MOVIE/ ANNA MAGNANI? UN’INTELLETTUALE MANCATA PER NIENTE UN’ATTRICE POPOLARESCA

Il romanesco era per lei un modo di comunicare con il pubblico. Casomai Anna Magnani era un’intellettuale mancata, non era un’attrice popolaresca ma un’attrice che mirava a essere estremamente funzionale e intellettuale. Non era un’istintiva, ma meditata e pensata. Più di quello che si possa credere. L’istinto e l’impulso a comunicare non vengono in lei abbandonati a se stessi ma sorvegliati e indirizzati. Per cui i suoi personaggi non sono il suo punto di partenza, ma un modo di essere dentro ciò che è popolaresco”, (tratto dal libro “Roma Città Aperta” di Simonetta Ramogida, Gangemi 2015).

 

Antonello Trombadori la ricorda così, e forse è il ritratto più vicino a Nannarella, in grado di riportare l’attenzione a quella sua formidabile capacità non di entrare nel personaggio, ma di essere lei stessa personaggio. Se ne accorse subito Silvio D’Amico che insegnava alla Scuola di Recitazione Eleonora Duse e che raccontò a Suso Cecchi D’Amico:” ieri è venuta una ragazzina, piccola, mora, con gli occhi espressivi. Non recita, vive le parti che le vengono affidate: è già un’attrice, la Scuola non può insegnarle molto di più di quello che ha già dentro di sè”.

 

 

 

 

 

Domani intanto, nell’anno in cui ricorrono i 110 anni dalla nascita, si ricorda la sua scomparsa. Era infatti il 26 settembre 1973 il giorno in cui Nannarella venne a mancare. Le fu accanto un ritrovato antico amore: Roberto Rossellini.

Anna Magnani era un’attrice enorme, che per prima in Italia vinse l’Oscar nel 1955 come migliore interprete con il film La Rosa tatuata, e che si rifiutò di recitare nel film La Ciociara, perchè le era stato chiesto di fare la parte della madre (Cesira) della ragazza che sarebbe stata interpretata da Sophia Loren. Si offese, si infuriò, disse di no. Semmai era lei che avrebbe dovuto rivestire il ruolo che invece fu affidato a Sophia Loren. C’erano troppi pochi anni di differenza tra di loro! Come potevano pensare che avrebbe potuto essere sua madre… Tanto lei di bocconi amari nella vita era abituata a mandarne giù parecchi. Figlia di Marina Magnani, Anna non conobbe mai suo padre. Non sapeva chi fosse. E iniziò le ricerche per provare a capire. Quando poi giunse a conoscere la possibilità di essere figlia di un calabrese di nome Del Duce, decise di fermare la sua curiosità. Non voleva più sapere, e diceva con un pò di ironia, che no, che proprio non poteva essere a fija del duce… Ma a Tropea, ridente cittadina calabrese affacciata sulla Costa degli Dei, la stampa locale è andata a rovistare negli archivi del Comune, e Del Duce, è un cognome noto. Ma non c’è nulla di ufficiale, di comprovato. Certo Tropea sarebbe lieta oltre ad aver dato i natali a Raf Vallone, di avere un ruolo nelle origini anche di Anna Magnani. Sicuro che Nannarella con il suo corpo minuto, i suoi occhi neri, i suoi capelli corvini, potrebbe veramente somigliare ad una donna calabrese. Sua madre invece no, aveva origini ravennate, come pure la nonna, con la quale Anna Magnani visse. Sua madre infatti decise di seguire un ricco imprenditore ad Alessandria d’Egitto. Da qui nacque l’equivoco che anche lei fosse nata ad Alessandria d’Egitto. Invece no. Lei era nata a Roma il 7 marzo 1908.

 

 

 

 

 

 

Dalla Calabria veniva invece Teresa Talotta Gullace, la donna che Nannarella interpretava in Roma Città Aperta, precisamente da Cittanova, in provincia di Reggio Calabria. Lì ogni anno, si celebra un omaggio a questa piccola donna, madre di cinque figli e incinta del sesto, che trovò la morte davanti alla Caserma di Viale Giulio Cesare a Roma, dove era andata a portare un pò di cibo (pane e patate) al suo Girolamo che era stato rastrellato la mattina dai tedeschi. E davanti alla Caserma c’è anche una targa a suo nome. E questa è anche una storia di emigrazione, perchè Girolamo e Teresa erano poveri diavoli calabresi emigrati a Roma per cercare fortuna.  Racconta Umberto Gullace che Roberto Rossellini aveva fatto pervenire alla sua famiglia la richiesta dell’autorizzazione a girare un film sui fatti accaduti a sua madre il 3 marzo 1944. Così nacque il personaggio della sora Pina. E Umberto ricorda che la sua famiglia acconsentì. Da questa storia nasce il film capolavoro del Neorealismo.

 

Vito Annicchiarico che intepreta il piccolo Marcello rivela di aver incontrato per la prima volta Anna Magnani a via Montecuccoli, dove fu girata la scena della retata nazifascista. In quella via effettivamente ci fu una retata, e sopravvivono alcuni abitanti di quel caseggiato che la ricordano con terrore ancora oggi. Il piccolo Marcello invece ricorda che Nannarella “era una donna generosa, affettuosa, elegante e per niente popolana, come si è portati a credere in base ai personaggi da lei interpretati”. Mi diceva sempre  “a ragazzì, vien’ pò qua”, e non mi chiamava mai per nome. Tra i due fu vero abbraccio d’amore, di quell’amore materno che Vito Annicchiarico ricorda ancora in lei mentre la ricorda con emozione, che allora aveva 37 anni. Provava tenerezza vera per il piccolo Marcello, e lavorarono assieme nel cinema ancora in due film: Abbasso la Miseria! e Abbasso la ricchezza.

 

 

 

 

 

Il film vinse due Nastri D’argento, l’importante riconoscimento dei giornalisti cinematografici (Sngci), di cui uno fu assegnato a Roberto Rossellini come migliore regia, l’altro ad Anna Magnani come migliore attrice. Il prestigioso premio, che fu istituito proprio nel 1946, nel 2016 in occasione delle celebrazioni dei 70 anni dei Nastri D’Argento, è stato riconosciuto  anche a Vito Annicchiarico (Nastro D’Argento “Speciale” 2016).

 

 

 

La sua vera essenza è stata colta non a caso da Franco Zeffirelli, un’artista esteta, amico di Luchino Visconti, grande amico di Anna Magnani che lo ospitò in un momento di grande difficoltà per lui, quando era ricercato durante l’occupazione nazifascista a Roma. Quando il maestro decise di portare in scena La Lupa, chiamò proprio Anna Magnani a interpretare la protagonista della novella di Giovanni Verga.

Fu un successo ovunque andasse la compagnia. Anche a Mosca, l’opera teatrale fu acclamata dal pubblico e le repliche si susseguirono per molti mesi.

 

 

 

Ma è stato Ascanio Celestini forse a dare di lei il ritratto più poetico, quando scrive: che “lei vola”. Mentre rincorre la camionetta che le porterà via il suo Francesco, in una scena che ormai è patrimonio universale. “Lei muore praticamente prima di toccar terra”, sostiene Ascanio Celestini, mentre sta volando, leggera ed elegante, spinta da una forza quasi inarrestabile”.

 

 

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