LIFESTYLE/ LA FOTOGRAFIA DI LUIGI GHIRRI A MADRID E A ROMA QUANDO?

Una immagine è per sempre. Una immagine di Luigi Ghirri ha il sapore di una pittura, dove la luce morbida riesce a dare al soggetto fotografato la stessa intensità di una poesia.

 

La fotografia di Luigi Ghirri a Madrid. E a Roma, quando? La fotografia raffinata, sensoriale, concettuale di un grande maestro scomparso prematuramente che tanto ha significato nella fotografia contemporanea ma che non tutti hanno avuto il piacere di conoscere. Ora, per la prima volta Luigi Ghirri è protagonista di una grande mostra retrospettiva all’estero. Al Museo Reina Sofía di Madrid sono esposti infatti oltre duecento scatti che raccontano il mondo a colori di una piccola Italia scomparsa negli Anni Settanta. Quando andava di moda il bianco/nero, lui fotografava a colori, ma i suoi colori sono tenui, riconoscibilissimi. Quasi sempre gli stessi colori. Nei suoi paesaggi non ci sono colori violenti, ridonadanti, tutto e amalgamato con leggerezza, la fotografia è poetica, pittorica, come in un nessun altro mai.

Faccio fotografie a colori perché il mondo reale non è in bianco e nero e perché per qualcosa saranno stati pur inventati il negativo e la carta fotografica a colori”, diceva Luigi Ghirri. “Affido lo sviluppo e la stampa delle mie foto a laboratori convenzionali, perché non mi è mai interessata la produzione di feticci per collezionisti, né tantomeno gli interventi di maquillage sull’immagine”. E’ questo il suo testamento.

 

Nei primi Anni Settanta Luigi Ghirri, classe 1943 aveva già le idee chiare sulla ricerca fotografica: la sua tecnica era solo apparentemente amatoriale, il suo stile unico, concettuale, destinato con il tempo a diventare riconoscibile e apprezzato a livello internazionale. Fin dagli esordi il grande maestro aveva creato un vasto corpus di immagini a colori senza precedenti in Europa, ben diverso rispetto alla fotografia d’autore dell’epoca, in bianco e nero.

 

Nel 1979 il fotografo emiliano presentò a Parma la prima retrospettiva, in collaborazione con l’università cittadina. Le immagini esposte al Palazzo della Pilotta erano suddivise in quattordici serie e per ciascuna l’autore scrisse sul catalogo un breve testo. Si tratta di una profonda riflessione sul senso della fotografia come forma d’arte, che Luigi Ghirri considerava “un linguaggio senza alcun codice; ossia, più che una riduzione, un’espansione della comunicazione (… ) Qualsiasi scelta estetica o formale è implicita già nel proprio gesto di fotografare”.

 

Nelle quattordici serie erano contenute già le linee della sua ricerca espressiva, destinate a evolversi negli Anni Ottanta.

Malgrado il valore e la forza innovatrice delle sua estetica, Luigi Ghirri purtroppo non è fra gli artisti italiani più noti all’estero. Per presentare la sua opera, il Reina Sofía ha scelto un preciso taglio storico, limitandosi agli Anni Settanta, con un allestimento simile a quello di Parma del 1979. La mostra intitolata La mappa e il territorio ‒ curata da James Lingwood, in collaborazione con l’Università di Parma ‒ presenta circa 250 stampe vintage, di piccolo o medio formato, raggruppate nelle stesse quattordici serie tematiche del ’79, cronologicamente e semanticamente aperte.

 

A Madrid la sequenza degli scatti di Luigi Ghirri appare in tutta la sua raffinata bellezza, come testimonianza di un’Italia minore, nascosta in una provincia forse perduta, ma i cui paesaggi semivuoti, gli oggetti comuni, gli stralci di quotidianità sono colti sempre con uno sguardo acuto e profondo.

Luigi Ghirri, Modena, 1972 @Archivio Luigi Ghirri, courtesy Matthew Marks Gallery

 

Originario della provincia di Reggio Emilia, Ghirri si dedica alla fotografia solo a partire dal 1970, dopo aver lavorato a Modena come geometra e topografo. Autodidatta, percorre campagne e città, spiagge e colline della sua regione alla ricerca di scorci suggestivi dove piazzare il cavalletto. All’estero fotografa anche le mete delle sue vacanze. In generale, preferisce gli esterni e non ama ritrarre soggetti umani (perlopiù di spalle, oppure intenti a fotografare altri soggetti, in un curioso gioco di metalinguaggio); senza alterare i segni naturali del paesaggio, nelle inquadrature coglie spesso singolari geometrie prospettiche.

 

Già nelle stampe d’esordio emerge la sua Italia Ailati (palindromo che dà dal titolo a una delle serie), lontana dal vedutismo da cartolina, ma radicata nella cultura provinciale degli Anni Settanta, fra tradizione e modernità. Un paesaggio testimone dei cambiamenti sociali ed economici del Paese.

Luigi Ghirri, Salisburgo, 1974 @Archivio Luigi Ghirri, courtesy Matthew Marks Gallery

La mostra di Madrid è un viaggio affascinante nel mondo fotografico di Ghirri, con la sua filosofia delle cose minime. Ci sono i divertenti Paesaggi di Cartone, sorta di spontanei fotomontaggi, dove la natura si accoppia involontariamente con la finzione della pubblicità, e i dettagli poetici delle case borghesi di Colazione sull’erba; le mappe geografiche dell’Atlante, fotografate alla lente di ingrandimento, e il Paese dei balocchi, che riflette il suo gusto per il kitsch e per il popolare, nonché l’Italia in miniatura vista con le ironiche prospettive tra i monumenti riprodotti In scala nel parco d’attrazioni di Rimini.

 

 

 

 

 

Non mancano, infine, Km 0,250, il libro fotografico dell’intero muro perimetrale di una pista di corse vicino a Modena; qualche esempio di Still Life, i rari scatti in interni, in casa tra libri, quadretti amatoriali e oggetti di brocantage, e Kodachrome, il libro autoprodotto nel 1978 e considerato la summa della ricerca fotografica di Luigi Ghirri.

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