DOPO LA CAMPAGNA “ME TOO” E LE DENUNCE DI ASIA ARGENTO SI TORNA A PARLARE ANCHE DI MOBBING

Sono cinque le parole che stanno entrando prepotentemente nella vita quotidiana, per indicare lo stato di malessere sui luoghi di lavoro, a volte anche a causa delle forti riorganizzazioni e riconversioni che le aziende intraprendono, soprattutto in situazioni di crisi economica. E non è un caso, che dopo lo scandalo hollywoodiano portato in luce dalle attrici e in particolare da Asia Argento, cui hanno fatto seguito tutte le altre con le campagna “Me Too”, si torni ora  a parlare anche di violenze morali sul posto di lavoro. Di Mobbing in sostanza. Sembrava non esistesse più, invece era solo coperto dalla precarizzazione del lavoro e dalla volontà di non farlo emergere. I cinque termini da tenere bene all’attenzione per cercare di prevenire, eventualmente reagire con le giuste azioni e comunque per cercare di fermare quelle violenze subdole sono: Stress, Mobbing, Straining, Burn out e Stalking.

 

La flessibilità esasperata portata avanti sulla scia della globalizzazione in un contesto produttivo caratterizzato sempre più della precarizzazione del mercato del lavoro porta come conseguenza  l’affacciarsi prepotente di malattie di natura psico-sociale, che investono il mondo della produzione di beni e servizi. Nessuno è innume.

Lo stress legato all’attività lavorativa si manifesta quando le richieste dell’ambiente di lavoro superano la capacità del lavoratore di affrontarle o controllarle, e rappresenta la seconda malattia professionale più diffusa nell’Ue e  può essere provocato da rischi psicosociali, quali la progettazione, l’organizzazione e la gestione del lavoro, ma anche da problemi come le vessazioni e la violenza sul lavoro, e da rischi fisici come la rumorosità e la temperatura.

 

In pratica è la prima tappa di una situazione vessatoria, che può degenerare nel Mobbing. Si può infatti sostenere che non c’è Mobbing senza Stress. Tuttavia, prima di arrivare alla violenza morale tipica del Mobbing, esistono altri due livelli intermedi, meglio conosciuti come Strining e Burn Out. Il primo è  traducibile letteralmente con i termini “tendere, sforzare” e definisce una situazione originata in ambiente di lavoro in cui la vittima subisce una singola azione vessatoria, come per esempio un ingiusto trasferimento, le cui conseguenze sono di “stress continuo” ed i cui effetti durano nel tempo, con un effetto devastante sul lavoratore. E’ però necessario che la vittima percepisca gli eventi come una componente intenzionale e discriminatoria da parte dei vertici (capo,direttore, amministratore, presidente, collega). Il secondo invece, corrisponde al significato di “scoppiato dal lavoro”. È una sindrome che colpisce principalmente i lavoratori impegnati nelle professioni sociali come, assistenza, sostegno, emergenza, istruzione, sanità. In questi casi, sono spesso le inadeguatezze organizzative, oppure
l’ingiusta assegnazione dei compiti, e la mancata chiarezza nelle
regole, che possono portare a situazioni di esaurimento di ogni energia ed allo svuotamento psichico del dipendente al quale vengono fatte richieste di surmenage, e che va in corto circuito, perchè non riesce a soddisfare le aspettative di chi comanda. Lo Stalking, invece è traducibile con il termine

“caccia in appostamento”; una parola per indicare anche  anche il così detto “Stalking occupazionale” caratterizzato dal fatto che la causa delle persecuzioni ha origine in ambiente lavorativo e viene estesa anche nella vita privata. Il persecutore, cioè lo stalker, aggiunge così molestie che toccano l’ambiente familiare della vittima al fine di completare e
rafforzare il suo progetto di costringere la vittima alle dimissioni o soggiogarla al suo volere. In Italia poichè non esistono leggi sul Mobbing, ma solo la regione Campania ha legiferato, mentre il fenomeno viene contrastato con i Codici di legge già presenti nel nostro ordinamento, si ritiene che proprio la normativa sullo Stalking possa essere d’ausilio per il contrasto al Mobbing, in primis per quanto riguarda lo “Stalking occupazionale”.

Infine il Mobbing: si ricorre al Mobbing, vale a dire a velati atteggiamenti persecutori messi
in atto tramite azioni lesive occultate dietro una facciata spesso addirittura cordiale, affinché la “vittima” compia errori. Ciò giustificherà condotte quali: il demansionamento, la dequalificazione, l’isolamento, la riduzione del salario, fino ad una persecuzione subdola che la possa portare al licenziamento o all’abbandono volontario del posto di lavoro, dopo averle sottratto benefit, e spesso anche i mezzi del lavoro, come il computer o il telefonino aziendale. Le conseguenze  possono essere irreparabili per il Mobbizzato che comincerà ad avere problemi di natura
psicofisica, fino a vere e proprie patologie.  Il Mobber,  avrà così raggiunto il suo scopo “togliendo di mezzo” il lavoratore , che da quel momento avrà con condizione fisica e
sociale distrutta. Non sono pochi infatti i casi in cui al Mobbing in ufficio si associa una separazione o un divorzio, perchè il perseguitato non viene compreso, e spesso è considerato esagerato nelle sue descrizioni, e nel suo malessere che può durare molti mesi, anche anni. Il Mobbing infatti non è una malattia ma può essere la causa di una malattia. E’ il Mobber che è malato (narciso frustrato), ma quasi sempre non lo sa, e inoltre l’eventuale consapevole non lo aiuterebbe a non esercitare le sue violenze sugli altri, la sua viltà celata da potere. Quasi sempre infatti il Mobber è un capo, o addirittura qualcuno ai vertici dell’azienda (Bossing).

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