva in buona parte dal mancato salto di qualità laddove la domanda è cresciuta di più – ha aggiunto il Ceo di Veronafiere, Giovanni Mantovani -, ma in questa analisi noi guardiamo al bicchiere mezzo pieno. Abbiamo i numeri, la qualità e il fascino per penetrare un mercato gigantesco, ma non servono proclami e solitarie fughe in avanti. Bisogna capire – prosegue Mantovani – che oggi per contrastare vecchi e nuovi competitor non serve più marciare in ordine sparso, bisogna correre in un’unica direzione e con un brand in grado di aprire la strada. Al prossimo Vinitaly,in termini di presenze espositive e metri quadrati netti il più grande di sempre, sono in media ad ogni edizione più di 5.500 gli operatori provenienti dal Far East. E nel corso dell’anno in Cina, tra i road show in calendario, l’Academy di Vinitaly International e le partnership fieristiche in corso e quello di nuovo ed importante stiamo realizzando saremo in grado di dare alle aziende e alle istituzioni un ulteriore supporto promozionale su quest’area strategica per il futuro dei nostri prodotti, non solo del vino”.

 

 

 

In Italia a passo di marcia, competitor di corsa. Ma il futuro è tricolore L’Italia, secondo l’analisi condotta dal responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini, è certamente cresciuta nelle vendite, ma meno dei suoi concorrenti: in Cina in 5 anni l’incremento italiano ha sfiorato l’80% mentre le importazioni da mondo hanno segnato un +106%. Così a Hong Kong (+28% vs +67%) e in Corea del Sud (+36% vs +60%) e soprattutto in Giappone – il mercato più tricolore in Asia – dove il Belpaese non ha fatto meglio di un +3,4%, contro una domanda del Sol Levante cresciuta di quasi il 30%. Per dirla in bottiglie, nel 2018 l’Asia Orientale ha importato quasi 93 milioni di bottiglie di Bordeaux (e 6 milioni di Borgogna), mentre il complessivo dei rossi Dop provenienti da Toscana, Piemonte e Veneto supera di poco i 13 milioni di bottiglie. Tradotto in valore, il rapporto è 11 a 1: 864 milioni di euro del solo Bordeaux contro 77 milioni dei rossi Dop delle 3 regioni italiane. Il futuro si annuncia comunque interessante per il Belpaese, con un tasso annuo di crescita stimato dal nostro Osservatorio nei prossimi 5 anni che si prevede essere superiore ai consumi dell’area: fino all’8% in Cina, dall’1% al 2,5% in Giappone, complice l’accordo di partenariato economico, dal 5,5% al 7,5% in Corea del Sud e dal 3% al 4,5% a Hong Kong.

 

 

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