Un italiano su quattro a rischio povertà, un livello record mai avuto in passato.Rischiamo di più i giovani che gli over 65. La nuova soglia è di 830 euro al mese. E’ questo il quadro tracciato da Palazzo Koch in una indagine riferita ai dati del 2016 della Ricchezza delle Famiglie.
La quota di individui con un reddito inferiore al 60% di quello mediano (che individua cioè il rischio di povertà ed era pari a circa 830 euro al mese) è salita infatti al massimo storico del 23% dal 19,6% del 2006. Una crescita che non riguarda solo il sud del paese, dove il 13,3% degli individui vive in famiglie senza alcun percettore di reddito da lavoro rispetto al 6,1 nel nord e 6,9 nel centro. Anche il nord vede infatti crescere il rischio povertà, salito dall’8,3% al 15%. La quota aumenta nel caso degli immigrati, dal 34 al 55%.
Il 2016 tuttavia è stato l’anno che ha fermato la caduta del reddito medio equivalente, quello che tiene conto anche della dimensione familiare: è salito infatti a circa 18.600 euro, il 3,5% in più rispetto a due anni prima. È inoltre diminuita la quota di famiglie che nel 2017, al momento dell’intervista di Bankitalia, hanno dichiarato di arrivare a fine mese con difficoltà (al 31 dal 35% della rilevazione di due anni prima).
Ad aumentare però sono le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza. Secondo i dati diffusi da Palazzo Koch, infatti, nel 2016 il 5% del “Paperoni” deteneva il 30% della ricchezza complessiva. Il 30% più ricco delle famiglie inoltre ha circa il 75% del patrimonio netto rilevato nel complesso, con una ricchezza media di 510.000 euro. Oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro. Al 30% delle famiglie più povere invece l’1% della ricchezza.
Una fotografia quella di Bankitalia, che mostra come ad aumentare siano ancora le disuguaglianze, in un paese caratterizzato da sempre,da divari economici e delle produttività: nella distribuzione della ricchezza, nel 2016 il 5% del “Paperoni” deteneva il 30% della ricchezza complessiva. Il 30% più ricco delle famiglie inoltre possiede circa il 75% del patrimonio netto rilevato nel complesso, con una ricchezza media di 510.000 euro. Oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro. Al 30% delle famiglie più povere invece solo l’1% della ricchezza.
Alla crescita delle disuguaglianze si è accompagnata quindi l’ulteriore aumento della fetta di individui a rischio povertà. In particolare, gli economisti di Bankitalia spiegano in particolare che l’incidenza di questa condizione è più elevata tra le famiglie con capofamiglia più giovane (per quelli fino ai 35 anni, ad esempio, si passa dal 22,6% del 2006 al 29,7% nel 2016 mentre per quelli tra i 35 e i 45 anni dal 18,9% al 30,3%), meno istruito, nato all’estero e per le famiglie residenti nel Mezzogiorno. In quest’ultimo caso, la situazione non è molto peggiorata ma resta comunque critica: nel 2016 era infatti a rischio povertà il 39,4% degli individui con capofamiglia residente al Sud (39,5% nel 2006). Per effetto della prolungata caduta dei redditi familiari, il rischio di povertà inoltre, ma inferiore per i nuclei il cui capofamiglia ha più di 65 anni o è pensionato.
L a ricchezza netta degli italiani è inoltre diminuita del 5%, quasi interamente per il calo del prezzo delle case.
Alla fine del 2016, precisa Bankitalia, le famiglie italiane disponevano in media di una ricchezza netta, costituita dalla somma delle attività reali e di quelle finanziarie, al netto delle passività finanziarie, di circa 206.000 euro (218.000 euro nel 2014). Il valore mediano, che separa la metà più povera delle famiglie dalla metà più ricca era significativamente inferiore (126.000 euro, da 138.000 euro nel 2014). Il loro valore, perlopiù determinato dalla casa di residenza, diviene però apprezzabile dal quarto decimo più povero, dove è in media pari a circa 70.000 euro, e sale fino a quasi 800.000 euro nella media del decimo più ricco delle famiglie. Per queste famiglie, la quota di attività finanziarie sul patrimonio lordo oscilla attorno al 10%, avvicinandosi al 20% solo per il 5% più ricco.