LIBRI/ LA CALABRIA CHE NON TI ASPETTI: GIUSEPPE SMORTO NEL LIBRO “A SUD DEL SUD” ZOLFO EDITORE RACCONTA I DIAVOLI E I RESISTENTI NELLA TERRA DELLE MERAVIGLIE TRA GRANDI BELLEZZE E BRUTTURE UMANE

Sono storie di resistenza di una regione che ha mille spigolature e non riesce a raccontarsi nei tanti risvolti positivi che la caratterizzano: più che la Calabria agli occhi di chi guarda dovrebbe essere nota come le Calabrie, perché sono luoghi che non si parlano, che hanno storie, tradizioni, territori così differenti quasi da non potersi annoverare nella stessa identità regionale. E qui il campanilismo non c’entra, succede anche in altre aree del Belpaese, basta pensare alla Toscana. Bizantini, normanni, greci, albanesi, turchi, arabi sono stati qui e hanno lasciato i loro segni. Te ne accorgi quando senti alcuni dialetti o quando attraversi i paesi della Locride. I Borboni hanno scelto Ferdinandea come residenza estiva, poi c’è la Sila col suo pino Loricato e l’Aspromonte con faggeti centenari che quando lo conosci lo ami subito, i certosini hanno preferito il silenzio dei monti delle Serre per stabilirvi la meravigliosa Certosa a Serra San Bruno. Poi c’è la Calabria religiosa e i suoi santuari così cari ai pellegrini: Monte Stella, la Cattolica di Stilo, il santuario della Madonna di Polsi, il santuario di San Francesco da Paola, per ricordare solo alcuni siti religiosi tra i più importanti. E’ proprio vero, bisognerebbe parlare di Calabrie, dimensioni e territori che non si parlano, bellezze naturali e brutture umane, mare e castagni secolari, sabbia e scoglio, angoli struggenti e pattumiere di rifiuti tossici italiani. Viaggio di Giuseppe Smorto giornalista nato a Repubblica di Reggio Calabria che è riuscito a legare i fili di storia in storia in un “percorso dentro la Calabria “tra diavoli e resistenti” come recita il sottotitolo del libro edito da Zolfo “A Sud del Sud”. E il sud Smorto lo sta girando chilometro dopo chilometro per presentare questo volumetto che lascia un senso di leggerezza, quasi di libertà e non solo perché è scorrevole, ha ritmo, mostra conoscenza del territorio ma anche perché racconta storie legate a questa terra e alla voglia di restare ancorati sì alle tradizioni e ai legami ma col passo nuovo di chi conosce le tecnologie, ha memoria del passato pertanto riesce in una specie di prodigio a legare il nuovo e il vecchio anzi l’antico. Ce n’era proprio bisogno di un libro così. Viene da dire “finalmente”…Smorto ha ripercorso la Calabria dallo Stretto al Pollino, chilometro per chilometro, cercava di sciogliere l’enigma di un luogo di incredibile bellezza, dove il “Nonfinito calabro” delle cattedrali del deserto si lega indissolubilmente a luoghi di grande meraviglia naturale e paesaggistica, un posto così ricco e così miserabile e le stesse cose possono al contempo ispirare poesia e indignazione in un rapporto di inestricabile contraddizione. Perché “la cosa più ingenerosa che si può fare alla Calabria, è liquidarla come terra senza speranza”. Ma le storie narrate da Smorto in “A sud del sud”, titolo che richiama la Questione Meridionale e colloca questa area ancora più a sud, di quel “paradiso abitato da diavoli”, raccontano di “vite di impegno, attenzione e coraggio”, perché questa è una terra per niente rassegnata e lo dimostrano le esperienze di Goel, Ecolandia, Musaba, La Guarimba, Paleariza, Mulinum, La lampara, Fili meridiani. Si può allora tracciare una “controcartina” delle Calabrie. Di luoghi abbandonati, nemmeno “non luoghi”, ma addirittura “ex luoghi”, le Calabrie ne sono piene: piene di vuoti, ossimori per definizione. Il tema delle aree interne, del loro ripopolamento e rivitalizzazione, qui è di casa. Da anni se ne occupano intellettuali e professori universitari. Sono tanti e tutti ardui i percorsi di resistenza raccontati nel libro, e passano per i mali cronici della Calabria, lo spopolamento e la malasanità. Lo strapotere delle ‘ndrine e i traffici di droga, rifiuti tossici, ma nelle Calabrie resistono anche i folli: si chiamano Mimmo Lucano o Nicola Gratteri. Guardando alle storie “calabresi”, Smorto racconta la storia di Mulinum, vicino a Catanzaro: da una lotta contro la discarica dei rifiuti tossici in un bosco di 200 ettari nasce una sturt-up nel segno del grano, che ora apre anche in Toscana e Puglia. Stefano Caccavari ha tenuto tutti insieme su Facebook con prodotti a chilometro zero, poi con l’idea della coltivazione dei grani antichi, alla fine ha raccolto 101 soci e 500 mila euro per creare a San Florio “Mulinum”, farina, pane e biscotti di altissima qualità. Poi quella che era una sturt-up diventa con lo stesso sistema un’azienda che sta in Val D’Orcia e nel Salento. Pici e cantucci, pici e taralli. Salviamo l’ultimo mulino a pietra della Calabria, la storia inizia cosi’, era il 2016. Evitiamo, dice incorniciato in un post, l’ennesimo saccheggio. Prima apparteneva ai monaci di Serra San Bruno, che ne sarà del nostro grano antico? Poi c’è l’iniziativa di Goel, la risposta ai vandali in un’onda di solidarietà. Il giusto prezzo per il giusto lavoro. La cosa più bella di quelli di “Goel” – ma non solo loro – è la pura ‘ntigna calabrese: un attentato distrugge un trattore? Loro lo ricomprano nuovo. I “vandali” bruciano tredici ulivi? Loro ne ripiantano ventisei. Subiscono un danneggiamento? Fanno una Festa, e la chiamano Ripartenza.

Certo, ci vuole molto coraggio, e caparbietà e forza civile, per resistere. Anche perché è una guerra potenzialmente infinita, e questo giustifica lo scoramento che prende soprattutto i giovani. Ne hanno parlato i giornali locali e poi anche la stampa nazionale e la tv. Il viaggio comincia a Gioiosa Jonica con 47 tra cooperative sociali e aziende agricole e 400 lavoratori impegnati in progetti, ma parte da lontano con attentati, intimidazioni, vandalismi incendi ai frantoi, agli uliveti. E’ una storia di resistenza nella Locride e il messaggio è: voi farete un attentato, noi una festa…”

 

 

Ci sono i luoghi dello scandalo della Sanità, c’è la storia del porto di Gioia Tauro, Sprofondo Sud, il capitolo dedicato a Mimmo Lucano e a quel che resta di Riace, un modello di accoglienza e di sviluppo che faceva paura a qualcuno. Non le tende e le baracche di San Ferdinando, non i centri di accoglienza, non i lager. Nella sola piana di Gioia Tauro ci sono 35 mila case sfitte e poi ci sono le baraccopoli. Faceva paura anche la fiction di Giuseppe Fiorello “Tutto il mondo è paese”, la tengono ferma, tra poco non sarà più credibile, anche gli attori invecchiano, i paesaggi e gli stili cambiano. A chi faceva paura Riace? Alle mafie. A loro che favore abbiamo fatto…I paesi di questa zona profonda e disperata hanno subito nel tempo l’oppressione della borghesia agraria e delle cosche. I migranti potevano essere un’opportunità, visti come occasione di cambiamento. Poi ci sono i giornalisti resistenti e non a caso il capitolo apre con il sommario “Da Vibo a Cosenza, storie di giornalismo in prima linea. Di piccoli posti dove il cronista è conosciuto e il mafioso pure. E dove il diavolo si veste da manager. Ma perché uno vuole scappare da un posto chiamato Costa degli Dei? Il libro ricorda la storia di Nocholas Green, aveva 7 anni quando fu colpito durante un tentativo di rapina. Era in vacanza con i suoi genitori che hanno consentito l’espianto dei suoi organi e salvato molte vite, una scelta rara nel 1994. Sono tornati nel 2019. I colleghi come Pietro Comito invece dimostrano come questo vituperato mestiere sia ancora così utile, e lo è particolarmente in Calabria dove i cronisti sono spesso minacciati e malpagati. “Dovete avere paura della nostra passione”. La nostra passione è raccontare storie. Pietro Comito ha raccontato 102 omicidi. Quando ho letto questa storia raccontata da Smorto mi è venuta la pelle d’oca…. Ho sognato di fare un film festival senza Muccino: ”Ci hanno messo sopra un milione e 700 mila euro cancellando quel bando regionale che aveva salvato tante associazioni per tre anni. La Calabria “ciucci e ‘nduja” non esiste è una tamarrata, nessuno va vestito come Raul Bova, sembrava la pubblicità di un profumo. Il lavoro di Muccino sulla Calabria vergognoso. Avrebbe potuto girarla anche lui chilometro per chilometro questa meravigliosa regione. Avrebbe trovato gente generosa, accogliente, che gliel’avrebbe potuta raccontare la Calabria, come era negli anni in cui dalle stazioni dei treni ora chiuse perchè considerate rami secchi, partivano migliaia di persone ogni sera in cerca di lavoro in altre terre. Ora invece viaggiano tutti con i pullman. Arrivano perfino in Svizzera col pullman i diavoli di oggi, perchè qui, in Calabria, nei mille paesini che si affacciano sulla costa tirrenica e quella jonica si fermano solo i pullman. Il turismo, l’economia non si possono sviluppare se non ci sono le infrastrutture. Questione di minime conoscenze. Lo sanno anche i cretini. Chissà perchè la politica locale e nazionale finge di non saperlo, così invece di realizzare strade, ponti, porticcioli chiudono anche quello che già c’è, anche dopo averlo ristrutturato un anno prima, come è successo per le stazioni dei treni. I treni non raggiungono più i paesi della costa jonica… Certo, le stazioni sono state chiuse e i concessionari dei pullman ricevono finanziamenti dallo stato. Un vero capolavoro… Miracolo all’italiana, dal treno al pullman, la mente umana è perversa… Le oasi non fertilizzano il deserto. Con la Calabria la politica locale e nazionale si è arresa. La criminalità è una spiegazione ma non l’unica. La Calabria è una regione che sta invecchiando, perde 20 mila cittadini ogni anno, ricorda Smorto, l’emigrazione intellettuale è spaventosa. Eppure Arcavata, eccellenza tra le Università con sede a Cosenza esporta cervelli in tutto il mondo.

Bisogna essere grati a Giuseppe Smorto che in un libro svela finalmente, è il caso di dire, una Calabria che non ci aspettavamo, differente rispetto alla narrazione dei media e di una idea scontata di regione incapace di risollevarsi.  Perché le storie che racconta rivelano invece che una Calabria “altra” rispetto alle cattive narrazioni c’è già. Forse non lo sanno neppure i calabresi…

 

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