MOVIE/ TERESA TALOTTA GULLACE: UNA MARTIRE L’ORRORE NAZIFASCISTA UN GRANDE REGISTA E L’URLO DI ANNA MAGNANI CHE GRIDA “FRANCESCO”

UMBERTO GULLACE RICORDA: MIA MADRE MORI’ TRA MIMOSE E SANGUE… le celebrazioni il 3 marzo di ogni anno

 

ROBERTO ROSSELLINI CHIESE ALLA FAMIGLIA SE POTEVA GIRARE UN FILM SULL’UCCISIONE DI TERESA GULLACE

NACQUE ROMA CITTA’ APERTA

 

Era una donna minuta Teresa Talotta Gullace. Calabrese di Cittanova, una cittadella in provincia di Reggio Calabria, aveva i lineamenti tipici meridionali che quasi contraddistinguono le donne di quell’area del sud. Ma era una donna forte e coraggiosa. Incinta del sesto figlio la mattina del 3 marzo 1944 era andata a viale Giulio Cesare nel rione Prati a portare un po’ di pane e patate a suo marito Girolamo che era stato rastrellato. A pochi passi da San Pietro, superata Porta Cavalleggeri, oltre via delle Fornaci e la stazione San Pietro, c’è Vicolo del Vicario. Proprio qui, accanto alla zona abitata dai fornaciari, chiamata non a caso Valle dell’Inferno, sorgeva un nucleo di baracche di immigrati meridionali che cercavano fortuna a Roma. E Girolamo era riuscito a trovare lavoro presso una ditta tedesca. Ma il salario non era certo sufficiente per sfamare la famiglia e permettersi anche un’abitazione civile.

 

 

 

Quella mattina Teresa era vestita con un abito nero e portava per mano suo figlio Umberto. Erano andati prima a trovare un’amica, una comare come usava dire in quei tempi, anzi “a cummara”, come si dice in dialetto calabrese, che come loro era emigrata dal sud dallo stesso luogo, era una paesana. Poi da lì, si erano incamminati verso la caserma dove sapevano, i nazifascisti avevamo portato Girolamo il giorno prima. Ma una sventagliata di mitra davanti alla gente incredula accorsa lì ugualmente in cerca dei propri cari, la gettò a terra e per sempre. Umberto nel frattempo non vide sua madre accasciata a terra e priva di sensi perché era andato al cantiere dove suo padre lavorava fino al giorno prima, a Monteverde, perché vedendolo, dalla finestra della caserma da dove si era affacciato gli disse che aveva bisogno del certificato della ditta che attestasse che lui lavorava proprio lì.  E la sorte aveva voluto che Girolamo lavorasse proprio in una ditta tedesca. Ma i nazifascisti ritenevano che non bastasse la sua parola, avevano bisogno di un certificato che avrebbe potuto rendergli la libertà.

 

 

Quando Umberto però tornò a viale Giulio Cesare con il certificato per suo padre, sua madre non c’era più. Vide invece tante donne attorno a un corpo senza vita, che dicevano a voce bassa: “poveretta!”… “Come l’hanno trucidata”, accanto un carrettino di mimose e tanto sangue. Sangue e mimose. Era marzo. Adesso sui muri di quella Caserma c’è una tavola in memoria di Teresa Gullace. Suo figlio Mario ha dedicato tutta la vita perchè sua mamma fosse ricordata con una Medaglia al Valore Civile. E’ forse per questo che tutti hanno creduto che fosse Mario il bambino cui Rossellini si ispirò per la costruzione del ruolo di Marcello, il figlio della sora Pina (Anna Magnani). Poi nella ricorrenza dei 50 anni dalla sua morte, le Poste decisero di emettere un francobollo intitolato a Teresa Gullace. E Mario scrisse a Vito Annicchiarico, per rammaricarsi del mancato riconoscimento anche a don Giuseppe Morosini, figura storica della Resistenza che nel film di Rossellini diventa don Pietro (Aldo Fabrizi).

 

(Vito Annicchiarico a sinistra in piedi, parla con Umberto Gullace, accompagnato da sua figlia Gabriella a margine della presentazione del libro su Roma città Aperta nel 2015)

 

Mario è venuto a mancare proprio nel giorno in cui si celebravano i 75 anni della Liberazione di Roma, era il terzogenito di Teresa Gullace, la martire cui Roberto Rossellini si ispira per girare il suo capolavoro, Roma Città Aperta. E’ stata l’Anpi a diffondere la notizia della scomparsa di Mario Gullace durante le celebrazioni organizzate dal Campidoglio.

Quando ho incontrato Umberto mi ha detto che quella mattina, quando tornò a viale Giulio Cesare con il certificato rilasciato dalla ditta dove lavorava suo padre e non trovò più la madre, “Mi cominciavo a preoccupare e sentivo le persone accorse lì che facevano commenti e dicevano: “Poveretta, come l’hanno ammazzata, disgraziati, maledetti”. Poi sull’angolo del marciapiedi – mi dice – vidi un mucchio di mimose e sotto c’era del sangue: “mamma mia”! Ho detto tra me e me, “che è successo qua?” C’era un vecchietto seduto su un banchetto. Avevo pensato che le stesse vendendo, le mimose… e mi veniva da dirgli: “ma che stai a venne e mimose co’ tutto ‘sto macello che ce sta! E motociclette, er mitra”… E poi però non gli ho detto niente… Era il 3 marzo e ho pensato che per questo c’erano le mimose”…

E allora ho fatto di nuovo un salto a via Candia dove abitava la comare di mia madre per vedere se per caso fosse tornata lì. Lei quando mi ha visto mi ha detto subito: “Umberto, vieni qua, stai buono, che mamma adesso viene. E intanto piangeva… Così ho capito”…

Ogni anno, il 3 marzo viene deposta una corona davanti alla caserma di viale Giulio Cesare, dove la martire Teresa Talotta Gullace fu trucidata.

 

Roberto Rossellini, mandò a casa di Girolamo Gullace i suoi collaboratori per chiedere se poteva realizzare un film che parlasse della loro storia, la famiglia rispose che non avevano niente in contrario, anche questo lo ricorda Umberto Gullace. Roma Città Aperta è ancora oggi il capolavoro del Neorealismo. Il libro Roma Città Aperta Vito Annicchiarico racconta il set con Anna Magnani Aldo Fabrizi Roberto Rossellini, ripercorre la storia. Mario Gullace e Vito Annicchiarico ebbero una lunga corrispondenza. Umberto Gullace e Vito Annicchiarico si conobbero nel corso della presentazione del libro si Simonetta Ramogida a Roma e fu un evento storico e irripetibile.

 

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