MOVIE/ ANNA MAGNANI, ROMA CITTA’ APERTA: LEI MUORE MENTRE STA VOLANDO LEGGERA ED ELEGANTE…

 

 

E’ stata la prima attrice italiana a ricevere l’Oscar come miglior attrice protagonista nel 1956 con il film la “Rosa Tatuata” ma il destino ha voluto che Anna Magnani fosse associata per sempre a un altro grande film che vinse due Nastri d’Argenti nel 1946: “Roma città Aperta” che viene proiettato a Roma per la prima volta il 24 settembre 1945: non fu un trionfo, la gente non lo capì. Poi l’anno dopo, il capolavoro di Roberto Rossellini varca le soglie italiane e viene proiettato prima in Francia, assieme a “Paisà” e questo creò il caso, perchè erano due film sulla guerra e la Liberazione, e poi il film volò a New York. Un successo mondiale. Non si era mai visto prima per un film italiano. Aprì la strada al cinema italiano nel mondo. Soprattutto era un film che per la prima volta mostrò a tutto il mondo che il popolo italiano non era fascista, soffriva la fame, era perseguitato dai fascisti che facevano le retate lungo la città e consegnavano ai nazisti non solo ebrei, perseguitati, partigiani, ma anche la gente comune, gli abitanti erano terrorizzati. Ed è proprio una cittadina comune a morire davanti la Caserma di Giulio Cesare a Roma, sotto le mitragliate dei militari tedeschi: Teresa Gullace Talotta, la martire da cui tutto nasce. Il Neorealismo, il grande film di Roberto Rossellini, la storia cinematografica enorme di un’attrice come Anna Magnani, che era nata invece nei teatri dove si esibiva in spettacoli di Cabaret, spesso assieme a Totò, di cui era grande amica. Rimase ivece delusa dal rapporto con Pier Paolo Pasolini, con cui girò “Mamma Roma”. L’altro suo caro amico era Luchino Visconti, che Nannarella ospitò in casa sua quando era ricercato dai nazifascisti. Una grande storia d’amicizia. La grande intuizione di Rossellini fu quella di prendere due attori noti al grande pubblico, come Aldo Fabrizi che in quel momento era popolarissimo – recitava in teatro gag che gli scriveva un giovane Federico Fellini – e Anna Magnani per fare interpretare loro ruoli drammatici.

Così Rossellini manda i suoi collaboratori a casa di Girolamo Gullace, come ha raccontato il figlio Umberto, per avere l’autorizzazione a girare un film su quell’episodio, quello della “mitragliata” da cui prende spunto per cucire addosso a Nannarella un personaggio che non riuscirà più a staccarsi di dosso, come un vestito che le sta a pennello. Il resto è storia. Umberto Gullace ricorda, in un incontro  Roma per l’intervista, che non avevano niente in contrario a firmare l’autorizzazione per i film. Ancora col cuore gonfio di lacrime per la tragedia dell’uccisione di mamma Teresa Gullace Tallotta, non potevano certo immaginare che dalla loro storia sarebbe nato il film che avrebbe fatto grande il cinema italiano nel mondo.

 

 

 

Anna Magnani nasce a Roma il 7 marzo 1908 e ci lascia senza essere dimenticata mai il 26 settembre 1973. Molte dive del cinema hollywoodiano sono affascinate da lei, da Merilyn Monroe a Merly Streep. Vive tutta la sua giovinezza assieme alle sue zie e alla nonna nel quartiere Salario. Marina, sua mamma, è una ragazza madre, la lascia quando è ancora una bambina, per seguire un imprenditore ad Alessandria d’Egitto ed è per questo che alcuni hanno creduto che fosse nata lì. Ma la sua storia è molto più ingarbugliata. Ad un certo punto della sua vita Nannarella decide di cercare suo padre, e forse, lo trova. Si chiama Del Duce ma lei interrompe le ricerche. Dice, con il suo solito sarcasmo, che proprio no, non può essere “a fia Del Duce”… Le più recenti ricerche farebbero risalire il cognome Del Duce a origini calabresi, precisamente a Tropea, piccola cittadina affacciata sul mare con uno strapiombo invidiabile e lo Stromboli di fronte, che offre ogni sera memorabili tramonti da fare invidia a tutto il mondo quando il sole sembra baciare la punta più alta del vulcano. Ma non ci sono certezze. Lei in realtà potrebbe avere i lineamenti di una ragazza dalle origini calabresi, Teresa Gullace Talotta, ironia della sorte, era una donna calabrese, di Cittanova precisamente, in provincia di Reggio Calabria, emigrata a Roma con suo marito Girolamo e i suoi cinque figli, con cui viveva in una baracca sull’Aurelia. E proprio per portare del pane con le patate a Girolamo che era stato rastrellato per errore, perchè non era un partigiano, non era un ebreo, era invece un operaio che si stava recando al lavoro e che per di più lavorava in una impresa tedesca a Roma, Teresa Gullace Talotta trova invece la morte. La scena della “mitragliata” è forse la più emozionante del cinema italiano, anzi no, del cinema mondiale. E’ per questo che Anna Magnani viene ricordata sempre e non solo in associazione al film di Rossellini.

 

 

Quella scena è nei nostri occhi, nei nostri cuori e nella nostra mente. Quella scena, ha ricordato Vito Annicchiarico, l’indimenticabile Marcello in Roma Città Aperta, venne girata con tre macchine da presa. “Io avevo avuto molta paura, ricorda, pensavo che Anna Magnani fosse morta davvero. Mi sono messo a piangere e non riuscivo più a calmarmi” (Roma Città Aperta, Vito Annicchiario, il piccolo Marcello racconta il set, con Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Roberto Rossellini), edito da Gangemi.

 

 

 

 

Ed è il piccolo Marcello a ricordare che “Anna Magnani era una donna dolcissima, materna, mi voleva bene e mi difendeva dalle ire di Aldo Fabrizi, che non mi trovava quando dovevamo girare una scena assieme ed era infuriato con me. Lei mi veniva a cercare prima e mi … preparava ad affrontarlo quando era imbufalito… Mi diceva di non preoccuparmi… Io ero un bambino di 10 anni, e spesso scappavo dal set per andare a trovare i miei amici che facevano gli sciuscià attorno a via del Tritone ed erano poco distanti da via degli Avignonesi, dove giravamo in una sala di posa”.

Anche per lui: “la scena che mi commuove sempre, dice, è quella della fucilazione di Anna Magnani. Ogni volta che la vedo non posso non ripensare a lei e a quell’esperienza indimenticabile e provo una grande emozione”.

 

 

Dei tanti intellettuali, poeti, registi, attori che lei ha incontrato lungo la sua strada o che l’hanno descritta, omaggiata, ricordata, è stato forse Ascanio Celestini a dare di lei il ritratto più poetico, quando scrive: che “lei vola”. Mentre rincorre la camionetta che le porterà via il suo Francesco, in una scena che ormai è patrimonio universale. “Lei muore praticamente prima di toccar terra”, afferma Ascanio Celestini, mentre sta volando, leggera ed elegante, spinta da una forza quasi inarrestabile”.

 

 

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