FESTA DEL CINEMA DI ROMA/ L’ARMINUTA TRAVOLGE IN UN MONDO RUVIDO E ASPRO DOVE NESSUNO ESPRIME I PROPRI SENTIMENTI

L’Arminuta travolge e incanta nei paesaggi d’Abruzzo aridi e selvaggi dove all’improvviso la visione si apre verso il mare. Potrebbe essere questa la metafora del film tratto dal libro di Antonella Di Pietrantonio, L’Arminuta, vincitrice del Premio Campiello nel 2017, cui hanno fatto seguito traduzioni in 25 paesi  fino al nuovo libro  Borgo Sud, finalista al Premio Strega 2021. Le scene del film di Giuseppe Bonito sono forti e dense di sentimenti taciuti, a tratti sembrano dipinte, i toni del verde aprono la scena madre, quella del ritorno, nessuno dei protagonisti riesce a esprimere i propri sentimenti, le proprie emozioni. L’arrivo dell’Arminuta, (interpetata da Sofia Fiore) che in dialetto abruzzese significa “La Ritornata”, porterà scompiglio in una famiglia che vive in campagna tra miseria e difficoltà a comprendere le esigenze dei figli che crescono nelle privazioni. La storia dirompente e ammaliatrice inizia con la visione di una ragazza di 13 anni, L’Arminuta, che bussa alla porta sconosciuta di una casa in campagna dove il padre la accompagna con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra. Ad aprirle, sua sorella Adriana (Carlotta De Leonardis), gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima e le domanda “tu chi sei?” L’altra le risponde “sono tua sorella”. Da una parte una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto, una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori, anzi, di quelli che credeva fossero i suoi genitori. Dall’Altra, Adriana, più piccola, povera e molto intelligente, sensibile e premurosa che coglie subito nell’abito della sorella, la differenza economica che le distingue e le dice: “L’anno prossimo questo abito lo dai a me”. L’Arminuta non capisce perchè i suoi genitori l’hanno rifiutata, lei vorrebbe solo tornare da quelli che ha sempre considerato i suoi genitori. Nessuno le dice perchè l’abbiano portata lì, pensa che sua madre stia male.

 

 

 

Per l’Arminuta comincia una nuova e diversissima vita, dalla quale cerca disperatamente di uscire ma non potrà.  La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto, ben tre piu’ un neonato e appunto Adriana. Il cibo sul tavolo è poco, non ha neppure un letto dove dormire, lo condivide con Adriana che però è ben contenta di avere finalmente una sorella, si preoccupa per lei, capisce la sua difficoltà ad ambientarsi, dell’Arminuta dice: “lei viene dalla città”.  Il letto poi arriva, è già stato pagato quando lo consegnano nella piccola casa di campagna. Lo hanno fatto quelli che lei riteneva fossero i suoi genitori fino a quel momento tragico in cui è stata trasportata nella casa di campagna, da quella che era la sua vera madre e dove conosce il suo vero padre e tutti i suoi fratelli, e dove lei non si riconosce. E poi c’è Vincenzo, che la guarda con desiderio che tenta più volte un approccio con lei nonostante sia sua sorella, ma per lui è una ragazza desiderabile e basta. Cocciuto, violento, con amicizie considerate sbagliate Vincenzo ha voglia di vivere e di avere soldi e riesce ad averli con piccoli espedienti. Prova ad entrare nel cuore dell’Arminuta, le regala una catenina d’oro con un cuore. Muore prima chi sia possibile compiere fino in fondo il gesto che lui non considerava incestuoso. Il punto di svolta del film è quando la madre una bravissima Vanessa Scalera già conosciuta la grande pubblico per il ruolo di Imma Tataranni nella serie Tv sulla Rai, capisce di avere una figlia straordinaria, aiutata dalla professoressa della scuola dove L’Arminuta studia. Il colpo di scena arriva quasi sul finire del film, con la scoperta che la madre “adottiva” dell’Arminuta, Adalgisa, l’aveva rimandata alla sua vera famiglia d’origine  perchè aveva avuto una bambina dopo aver lasciato quello che l’Arminuta considerava suo padre.

 

 

Due maternità diversamente cattive, è il tratto distintivo del libro, e quindi del film, anche se Donatella Di Pietrantonio ha detto di essere stata più “cattiva” nel libro di quanto non abbia visto nel film. Ha espresso la fragilità di due madri, che vivono in perfetta “solitudine” di sentimenti. Invece Vanessa Scalera, madre triste dell’Arminuta dice: “Come sono arrivata a fare questo personaggio? Semplice, dopo aver osservato nella realtà quelle madri che hanno nello sguardo un grumo che non esplode mai. Io ci ho fatto i conti con quegli occhi, occhi che esprimono tutto ma non parlano mai”. L’autrice, conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell’Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare. Adriana finalmente scopre il mare attraverso l’Arminuta ed è qui tra le onde del mare a Pescara che le due sorelle sigillano la loro alleanza: Adriana non ha più paura delle onde, questa volta è l’Arminuta che l’aiuta a superare la sua paura del mare. Bellissimo film anche se pieno di angoscia, rievoca abitudini non svelate spesso in uso nelle famiglie povere al sud, dove una donna che aveva molti figli “donava” per la sua crescita uno dei figli spesso a una parente, una sorella, una cugina, che non aveva potuto avere figli. Il motivo era quasi sempre da ricercarsi nella povertà e nella convinzione che da una parte c’era una bocca in meno da sfamare, dall’altra un futuro presumibilmente migliore. Bravi tutti gli attori, bravissime le ragazzine, di rara intensità la fotografia. Un film che merita di essere visto anche da chi ha letto il libro, perchè la fotografia anche quella dei paesaggi è dolce e ruvida a tratti indimenticabile, come quella delle figure su un manto nevoso. Il film esce nelle sale cinematografiche il 21 ottobre, è una coproduzione italo svizzera: Roberto Sbarigia per Maro Film, Maurizio e Manuel Tedesco per Baires Produzioni, Javier Krause per Kaf con Rai Cinema.

 

 

 

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