FOOD/ come riconoscere un pollo buono da uno cattivo…

 

Tutti i consigli su come scegliere consapevolmente, conservare e preparare la carne di pollo e tacchino.

Un breve vademecum per tutti gli amanti del pollo messo a punto da Unaitalia e da Giorgio Donegani, nutrizionista e tecnologo alimentare

 

Come riconoscere un pollo buono da uno cattivo? Occhio alle etichette e… fidatevi del naso e degli occhi. Pollo e tacchino sono le carni preferite dal 54% degli italiani, che le scelgono come principale fonte di proteine nella propria dieta (dati Ipsos 2018).  Ma come si riconosce un pollo alimentato, allevato e lavorato in Italia? A quanti gradi deve essere cotto per eliminare eventuali batteri? E quali sono le regole di igiene da rispettare? In occasione della Giornata Europea del Consumatore, Unaitalia (Unione Nazionale Filiere Agroalimentari Carni e Uova) e Giorgio Donegani, tecnologo alimentare consigliere della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare, lanciano il vademecum per gli amanti del pollo: cinque regole d’oro per riconoscere un pollo 100% Made in Italy. Il pollo, grazie a una filiera d’eccellenza totalmente italiana in tutte le sue fasi di produzione (allevamento, trasformazione e logistica), è un alimento in grado di arrivare in 24 ore in tavola sempre fresco, ma anche il consumatore deve fare la sua parte per consumarlo in sicurezza. “Le attuali condizioni di allevamento e distribuzione ci garantiscono un prodotto fresco e sicuro – spiega Giorgio Donegani – sta a noi però imparare a leggere bene le etichette per fare la scelta giusta e saper mantenere le importanti caratteristiche del pollo, conservandolo e cuocendolo nel modo giusto”.

Ecco le 5 regole d’oro: #1 saper leggere l’etichetta per conoscere l’origine (importante per 9 italiani su 10 secondo le ultime indagini Ismea), ma anche il tipo di allevamento e trasformazione; #2 fare attenzione alla pelle e alla carne del pollo, che deve apparire sempre rosa, lucida e umida; #3 scegliere borsa termica e ripiano basso del frigo; #4 non lavare mai il pollo ma le mani; #5 cuocere il pollo a 75° (armarsi di termometro!) per gustarlo appieno e in sicurezza. Un punto importante quest’ultimo, secondo Donegani: “La cottura è fondamentale per eliminare eventuali batteri presenti nella carne cruda”.

 

La scelta consapevole parte dall’etichetta: una vera e propria carta di identità che garantisce la sicurezza del consumatore dall’allevamento al piatto e aiuta a conoscere ingredienti, quantità e scadenza ma anche tracciabilità e origine del prodotto. In etichetta infatti si trova il nome del produttore, il lotto di produzione (il codice che ne consente la tracciabilità) e il Paese di origine. Un’informazione, quest’ultima, importante per 9 italiani su 10 secondo un’indagine Ismea e obbligatoria in Ue dal 2015 (anche se gli avicoltori lo indicano volontariamente già dal 2005). Grazie all’etichetta possiamo anche sapere dove l’animale è nato, è stato allevato e trasformato e la tipologia di allevamento (ad esempio allevato all’aperto o senza l’uso di antibiotici) e di alimentazione. E per panati & co? Grazie all’etichetta capiamo quali allergeni si trovano nei semilavorati (è obbligatorio per legge), il tipo di oli e grassi vegetali impiegati e l’eventuale percentuale di acqua aggiunta. In alcuni casi infine è possibile (ma non è obbligatorio) trovare l’indicazione della sede dello stabilimento di produzione, le modalità di conservazione e utilizzazione.

 

 

“Il colore può variare in base all’alimentazione del pollo – spiega Donegani – ma ci sono diversi indici di cui tener conto: la pelle deve apparire sempre umida e non ispessita e la carne deve essere morbida, rosata, lucida”. Un altro aiuta arriva dall’odore: “deve essere molto leggero e non sgradevole”. Da ricordare inoltre di fare attenzione alle confezioni: se l’involucro è rigonfio potrebbe essere stato esposto a temperature superiori a quelle corrette.

 

 

Borsa frigo? Mai più senza. “Ricordiamoci sempre che il freddo è un nostro importante alleato – spiega Donegani – per evitare che il pollo si surriscaldi. È sempre meglio attrezzarsi con una borsa termica per il trasporto, specie se passa troppo tempo tra l’acquisto della carne e il rientro a casa in estate. Fondamentale è evitare di lasciare il pollo a temperatura ambiente, conservandolo ben protetto in frigorifero.  È importante poi disporre gli alimenti al posto giusto: la carne, come tutti gli alimenti crudi e deperibili, va in basso nel frigorifero e riposta in un contenitore. Lo scatolame, quando aperto, e le bibite vanno in alto, la verdura nei cassetti. È importante anche separare i cibi crudi da quelli cotti ed evitare di riempire il frigo: non circolando l’aria, i cibi non si raffreddano a sufficienza.” Il freddo è anche un alleato dello scongelamento lento: “è consentito solo se la carne viene messa a scongelare nel frigorifero – continua Donegani – le basse temperature consentono di preservare le qualità organolettiche della carne”.

 

“Un italiano su quattro – dice Donegani – è convinto che lavare il pollo crudo sotto l’acqua aiuti a eliminare eventuali batteri. Niente di più falso: il lavaggio non solo non elimina i batteri ma contribuisce anche a diffondere sui piani della cucina eventuali batteri presenti. La cosa corretta da fare è invece lavarsi bene le mani con il sapone per almeno 20 secondi prima e dopo aver maneggiato il cibo e non appoggiare mai la carne cotta nello stesso piatto che conteneva la carne cruda per evitare contaminazioni”. Sempre a questo fine il consiglio è di usare un tagliere e posate diverse e di lavare gli utensili e le superfici che sono state a contatto con la carne cruda con acqua e detersivo.

 

A differenza di altre carni, il pollo va sempre ben cotto – spiega Donegani – Una procedura che permette di uccidere eventuali batteri presenti nella carne. Il 40% dei consumatori cuoce la carne in modo insufficiente e solo il 29% sa che la corretta temperatura da raggiungere al centro del pollo è di 75°C. È quindi importante controllare la temperatura al cuore della carne con un termometro o tastando la carne con le dita assicurandosi che sia rovente”. Un altro accorgimento? “L’ideale è consumare la carne entro 15/20 minuti dalla preparazione – spiega Donegani – Le temperature tra i 10 e i 50° gradi sono le più favorevoli alla crescita microbica, è quindi necessario che la carne non si freddi”. E se si vuole cuocere in anticipo e portarla in ufficio? “Bisogna cercare di raffreddare la carne il più rapidamente possibile dopo la cottura, per esempio immergendo in acqua fredda la pentola”.

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