FOOD/ LA CARBONARA SI FA COL GUANCIALE: STORIE E LEGGENDE SULLA PASTA CHE SI MANGIA CON GLI OCCHI MA IN COMPAGNIA BUONA COME LA CACIO E PEPE E L’AMATRICIANA

In cucina vale la regola che … si fa con quel che si ha in frigorifero e in dispensa. La Carbonara però di fa col guanciale… non col la pancetta. Ricetta dell’antica tradizione romanesca, assieme alla Cacio e Pepe e all’Amatriciana è un must nei ristoranti trasteverini  e testaccini ma può capitare anche di mangiare una cattiva Carbonara, quindi… carta e penna ed ecco la ricetta!

 

 

Il Carbonara day al tempo del coronavirus assume un sapore diverso: la sfida che da diversi anni vede cimentarsi con uova, pasta e guanciale chef, foodlovers e blogger si fa sempre più social e mediatica.

 

Torna oggi  il #CarbonaraDay: secondo una ricerca commissionata dai pastai di Unione Italiana Food all’Istituto Piepoli rivela che per 9 italiani su 10 (95%) la Carbonara si mangia sempre in compagnia, soprattutto in famiglia. Secondo l’indagine, condotta su un campione di 500 persone rappresentative della popolazione maggiorenne, per 8 italiani su 10 la Carbonara è una questione di cuore: il 62% la condivide con la famiglia, il 20% con il partner. Solo il 13%, con punte tra i maschi under 35, la degusta con gli amici.

 

Per 2 italiani su 3 (67%) la Carbonara più buona è quella preparata tra le mura domestiche. Con un po’ di presunzione, sostengono che la migliore è quella fatta da sé (35%), perché ognuno ha il suo segreto per farla al meglio, dalla preparazione della crema di uovo, formaggio e pepe, dal taglio del guanciale, o dal tipo di pasta scelta. Ma per il 32% è una ricetta social anche nella sua preparazione, con ognuno dei commensali si sposta in cucina a dare il suo contributo al piatto.

Per 1 intervistato su 3 la Carbonara è un premio: per festeggiare un successo ottenuto, la fine di una giornata impegnativa, un pranzo della domenica o una ricorrenza. Ma il 58% degli italiani sostiene che per concedersi un piatto di Carbonara non serve un’occasione speciale.

 

Il Carbonara Day si festeggia ogni anno il 6 aprile ed è la “spaghettata social” più grande del mondo dedicata alla ricetta di pasta più condivisa. Basti pensare che sul solo Instagram sono oltre 1.6 milioni i contenuti con l’hashtag #Carbonara. Ideato nel 2017 dai pastai di Unione Italiana Food, il #CarbonaraDay ha raggiunto in 6 anni una platea potenziale di 1,7 miliardi di persone.

 

 

La storia della Carbonara, i Ricettari dove compare per la prima volta, la Ricetta della Carbonara

 

(DA WIKIPEDIA)

 

È un dato di fatto che la carbonara non venga citata nel classico manuale di cucina romana di Ada Boni, edito nel 1930. Difatti, il piatto viene ricordato per la prima volta nel periodo immediatamente successivo alla liberazione di Roma nel 1944, quando nei mercati romani apparve il bacon portato dalle truppe alleate. Questo spiegherebbe perché nella carbonara, a differenza di altre salse come l’amatriciana, pancetta e guanciale vengono riportati spesso come ingredienti equivalenti.

Secondo questa tesi, sembrerebbe che durante la seconda guerra mondiale i soldati americani giunti in Italia combinando gli ingredienti a loro più familiari che riuscivano a reperire, e cioè uova, pancetta e spaghetti, preparandosi da mangiare, abbiano dato l’idea ai cuochi italiani per la ricetta vera e propria che si svilupperà compiutamente solo più tardi. Secondo Marco Guarnaschelli Gotti “quando Roma venne liberata, la penuria alimentare era estrema, e una delle poche risorse erano le razioni militari, distribuite dalle truppe alleate; di queste facevano parte uova (in polvere) e bacon (pancetta affumicata), che qualche genio ignoto avrebbe avuto l’idea di mescolare condendo la pasta”. A supporto di queste ipotesi vi è il racconto di Renato Gualandi, giovane cuoco bolognese che nel 1944 in occasione dell’incontro tra la Quinta Armata americana e l’Ottava Armata inglese tenutasi a Riccione, si afferma che avesse creato inconsapevolmente un piatto precursore della carbonara. In seguito Gualandi divenne cuoco delle truppe alleate a Roma dal settembre 1944 ad aprile 1945, periodo sufficiente per diffondere la fama della carbonara nella capitale. Ulteriore elemento che deporrebbe a favore di questa ipotesi, viene proposto da Igles Corelli, che ha condotto diverse ricerche per ricostruire una storia il più possibile attinente alla realtà dei fatti intercettando uno dei sodali più vicini al Gualandi, che sostiene la tesi della nascita della ricetta a Roma, invece che a Riccione.

 

Ipotesi appenninica/abruzzese

Secondo un’altra ipotesi il piatto sarebbe stato “inventato” dai carbonai (carbonari in romanesco) nel territorio dell’Aquilano i quali lo preparavano usando ingredienti di facile reperibilità e conservazione. Infatti per realizzare la carbonella era necessario sorvegliare la carbonaia per lungo tempo e quindi era importante avere con sé i viveri necessari.

La carbonara in questo caso sarebbe l’evoluzione del piatto detto cacio e ova (Cace e Ove, in dialetto abruzzese), di origini abruzzesi, che i carbonari usavano preparare il giorno prima portandolo nei loro “tascapane” e che consumavano con le mani.

Il pepe era già usato in buona quantità per la conservazione del guanciale, grasso o lardo usato in sostituzione dell’olio, troppo caro per i carbonai.

Ipotesi napoletana

Un’ultima ipotesi ricondurrebbe l’origine della ricetta alla cucina napoletana. Questa tesi individua in alcune ricette presenti nel trattato del 1837 Cucina teorico-pratica di Ippolito Cavalcanti una possibile origine della pietanza. È da notare come nella cucina popolare napoletana sia norma, nella preparazione di alcuni piatti, usare ingredienti che si trovano nella carbonara: uno sbattuto di uova, formaggio e pepe aggiunto dopo la cottura. Si tratta di una tecnica presente in ricettari antecedenti al trattato di Cavalcanti, tecnica ad oggi ancora comunemente usata in piatti quali pasta e piselli, pasta con zucchine, trippa alla “pasticciola” e spezzatino di carne con piselli. La maggior parte di queste ricette ha anche una versione senza questo sbattuto.

 

 

La Carbonara, la cui origine è ancora controversa, tra chi ritiene sia una ricetta contadina e chi invece la riconduce agli americani e alla loro Razione K, è il piatto di pasta più amato e condiviso al mondo: sono oltre 1 milione i contenuti generati su Instagram con l’hashtag #Carbonara, mentre flame e meme sulla Carbonara di Gordon Ramsey continuano ad animare i social.

Quando il New York Times ne ha pubblicato la versione con pomodorini e bacon, la smoky tomato carbonara, ne è nata una disputa (social) internazionale. A riprova del fatto che per gli italiani la carbonara è sacra e non va toccata: il 95% – secondo una indagine Unione italiana food – ritiene che non possa neanche essere chiamata carbonara se c’è il pomodoro nella ricetta. Gli ingredienti ammessi per questo classico della tradizione sono solo cinque: uova, formaggio (pecorino ma anche un cacio vaccino è consentito), guanciale, pepe e pasta. Null’altro serve per ricreare uno dei piatti più amati, replicati e dalle origini più incerte della tradizione gastronomica.

la prima ricetta della carbonara pare sia stata pubblicata nel 1952 negli Stati Uniti in una guida dei ristoranti di un distretto di Chicago dal titolo “An extraordinary guide to what’s cooking on Chicago’s Near North Side” di Patricia Bronté. Nella recensione del ristorante “Armando’s” l’autrice ne riporta una ricetta piuttosto precisa e non ci si può sbagliare: è proprio la carbonara che tutti conosciamo. La comparsa della prima ricetta italiana (ma non come la conosciamo oggi) è invece datata agosto 1954, quando appare sulla rivista La cucina italiana. Qui gli ingredienti sono: spaghetti, uovo, pancetta, gruviera e aglio.
Ma a chi dobbiamo questa invenzione? Le ipotesi sono diverse, ma su tutte prevale il racconto, mai smentito, di Renato Gualandi. Questo giovane cuoco di origine bolognese fu ingaggiato il 22 settembre 1944 per preparare un pranzo in occasione dell’incontro tra l’Ottava Armata inglese e la Quinta Armata americana nella Riccione appena liberata. Facendo di necessità virtù, creò inconsapevolmente un piatto destinato a diventare famoso in tutto il mondo: “Gli americani avevano del bacon fantastico, della crema di latte buonissima, del formaggio e della polvere di rosso d’uovo. Misi tutto insieme e servii a cena questa pasta ai generali e agli ufficiali. All’ultimo momento decisi di mettere del pepe nero che sprigionò un ottimo sapore. Li cucinai abbastanza “bavosetti” e furono conquistati dalla pasta”. In seguito Gualandi divenne cuoco delle truppe alleate a Roma dal settembre del ’44 all’aprile del ’45 e questo periodo fu sufficiente per diffondere la fama della carbonara nella Capitale. Ovviamente il racconto della carbonara inventata a Riccione nel 1944 da un cuoco bolognese usando le razioni dell’esercito americano, può generare qualche perplessità nei puristi (talvolta autentici talebani senza giustificazione storica) della tradizione romana, ma ciò non rende la faccenda meno veritiera o plausibile. Ci piace invece pensare che sia frutto della grande capacità, tutta italiana, d’improvvisazione culinaria che ha creato un capolavoro in uno dei momenti più difficili della propria storia.
L’origine della Carbonara si evince dai Ricettai … (parola di Gambero Rosso)

Partendo dai ricettari storici, si può incontrare il primo esempio di associazione tra uovo e pasta ne “Il cuoco galante” del napoletano Vincenzo Corrado, stampato nel 1773, seguito dalla “Cucina teorica-pratica” del conterraneo Ippolito Cavalcanti. In questi due casi l’uovo viene utilizzato unicamente come addensante per la pasta in brodo, le polpette di pasta fritte o i timballi di pasta, preparazioni molto lontane, non solo dalla carbonara, ma anche dalla concezione stessa di pastasciutta. A compiere un deciso passo in avanti è invece Francesco Palma, un altro napoletano, che descrive ne “Il principe dei cuochi” del 1881 i Maccheroni con cacio e uova, in cui riunisce formaggio, uova e sugna, in un piatto di maccheroni.

L’utilizzo di lardo o guanciale come condimento per la pasta viene invece registrato dai ricettari solo molto più tardi.Ricordiamo la ricetta degli Spaghetti al guancialepubblicata ne “Il piccolo talismano della felicità” di Ada Boni nel 1949. Purtroppo in nessuna delle ricette è presente l’uovo per cui possono al massimo essere considerate i primi esempi di gricia, anche se questo nome gli sarà imposto solo molto tempo dopo. E a proposito di nomi: quando si sente parlare per la prima volta di carbonara? Strano ma vero, il nome compare in un film.

In realtà pur attenendosi a questa rigida lista di ingredienti, il risultato finale può cambiare e ogni volta la ricetta perfetta è sempre personale. Per questo, in occasione della giornata dedicata a questo piatto, che cade il prossimo 6 aprile, quest’anno i pastai italiani hanno scelto il tema My Carbonara, che tenta una mediazione tra puristi, coloro i quali ritengono esista solo una maniera per farla e 5 ingredienti canonici: pasta, guanciale, pecorino, uovo e pepe appunto, e innovatori per i quali invece non esistono limiti alle reinterpretazioni. Di qui l’idea che non esiste la carbonara perfetta, ma quella “perfetta per me”, purchè si rispetti lo spirito della ricetta originale. #MyCarbonara, appunto. A partire dalle 12 del 6 aprile, puristi e innovatori si sfideranno con la propria “Carbonara perfetta” in occasione di questa giornata ideata dai pastai di Unione Italiana Food e supportata da Ipo, International pasta organisation, dedicata a una ricetta che ad oggi conta oltre 1,4 milioni di contenuti su Instagram con l’hashtag #carbonara.

“La Carbonara è il piatto preferito di molti… e anche il mio – confessa Riccardo Felicetti, presidente dei pastai di Unione italiana food – Fantasia o necessità possono dare vita a ricette ispirate a questo piatto. Ma allora non chiamatela carbonara. La carbonara è una sola, come Venezia. Poi ognuno ha i suoi segreti e l’equazione della carbonara ideale deriva da gusti personali o abitudini familiari. Quest’anno vogliamo far vedere che anche usando solo gli ingredienti classici si può ottenere la carbonara ‘perfetta per me’.”

Una guida realizzata da Unione Italiana Food assieme a Luciano Monosilio, il “re” della carbonara, rivela come anche la minima variazione possa cambiare il risultato finale. Il guanciale tagliato a strisce sottili è più croccante e sapido rispetto a quello a dadini, per il formaggio se si opta solo per il pecorino il risultato sarà più sapido, mentre un mix di cacio di pecora e vaccino rende il piatto più avvolgente e morbido. Per l’uovo, la salsa cremosa si ottiene con un mix di tre tuorli e un uovo intero (per quattro persone). Il pepe nero risulta più profumato rispetto a quello bianco. E poi c’è la pasta: spaghetti, rigatoni o mezze maniche sono ben accetti, seppur con risultati diversi. Nel caso degli spaghetti, il condimento li avvolge quasi come fossero una pasta all’uovo, mentre la pasta corta riesce a “catturare” condimento e guanciale che, in questo caso, diventa parte integrante del piatto mentre negli spaghetti fa quasi da contorno.

Le variazioni, dunque, sono tante pur nel rispetto della ricetta originale. Ma anche su questo – l’origine – non c’è molta certezza e questo sicuramente alimenta le dispute intorno a questo piatto. In ogni caso, che sia la ‘Razione K’ dei soldati americani (tuorlo d’uovo in polvere e bacon), inventata dal padre della dieta mediterranea, Ancel Keys, o una evoluzione della cacio e ova dei carbonai appenninici (carbonari in romanesco), o ancora il trattato sulla cucina napoletana del 1837 di Ippolito Cavalcanti Cucina teorico-pratica, resta un fatto che la carbonara è tra i piatti più replicati di sempre. Con un discreto elenco di versioni “eretiche”, rispetto a quella che è considerata la “vera” ricetta, anche nei nostri ricettari più datati. Nella ricostruzione dello storico della gastronomia Luca Cesari, la carbonara fa la sua comparsa sulle riviste di cucina negli anni Cinquanta e nella sua storia è stata preparata con prosciutto (o coppa) e funghi; con uova, parmigiano e vongole; con aglio, gruviera e parmigiano. E che dire della versione di Ugo Tognazzi, con panna, peperoncino e brandy, cucinata per centinaia di americani durante un tour promozionale negli States. Assieme agli ingredienti si evolvono anche le tecniche di cottura: per decenni l’unico modo per renderla cremosa prevedeva l’aggiunta della panna. E’ solo da una ventina d’anni che un approccio più scientifico (la mantecatura fuori dal fuoco, la cottura a bagnomaria del composto di uova e formaggio non oltre i 62 gradi di temperatura) e la disponibilità di utensili come il termometro da cucina hanno reso la carbonara “perfetta” alla portata di tutte le cucine.

 

 

Ed ecco la Ricetta

 

INGREDIENTI:

 

400 gr di spaghetti

150 gr di guanciale

4 tuorli

pepe nero

sale

50 gr pecorino

 

Mettere la pentola dell’acqua a bollire, salare e nel frattempo tagliare a dadini il guanciale di maiale farlo cuocere in un tegame antiaderente, il guanciale libererà il suo grasso… Quando sembrerà parzialmente sciolto aggiungere un pochino di acqua di cottura e cuocere a fuoco moderato per poco meno di 10 minuti. In una ciotola sbattere i quattro tuorli d’uovo, e aggiungere una parte del pecorino grattugiato e un pizzico di pepe nero. Versare la pasta scolata al dente in un saltapasta e aggiungere sopra il guanciale bollente. Spegnere il fuoco e aggiungere le uova col pecorino amalgamando tutto. Impiattare e mettere su ogni piatto un po’ del pecorino rimasto. E Buon Appetito!

Invece degli spaghetti si può optare per  i rigatoni, sono ugualmente buonissimi, in alternativa mi è capitato anche di mangiare i cannolicchi alla carbonara, ed erano buonissimi…
IN ALCUNE RICETTE,  INVECE DI 50 GR DI PECORINO VIENE INDICATO 30 GR DI PECORINO + 20 GR DI PARMIGIANO E PERSONALMENTE PREFERISCO QUESTA OPZIONE.

 

 

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