FOTOGRAFIA/ AL PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI GABRIELE BASILICO E LE METROPOLI COME UN GRANDE CORPO FISICO

Se immaginiamo la città come un grande corpo fisico e prendiamo metaforicamente come esempio l’agopuntura, sappiamo che ci sono dei punti lungo i meridiani nei quali si attiva l’energia. Allo stesso modo mi piace pensare, come fotografo, che in fondo mi muovo come se cercassi dei punti nello spazio fisico nei quali collocare il punto di osservazione e da dove infine proiettare lo sguardo”.

 

La sua lezione più importante è quella di fare vedere le cose che abbiamo sotto gli occhi e non vediamo. Ai giovani fotografi Gabriele Basilico lascia una grande eredità per apprendere con lo sguardo e vedere finalmente. Il Palazzo delle Esposizioni a Roma gli fa omaggio ricordando la sua vasta opera sulle città di tutto il mondo. Un architetto dell’immagine, quando le forme, le misure, le geometrie danno luce a quello che abbiamo a portata di vista e non siamo capaci di vedere. Il legame tra Gabriele Basilico (Milano, 1944-2013) e l’ambiente urbano è stato un tratto distintivo del suo fare fotografia, sviluppato nel corso dei decenni attraverso viaggi – e punti di vista – che ne hanno forgiato il linguaggio. La mostra allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma approfondisce questo tema, riunendo oltre 250 opere realizzate nelle metropoli del pianeta.

 

 

Si chiama Metropoli ed è la mostra dedicata a uno dei maggiori  protagonisti della fotografia italiana e internazionale, la rassegna è incentrata sul tema della città con oltre 250 opere in diversi formati datate dagli anni Settanta ai Duemila, alcune delle quali esposte per la prima volta.

La metropoli è sempre stata al centro delle indagini e degli interessi di Gabriele Basilico (Milano 1944-2013). Il tema del paesaggio antropizzato, dello sviluppo e delle stratificazioni storiche delle città, dei margini e delle periferie in continua trasformazione sono stati da sempre il principale motore della sua ricerca. Ha scritto Gabriele Basilico:

È forse presuntuoso e illusorio sperare che la fotografia possa rieducare alla visione dei luoghi, ma sicuramente uno sguardo sensibile, meditativo, centrato, può aiutare a rivelare ciò che è davanti ai nostri occhi ma spesso non è riconoscibile. È come se facessi le stesse fotografie da sempre, con la specificità di costruire un dialogo privilegiato con i luoghi che scelgo di fotografare, con la loro storia, con la loro natura, con i loro tratti somatici, ma confrontandoli con la memoria di tutti i luoghi che ho conosciuto in precedenza”.

 

 

Il suo lavoro ha una straordinaria importanza storica. Il suo archivio è una fonte continua di scoperte, una memoria che ha l’obittivo di diventare accessibile, pubblica e consultabile, di entrare a far parte di una istituzione pubblica. Ci ha pensato lo stesso Basilico a costruire la sua eredità, ora bisogna solo solo conservarla e farla conoscere. Per questo è stato creato  un sito – www.archiviogabrielebasilico.it, realizzato da Giacomo Traldi e Eçe Özdil / Jüniör – che si propone appunto di far conoscere l’incredibile ricchezza di quanto l’artista ha realizzato.

Basilico è molto consapevole quando fotografa le grandi città europee e più tardi le metropoli del mondo, del rapporto tra i pieni e i vuoti, della relazione tra gli edifici, anzi cerca un dialogo tra loro. L’ultimo decennio del XX secolo gli offre una gamma che ai suoi estremi ha da una parte Berlino, una città che rinasce dopo la caduta del Muro, dall’altra Beirut, una città archeologica dopo venticinque anni di guerra civile. Il suo sguardo non cambia, il suo rigore neppure, due elementi che utilizza nell’indagare queste città  e che serve a tenere insieme l’universale e il dettaglio.

 

La sua è una fotografia umanistica proprio perché le città sono sempre opera dell’uomo. le sue fotografie sono riconoscibile come lo sono i film di Sergio Leone. Il suo segno fotografico illustra la metropoli nella sua complessità e i suoi tratti distintivi nella visione dei particolari che ci restiuisce con i suoi scatti quasi sempre im bainco e nero.

 

 

La mostra analizza questi temi mettendo a confronto le opere realizzate nelle numerose città ritratte, tra le quali Beirut, Milano, Roma, Palermo, Napoli, Barcellona, Madrid, Lisbona, Parigi, Berlino, Buenos Aires, Gerusalemme, Londra, Boston, Tel Aviv, Istanbul, Rio de Janeiro, San Francisco, New York, Shanghai, accostate secondo analogie e differenze, assonanze e dissonanze, punti di vista diversi nel modo di interpretare e di mettere in relazione lo spazio costruito.

 

 

Il percorso espositivo della rassegna si articola in cinque grandi capitoli: “Milano. Ritratti di fabbriche 1978-1980”, il primo importante progetto realizzato da  Basilico; le  “Sezioni del paesaggio italiano”, un’indagine sul nostro Paese suddiviso in sei itinerari realizzata nel 1996 in collaborazione con Stefano Boeri e presentata alla Biennale Architettura di Venezia; “Beirut”, due campagne fotografiche per la prima volta esposte insieme, realizzate nel 1991 in bianco e nero e nel 2011 a colori, la prima alla fine di una lunga guerra durata oltre quindici anni, la seconda per raccontarne la ricostruzione; “le città del mondo”, un viaggio nel tempo e nei luoghi da Palermo, Bari, Napoli, Genova e Milano sino a Istanbul, Gerusalemme, Shanghai, Mosca, New York, Rio de Janeiro e molte altre ancora; infine  “Roma”, la città nella quale Basilico ha lavorato a più riprese, sviluppando progetti sempre diversi fino al 2010, in occasione di una stimolante quanto impegnativa messa a confronto tra la città contemporanea e le settecentesche incisioni di Giovambattista Piranesi.

 

 

Oltre alle opere in mostra, viene proposta un’ampia biografia illustrata che racconta attraverso brevi testi e immagini il percorso artistico e professionale di Basilico (più volte infatti le due ricerche si sono incrociate) e tre video: il primo realizzato da Tanino Musso nel 1991 a Beirut e rimontato da Giacomo Traldi che ha rielaborato anche un’intervista del regista Amos Gitai del 2012 dedicata a Roma e a Piranesi. Il terzo video, “A proposito di Sezioni del Paesaggio italiano”, è un’intervista a Stefano Boeri realizzata da Marina Spada nel 2002.

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