MOVIE/ ADDIO A ENNIO FANTASTICHINI SFACCIATAMENTE TIMIDO COL MITO DI GIAN MARIA VOLONTE’

No, non era proprio possibile non accorgersi della sua presenza. Un omone così, sfacciatamente timido, grande e grosso, occupava molto più dello spazio attorno, era come se la sua aura si spargesse tutta attorno per non permettere a nessuno di ignorarlo, non nel senso di vederlo lì, ma se possibile, di sentire che era proprio lì. Sorprende allora che all’età di 63 anni non sia più qui. L’ho incontrato per caso su un treno Roma-Verona un paio d’anni fa. Non proprio elegante, un pò trasandato, spettinato. Ho fatto finta di non riconoscerlo ma si è accorto che lo avevo visto. Si è alzato e ha attraversato la carrozza. Poi si è sistemato nel bel mezzo della carrozza con le braccia allargate da una parte e dall’altra abbastanza vicino a dove ero seduta. Non l’ho salutato, forse ho sbagliato. Ma in realtà non è che non lo volessi “riconoscere”, è che non lo conoscevo e non avevo voglia di fare la parte della fan, tanto meno di presentarmi come giornalista. Così abbiamo giocato al gioco, “Vediamo se sai chi sono”… fino a che è sceso dal treno. Ora che non c’è più mi dispiace non avergli parlato. Non avere utilizzato quel tempo prezioso da Roma a Verona.

 

Ennio Fantastichini ha lavorato coi più grandi del cinema italiano: Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni. Sono molti i grandi registi che lo hanno prescelto. Nel 1982 recita nel film I soliti Ignoti 20 anni dopo. Secondo figlio di un maresciallo dei carabinieri si trasferisce nel 1975 a Roma per sudiare all’Accademia nazionale d’arte drammatica. A soli 15 anni aveva infatti esordito già a teatro con una piccola parte in un’opera di Samuel Beckett. Partecipa al film I ragazzi di via Panisperna, con la regia di Gianni Amelio: interpreta Enrico Fermi e l’incontro con Gianni Amelio gli cambia la vita, è un incontro importante. Da questo momento la sua carriera vola. E infatti il suo più grande successo arriva ancora con un’opera di Gianni Amelio nel 1989 “Porte Aperte”, dove interpreta il ruolo di Tommaso Scalia accanto a Gian Maria Volontè, il suo maestro, il suo preferito, e riceve il Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista. La sua recitazione piace anche a Paolo Virzì che lo sceglie per il suo Ferie d’Agosto, che gli consente di ottenere il David di Donatello. La sua carriera è piena di successi, recita pure nella miniserie la Piovra nel 1997, arriva poi una rivisitazione del film Sacco e Vanzetti nel 2005 e lui interpreta l’anarchico Bartolomeo Vanzetti. Artista poliedrico e capace di assumere il volto del perfido nobile medioevale come ne La freccia nera del 2006, o quello del padre che si sente umuliato per l’omosessualità del figlio in Mine Vaganti. Artista verace, ingombrante che in realtà sembra nascondere una insospettabile timidezza. Grande e grosso com’è invade lo schermo, ma la sua grande più grande abilità è forse quella di caratterizzare ogni film, ogni fiction in cui ha preso parte. Artista ingombrante, che si alimenta della sua stessa popolarità, del suo stesso successo, ha partecipato a una cinquantina di film, qualche escursione sul palcoscenico e una quindicina di personaggi intepretati in tv, Rai e Mediaset. Ce n’è abbastanza per dire che è un grande attore. Tuttavia Fanastichini non ha mai abbandonato questo suo atteggiamento a volte timido, un pò distante, quasi di chi in fondo in fondo non si prende troppo sul serio, odia il computer, mette passione nelle proprie interpretazioni, pensa che abbracciarsi sia meglio che odiarsi, un omaggio alla gentilezza.  Un omaggio alla vita vera.

L’incontro con Ferzan Opzetek proprio quando esplode il successo del regista turco, lo avvicina al grande pubblico ancora di più, e vince il David di Donatello come miglior attore non protagonista in Mine Vaganti, dopo aver lavorato con lui anche in Saturno Contro. All’inizio di quest’anno interpreta il Re Lear a Teatro, poi lavora nella fiction su Fabrizio de Andrè e il rapporto col padre dal titolo Principe libero, un successo Rai. Salta di nuovo sul palcoscenico in uno spettacolo con Cristina Comencini e la partecipazione di Iaia Forte, Tempi Nuovi. Un testo che si sposa bene con chi odia la rivoluzione digitale considerata una barbarie. Timido per sua stessa ammissione, provava un vero odio per il tappeto rosso. Ha sempre pensato che il mestiere di attore fosse personale, interiore. Quando ha interpetato il ruolo di Giovanni Falcone è andato a Palermo a portare dei fiori sulla sua tomba.

 

 

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