LIFESTYLE/ BLU COME IL MARE E ROSSA COME IL PEPERONCINO … IL TIME RI-SCOPRE LA CALABRIA PER UNA VACANZA COAST TO COAST E DIMENTICA LE ECCELLENZE ENOGASTRONOMICHE

(Kalabria coast to coast)

 

Anche il Time si è accorto della Calabria ed ha ha inserito nella sua “The World’s Greatest Places Of 2022”, la guida annuale che segnala ai lettori le mete più ambite e desiderabili al mondo, non una località specifica, bensì un percorso divenuto ormai meta di visitatori internazionali: il “Kalabria Coast to Coast”.

 

Un cammino che l’associazione Kalabria Trekking di Pizzo ha ideato e allestito sui sentieri interni che collegano Soverato a Pizzo Calabro attraverso due province, otto comuni e i 55 km del punto più stretto tra i due mari che bagnano la Calabria. Tra il Parco nazionale dello Zambesi in Zambia, la Kyushu Island in Giappone e altre 47 mete globali e non solo (c’è anche la Stazione spaziale internazionale), sul sito del Time compare anche la caratteristica spiaggia della Marina di Pizzo che il testo, redatto da Aryn Baker, segnala come “una delle location del cammino Kalabria Coast to Coast”. Certo aver ideato il cammino che da Soverato, sul mar Jonio va nel Tirreno e quindi a Pizzo aumenta il fascino di una regione che per la verità questo percorso conosce assai bene, perchè i giovanotti sono soliti da queste parti immergersi nelle acque cristalline di Soverato e dintorni, per poi inoltrarsi attraverso i monti delle Serre Calabre fino al Bivio Angitola per andare a Pizzo a prendere il tartufo, il famoso gelato esportato in tutto il mondo, magari prima di cenare in uno dei ristorantini giù al porticciolo dove ammirare uno dei tramonti sul mare più struggenti del litorale. Da Tropea il calar del sole si può ammirare con lo sfondo dello Stromboli ma che il Time si sia accorto di tutto questo, certo, fa la differenza. Ma il Time si è accorto pure che la Calabria è una meta “trascurata”, e “ingiustamente perseguitata da una cattiva reputazione”, mentre invece ha panorami mozzafiato, antichi borghi collinari e cucina e tradizione enoica eccellenti.

 

“Il tortuoso sentiero Kalabria Coast to Coast – dichiara il Time – porta gli escursionisti attraverso uliveti, pascoli di montagna, foreste profonde e piccoli villaggi, con soste in città famose per il loro vino, la ricotta affumicata e una salsiccia spalmabile piccante conosciuta localmente come ‘nduja».

 

(Alla salute, Jovanotti)

Prima del Time Jovanotti per girare il video della sua canzone ha contribuito ad esaltare le bellezze della Calabria. In tour tra Scilla, Gerace, Gioiosa Jonica per produrre il suo video in realtà postando se stesso davanti ai magnifici siti calabresi. Jovanotti ha utilizzato le bellezze naturali e architettoniche di questa regione per farsi pubblicità. E’ così che si fa…Non come Gabriele Muccino con lo spot pagato dalla Regione Calabria che aveva peraltro per interprete l’attore calabrese di Roccella Jonica: un bravissimo Raul Bova che non ha entusiasmato nella clip che scimmiottava località turistiche greche, con tanto di ciuccio e tovaglia a quadretti bianca e rossa, tutti i luoghi comuni che riguardano il sud, quello che mancava era il cuore. Ma il tema è che in entrambi i casi la Calabria non ha avuto il giusto riconoscimento, almeno quello che meritava neanche rispetto alle bellezze naturali di cui è piena. Ribaltando le regole della comunicazione Jovanotti, ha in effetti utilizzato luoghi molto conosciuti come Scilla e densi di storia e di cultura come Gerace e realizzato con il regista Giacomo triglia un video originale per il suo brano “Alla Salute” con lo sfondo di un mare magnifico e ci ha messo la faccia. Certo una faccia brillante, simpatica che esprime empatia al primo sguardo. 

 

(Tramonto a Tropea con il sole che bacia lo Stromboli)

 

Quest’anno inoltre sono in crescita i comuni che hanno conquistato la Bandiera Blu 2022 per un totale di 17 mete turistiche, per cui Isola Capo Rizzuto (Crotone) e Caulonia (Reggio Calabria) si sono aggiunte ai quindici già esistenti, segno che qualcosa eppur si muove, sono: Tortora, Praia a Mare, San Nicola Arcella, Santa Maria del Cedro, Diamante, Roseto Capo Spulico, Trebisacce e Villapiana (Cosenza); Cirò Marina, Melissa e Isola Capo Rizzuto (Crotone); Sellia Marina e Soverato (Catanzaro); Tropea (Vibo Valentia); Roccella Jonica, Siderno e Caulonia (Reggio Calabria).

 

(Soverato)

 

La Calabria meravigliosa, blu come il suo mare, in molti tratti quasi viola, dove il mare prende il colore del vino, e rossa come il peperoncino e le terre del crotonese esprime eccellenze enogastronomiche sconosciute ai più. Ma sono le eccellenze enogastronomiche a stupire il neo-esploratore della Calabria. La punta dello stivale oltre ad offrire panorami mozzafiato e un mare cristallino vanta un’offerta gourmet vastissima, dalla Sila all’Aspromonte, dallo Jonio al Tirreno i migliori piatti tipici calabresi testimoniano una tradizione povera ma ricca di proprietà benefiche, come il bergamotto nella provincia di Reggio Calabria, usato per le confetture, ma anche per i profumi e nelle insalate. Che dire poi della cipolla di Tropea i del caciocavallo silano, dei butirri ripieni di burro, eccellenza dei borghi della Sila, o della mousse della cipolla di Tropea da spalmare sugli arrosti e sui formaggi? Questa, è la Calabria che non ti aspetti, quella del gusto, dei sapori, delle eccellenze dei prodotti originali che rappresentano un territorio e che vengono esportati in tutto il mondo.

 

(Pizzo Calabro)

 

Piccola premessa della cucina calabrese, “non solo ‘nduja”, lo testimoniano lo smodato entusiasmo per il peperoncino, a Diamante gioiello turistico sul mar Tirreno ogni anno si tiene perfimo il festival del peperoncino, “pipi e patate” (peperoni e patate, ndr), il morzello (una specie di trippa molto condita) e gli altri piatti tipici da provare, come le scilatelle, e la pasta col le alici e il pane “ammojjato” (la mollica del pane sbriciolata).  

 

(Scilatelle al sugo con pomodorini pachino)

 

Per iniziare, però il percorso sensoriale nella cucina calabrese, una bibita, e che bibita! la Gassosa la caffè… Al mio promo approccio in terra Calabra all’età di 13 anni scoprì questa gustosa bibita, fresca e iconica, che somiglia alla Brasilena, fatta con la gassosa e il caffè, una vera istituzione tra le province di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, una invenzione che, pare, risalire ai primi del Novecento. La gazzosa al caffè, fresca, frizzante ed energizzante, è un ottimo ricostituente, soprattutto nelle incandescenti giornate estive.

 

 

(Morzello)

 

IL MORZELLO

 

Nasce a Catanzaro ed è un piatto povero, si potrebbe dire che appartiene allo street food, perchè nella città che gli ha dato i natali si mangia spesso in un panino con molto condimento. Si realizza usando trippa e frattaglie bovine, concentrato di pomodoro, peperoncino piccante, sale, alloro e origano e si consuma assieme alla pitta, tipico pane catanzarese a forma di ciambella schiacciata e con poca mollica.Nonostante le sue umili origini, questo ghiotto intingoloha conquistato il palato di un popolo intero, inclusa la nobiltà, fino a divenire uno dei piatti più rappresentativi della cucina catanzarese, ricevendo anche l’assegnazione del marchio De.C.O. (Denominazione Comunale d’Origine). Sarebbero stati i saraceni ad introdurci nel magico mondo del Morzello niente di meno che nel IX-X secolo. A sostegno di questa ipotesi c’è il fatto che nella cucina dei paesi arabi e mediorientali, esiste una pietanza simile al Morzello. Si tratta di una specie di focaccia, schiacciata e dalla preparazione simile per impasto, alla pitta che, ricoperta da gustose pietanze speziate e molto condite, costituisce quasi un piatto quotidiano. Inoltre bisogna sottolineare che le frattaglie usate per preparare il Morzello devono essere bovine, con esclusione della carne suina.Il Morzello nasce come piatto povero, costituito da quelle frattaglie disdegnate dai ricchi. Tuttavia l’estro gastronomico catanzarese decretò il suo successo indiscusso, tanto che, dapprima di nascosto e in seguito “dalla porta principale” il gustoso piatto si fece strada sulle tavole dei ricchi, trovando posto anche nella loro dieta.

 

ED ECCO LA RICETTA PER 4-6 PERSONE CON 1 KG DI MORZELLO

INGREDIENTI:

 

200 gr di trippa di vitello (rumine, abomaso e reticolo) – 400gr. di omaso (il
cosiddetto “centupezzi”);
200 gr di carne mista di vitello tra polmone, milza e cuore (facoltativo)
200gr di pancia di vitello
grasso animale (quello che si ottiene dalla bollitura e che fungerà da condimento)
100 gr. di concentrato di pomodoro
alloro, origano, peperoncini piccanti calabresi
sale fino

 

 

PREPARAZIONE:

La trippa, che dev’essere pulita con molta attenzione con acqua tiepida, dovrà essere unita al “centupezzi” (o centopelli) e alle altre interiora (cuore, polmone e milza) qualora si decida di utilizzarle. Far bollire il tutto per 15 minuti, togliere dall’acqua e tagliare in piccoli pezzi. Estrarre dall’acqua anche il grasso animale ottenuto dalla bollitura.

Porre tutti gli ingredienti ed il grasso animale in una pentola abbastanza grande da fare in modo che essi occupino circa un quarto della sua altezza, quindi, aggiungere  contemporaneamente del vino rosso e soffriggere il tutto con molta cura. Poi aggiungere il concentrato di pomodoro e dell’acqua, fino a raggiungere quasi il bordo della pentola. Per finire, aggiungere una ricca quantità di peperoncini piccanti  calabresi, alcune foglie di alloro e un mazzetto di origano.  Avviare la cottura a fuoco molto lento, senza coprire interamente la pentola, per almeno 2 ore, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno e aggiungendo dell’acqua qualora fosse necessario.  Il MORZELLO sarà pronto quando il condimento riaffiorerà in superficie.  Servire ben caldo nella pitta (caratteristico e tradizionale pane catanzarese a forma  di ciambella) o direttamente nel piatto, con la pitta a parte.

 

(Street Food, il Morzello)

 

La PITTA si sposa bene con il MORZELLO, non è altro che un pane schiacciato e con poca mollica, formato a forma di ciambella piuttosto grande, quasi una pizza doppia da riempire appunto col MORZELLO, oppure con prosciutto e fichi, con la mortadella, o con altri tipi di verdure. Anticamente, ogni famiglia produceva il pane per almeno quindici giorni e i piccoli borghi rurali appesi sulle colline avevano tutti messo a disposizione dei forni a legna dove a rotazione le famiglie realizzavano oltre al pane, anche le pitte, tanto gustose per i figli, spesso scambiandosi e prestandosi l’un l’altra il cosiddetto “lavatu”, vale a dire il lievito già pronto da impastare con la farina.

Dalla medesima radice linguistica di pizza, piada, piadina, pinza e pita arriva la pitta calabra. Questa ciambella di pane tipica è caratterizzata da forma rotonda e schiacciata, buco centrale e scarsa quantità di mollica. La pitta diventa così una sorta di panino vuoto dall’involucro croccante che aspetta solo di essere imbottito. Ad esempio con MORZELLO oppure provola, pecorino crotonese Dop, salsa ai peperoni, melanzane fritte e tutto l’immaginario bucolico della gastronomia calabrese più autentica.

La pitta, come tutte le forme di pane degne di questo nome, ha varianti in tutta la regione. Quella grecanica si chiama lestopitta, letteralmente “pitta veloce” senza lievitazione più simile al pane arabo. La pitta china invece designa una focaccia rustica da farcire con pomodorini, alici, ricotta e erbi i margiu, erbette di campo. La pitta filata infine è una vera e propria torta salata tipica di Conidoni di Briatico. È caratterizzata da sfoglia a ventaglio e aroma di fiori di sambuco.

 

(Pitta tagliata per essere farcita)

 

ED ECCO LA RICETTA DELLA PITTA

 

INGREDIENTI:

500 gr farina 0
350 gr acqua tiepida (in cui sciogliere il lievito + mezzo cucchiaino di zucchero)
12 gr lievito (mezzo cubetto circa)
30 gr olio extra vergine di oliva
1 pizzico di sale

 

PREPARAZIONE:

 

Sciogliere il lievito nell’acqua tiepida, versarlo sulla farina disposta a fontana e mescolare, aggiungere il sale e l’olio, mescolare ancora e impastare per circa 10 minuti, fino a quando non si ottiene una pasta omogenea, liscia ed elastica.

Riporre l’impasto in una terrina oliata, coprirla con un panno e fare lievitare per 4-5 ore. Trascorso questo tempo, riprendere l’impasto, e dargli la forma di una ciambella, poi bisognerà coprirla con un panno e farla lievitare ancora per circa 2 ore.

A questo punto, adagiare la ciambella su una teglia foderata con carta da forno e infornare, in forno pre-riscaldato a 200 gradi per 20 minuti, o fino a quando la superficie della pitta non sarà ben dorata. Una volta ben cotta, lasciarla raffreddare, poi tagliarla orizzontalmente e farcirla con il MORZELLO. La pitta, dura per 3-4 giorni ancora morbida, e puo’ essere usata come il pane o al posto del pane.

 

sugo, ragù

Se la ‘nduja calabrese continua ad avere un successo  contagioso ed è presente tra le eccellenze gastronomiche negli aeroporti internazionali di Londra New York un motivo ci sarà, pure. L’insaccato morbido originario di Spilinga composto da carne di maiale e peperoncino non è semplicemente buonissimo, crea dipendenza. Tutto merito dei sapori genuini che ci sono dentro: preparare la ‘nduja infatti significa prima di tutto qualità, ma anche pazienza e tradizione.

La carne, da suini di età non inferiore ai 14 mesi dalla cui alimentazione è escluso il siero di latte, è rigorosamente macinata al coltello. Il vero protagonista è però il peperoncino di varietà tri pizzi a tre punte: esso infatti agisce da conservante naturale per le proprietà antisettiche e antiossidanti. In passato i peperoncini venivano appesi in lunghe collane e lasciati essiccare per tutta l’estate. Alla cosiddetta “ora del maiale” tra i mesi di dicembre e gennaio venivano staccati, macinati e impastati con il grasso suino. Dopo averla insaccata in budello, la ‘nduja viene affumicata per 10 giorni e stagionata per almeno un anno. A questo punto è pronta per essere spalmata: su pane, pasta, pizza, formaggio, oppure si può aggiungere al sugo di pomodoro, o aad altri tipi di condimenti se si vuole dare un sapore forte al cibo.

 

(nduja)

 

A proposito di abbinamenti con la ‘nduja: la fileja, pasta di grano duro tipica calabrese, chiamata anche scilate, o scilatelle è la candidata ideale. Il formato lungo e ricurvo che ricorda molto le busiate trapanesi viene ottenuto attorcigliando l’impasto intorno al dinaculu, un sottile bastoncino di legno, o un ferretto tipo quelli da claza aperto alle due estremità. Il sugo con la ‘nduja è ottimo anche per gli gnocchi, da leccarsi i baffi…Ma se si decide di preparare dei crostini con la ‘nduja, suggeriamo di passare un po’ di burro sulla fetta di pane, precedentemente messa in forno per qualche minuto, il risultato è … incredibilmente gustoso per le nostre papille…

 

(Crostino con ‘nduja)

 

Un altro classico della cucina calabrese è la pasta con la mollica. Anche in questo caso, le scilatelle vanno benissimo. Si tratta di un piatto tipico della cucina del recupero. In questo caso abbiamo a che fare con la mollica di pane, raffermo ovviamente. Il povero sfilatino avanzato viene riportato in vita come base per il sugo, con l’aggiunta di olio, acciughe e pecorino. La sua resurrezione croccante e sfiziosa dà alla pasta una marcia in più.

 

 

 

 

 

 

 

 

pasta con mollica

(Pasta ammojjata)

 

Se Scilla e Cariddi facevano a gara a far naufragare le navi sullo Stretto, Reggio Calabria e Messina si contendono il primato gastronomico di questa ricetta. Per adesso pare vinca la Calabria, visto che ne ha ottenuto l’inserimento nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali redatto dal Mipaaf. Il pesce spada alla ghiotta ha delizioso intingolo di pomodoro, capperi e olive. E’ una ricetta semplice e appetitosa, veloce da fare e saporita.

pesce spada forno pomodorini

(Pesce spada)

 

 

 

ED ECCO LA RICETTA: PESCE SPADA ALLA GHIOTTA

 

INGREDIENTI:

500 gr di pesce spada

alloro

olio evo

capperi

peperoncino

10 pomodorini pachino

timo

1 spicchio di aglio

50 gr di olive

 

 

PREPARAZIONE

Mettere in una terrina meglio se di coccio, l’olio evo, 1 spicchio di aglio e il pesce spada tagliato e pezzi piuttosto grandi. Fare cuocere da entrambe le parti qualche minuto, aggiungere i pomodorini pachino tagliuzzati, l’alloro e il timo, i capperi e le olive e coprire con un coperchio. Fare cuocere per circa 10 minuti.

 

BACCALA’ ALLA MAMMOLESE

 

(Baccalà alla mammolese)

 

Non tutti sanno che in Calabria c’è un paese, MAMMOLA, famosissimo per la cucina dello stoccafisso e del baccalà. Lo stoccafisso alla mammolese è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale che ha sfamato generazioni di contadini e braccianti, meno di pescatori che potevano permettersi il lusso del pesce fresco. Lo stoccafisso aveva tutti gli attributi della pausa pranzo economica e nutriente: lunga conservazione, basso prezzo, alto valore energetico. Con l’aggiunta dei prodotti freschi dell’orto come pomodori, patate e peperoni è diventato anche una vera delizia. Sono molti i turisti che si arrampicano nel piccolo paese in provincia di Reggio Calabria per provare questa delizia per le papille gustative.

 

ED ECCO LA RICETTA:

 

INGREDIENTI:

500 gr di Baccalà o Stoccafisso

olio evo

sale fino

peperoncino

100 gr di olive nere o verdi

300 gr di patate

300 gr di pelati

una manciata di capperi

due foglie di alloro

origano

 

 

PREPARAZIONE

Mettere in una terrina l’olio evo, l’aglio il peperoncino, aggiungere il Baccalà o lo Stoccafisso, la ricetta è la stessa e fare cuocere da entrambe le parti. Aggiungere il pomodoro e coprire con un coperchio. Fare cuocere per circa mezz’ora. Lo stoccafisso deve cuocere almeno un’oretta di più. Aggiungere quindi le patate tagliate a tocchetti, i capperi e le olive. Continuare la cottura, aggiungere l’alloro e l’origano e servire con un’ottimo calice di vino rosso.

 

 

POLPETTE DI MELANZANE

Si mangiano una dietro l’altro, sono saporite e appetitose, dolci e salate, un must della cucina tradizionale calabrese, a base di melanzane.

 

 

INGREDIENTI:

-4 melanzane, meglio quelle bianche-150 gr di parmigiano-pane raffermo bagnato circa 200 gr2 cucchiai di pane grattugiato-prezzemolo-sale q.b.-pepe nero

-2 uova

-uno spicchio di aglio

olio evo

qualche fogliolina di basilico

 

PREPARAZIONE

Scavare la coppa delle melanzane e tagliare a dadini la polpa. Fare bollire l’acqua e versare le melanzane a dadini facendo cuocere per circa 10-15 minuti. Scolare. Mettere in una terrina le melanzane cosi’ tagliate e asciugate private della loro acqua, aggiungere il pane il parmigiano il pane grattugiato il prezzemolo tagliato sottilissimo, il sale il pepe nero e le uova e il basilico tagliato a pezzettini. Se non dà fastidio si può aggiungere anche mezzo spicchio di aglio tagliato finissimo. Girare tutto l’impasto e creare delle losanghe piuttosto rotonde come fossero delle crocchette di riso. Si può anche dare la forma delle polpette di carne quindi rotonde. Vanno quindi fritte nell’olio e in Calabria si frigge con l’olio extravergine di oliva! Nella tradizione usa anche mettere il pecorino invece del parmigiano che dà un sapore più carico inoltre spesso viene usata la melanzana scura.

Ottime come antipasto, le polpette di melanzane si possono creare anche in forma più piccola della grandezza di una castagnola da gustare per l’aperitivo.

E buon appetito!

 

E PER DESSERT IL TARTUFO DI PIZZO

 

Il primo gelato in Europa ad aver ottenuto il marchio IGP, grazie alla qualità della sua produzione artigianale, che al giorno d’oggi si rivela sempre una carta vincente. A questo prodotto tipico della pasticceria calabrese si sono ispirati tantissimi gelati industriali, che nulla hanno a che vedere con quello originale.

 

(Il tartufo di Pizzo)

 

Il gelato esiste già dall’Ottocento, quando ancora si preparava con le stecche di ghiaccio portate giù dalla montagna. Nel corso del tempo, in Italia è stata la Sicilia a emergere e distinguersi nella produzione di gelati in stampi di acciaio, finchè non è stata presto raggiunta anche dalla Calabria, in particolare dai pasticceri di Pizzo Calabro, come la famiglia Belvedere.

Pizzo Calabro, in provincia di Vibo Valentia, è sempre stato un paese dal carattere fortemente commerciale, un po’ per indole, un po’ per posizione geografica; di certo il suo punto di forza è la piazza, dove storicamente si riunivano viveurs e pasticceri dal resto della Calabria, così come anche da Napoli o dalla Sicilia. Insomma, era un luogo di dolci scambi e di condivisioni dei saperi, e ancora oggi nessun’altra piazza calabrese la eguaglia in quanto a forma, bellezza e vivacità.

 

 

PROSSIMA PUNTATA… I VINI

 

 

 

 

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