Wine/ L’Italia del vino cresce nel mondo ma ad oriente si parla francese

L’Italia del vino chiude il 2017 con un incremento in valore delle vendite nei Paesi extra-Ue del 5,9%, per una stima di circa 3,4 miliardi di euro. Ma il segno positivo più che una vittoria è un’occasione mancata in un anno ‘doc’ per il commercio di vino nel mondo, in cui la Francia allunga a +9,8% (a oltre 4,8 miliardi di euro) e con Spagna (+9,7%), Australia (+12%) e Cile (+7,2%) che guadagnano quote di mercato ai danni del Belpaese.

 

Lo segnala l’analisi consuntiva dell’Osservatorio del vino Paesi terzi di Business Strategies, frutto delle elaborazioni realizzate in collaborazione con Nomisma-Wine Monitor sui dati import delle dogane aggiornate ai 12 mesi 2017 degli 8 principali partner commerciali che assieme rappresentano il 90% della domanda di vino extraeuropea. Nell’anno del sorpasso (in valore) della Francia sull’Italia negli Stati Uniti – osserva l’analisi – la performance del Belpaese appare di doppia lettura. Da una parte prosegue l’eccellente percorso di crescita del nostro vino, che nell’ultimo quinquennio è risultato essere tra i più virtuosi in assoluto (+33% la crescita nell’extra-Ue); dall’altra si accentuano elementi che contribuiscono ad alimentare una crisi di crescita: prezzo medio in stagnazione, debolezza sui mercati in forte sviluppo come quelli asiatici, fase di riflessione negli Usa.

 

Per Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies: “Al netto del sorpasso ai nostri danni negli Usa, dove la Francia ha recuperato solo nel 2017 circa 173 milioni di euro all’Italia, il nostro gap commerciale sta tutto nei principali Paesi dell’Estremo Oriente. In Giappone e Cina, la Francia ha infatti segnato un valore delle vendite di oltre 1,4 miliardi di euro superiore al nostro, più o meno la stessa cifra che ci separa dal principale nostro competitor nelle esportazioni complessive extra-Ue”. Per Ballotta “serve, come auspicato in più tavoli, una concertazione centralizzata della promozione verso quei partner commerciali, per evitare che restino perennemente mercati di prospettiva per noi e di sbocco per loro”.

 

IMPORTAZIONI TOP PARTNER

Nel dettaglio, tra i Top 8 Paesi della domanda (Usa, Cina, Canada, Giappone, Svizzera, Russia, Norvegia e Brasile) è notevole la ripresa delle importazioni dalla Russia(+41%, 4° partner extra-Ue) come pure quelle da Brasile (+48,6%) e Canada (+6,5%, 3° partner per l’Italia), mentre è risultato positivo ma sotto la media del mercato l’import di Svizzera (+5,4%, 2° partner), Giappone (3,6%) e soprattutto degli Usa, la cui domanda di vino made in Italy (+1,3%, 1,644 miliardi di euro) cresce 10 volte meno della Francia e 1/3 rispetto alle importazioni globali nel primo mercato buyer al mondo (+4,5%). E se in Norvegia l’Italia rimane top exporter nonostante un calo del 2,3%, in Cina la variazione è significativa in termini percentuali (+18,6%) ma molto meno in senso generale, con una quota di mercato che dal 5,6% del 2016 arriva al 5,8%, con sette bottiglie francesi bevute per ogni italiana.

 

Troppo poco per una superpotenza enologica come l’Italia, che dopo anni di recupero viene ricacciata indietro dalla Francia anche nel prezzo medio: 2,77 euro/litro per la prima (+1,5 sul 2016), 6,07 euro/litro per la seconda (+3,1 sul 2016). Ed è proprio il prezzo medio, aggiunto a un più debole traino degli sparkling e la stagnazione dei fermi imbottigliati, la causa della battuta di arresto negli Usa. Complessivamente nei Paesi terzi si conferma l’alto gradimento per le bollicine italiane (import a +11%) mentre i fermi imbottigliati segnano un +4,6%.

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